Transizione 5.0, la manovra 2025 rafforza gli incentivi: come funzionano il Piano potenziato e la piattaforma del Gse. Ovvero la speranza di cambiare l’esito di un provvedimento flop

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L’incentivo sul fotovoltaico è stato fino a questo momento poco utilizzato. Fra le 650 imprese che hanno già prenotato incentivi per circa 200 milioni euro solo il 6% ha chiesto l’agevolazione 5.0 anche per gli impianti fer.

La Transizione 5.0 ha registrato una falsa partenza nel 2024. Con la manovra 2025, il Governo ha recepito le istanze delle imprese di potenziamento e semplificazione dell’incentivo alla digitalizzazione in chiave sostenibile degli impianti, e ora l’auspicio è che questo serva a stimolare la messa a terra del Piano 5.0, che finora ha clamorosamente fallito. «Quando abbiamo avviato Industria 4.0, immaginavamo un piano di politica industriale non limitato agli incentivi ma anche basato su una rete di strutture di accompagnamento alle imprese, come i competence center. Questa idea viene confermata nel Piano 5.0» sottolinea Marco Calabrò, capo della segretaria tecnica del ministero delle Imprese e del Made in Italy. Che prosegue: «Il Piano 4.0 guardava molto al bene strumentale e all’ammodernamento del processo. Il 5.0 è la naturale evoluzione di questa vision, ma non interviene più sul singolo investimento, guarda al progetto complessivo di innovazione. Quindi, non solo processi produttivi digitali ed efficienti, ma anche riqualificazione delle competenze e sostenibilità ambientale».

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In realtà il legislatore non si è limitato a potenziare gli incentivi 5.0: ha anche, sempre con la Legge di Bilancio, depotenziato il raggio d’azione dei crediti d’imposta 4.0, eliminando ad esempio i software dai beni ammessi.

Riusciranno queste modifiche a far finalmente funzionare Transizione 5.0? Francamente, il direttore di Industria Italiana ne dubita, e in un pezzo che pubblicheremo presto spiegherà le sue ragioni. Ma ci piacerebbe venire smentiti da buone notizie.

Ad ogni modo, concentriamoci per il momento sulle novità del Piano 5.0. che al momento ha raccolto l’adesione di 650 aziende per un totale di 200 milioni di euro, a fronte di risorse disponibili pari a 6,3 miliardi di euro. Insomma, una totale debacle, che ha spinto alcuni imprenditori e dirigenti di associazioni a sostenere che il provvedimento sia stato addirittura controproducente per il settore dei macchinari.

Secondo Marco Calabrò, capo della segreteria tecnica del Mise, «Il Piano 4.0 guardava molto al bene strumentale e all’ammodernamento del processo. Il 5.0 è la naturale evoluzione di questa vision, ma non interviene più sul singolo investimento, guarda al progetto complessivo di innovazione».

Le imprese in questi ultimi mesi sono state molto critiche sia sui tempi di entrata in funzione del Piano 5.0, annunciato a fine 2023, introdotto in marzo con il dl 19/2024, ma diventato operativo solo l’estate scorsa con i decreti attuativi. Sia sulla burocrazia necessaria. Ma c’è anche un tema legato alla complessità dei progetti digitali ammessi. «La trasformazione 5.0, digitale e sostenibile, richiede una strategia da parte dell’impresa, che non si esaurisce con l’acquisto di macchinari e software», sottolinea Pierluigi Petrali, direttore del digital Innovation Hub Confindustria Lombardia.

Progetti di innovazione più complessi rappresentano una nuova sfida anche per gli attori del trasferimento tecnologico: i competence center nati proprio con Industria 4.0, i digital innovation hub delle associazioni imprenditoriali, la rete dei poli europei dell’innovazione digitale, Edih (european digital innovation hub), nell’ambito dei quali si è negli ultimi mesi formata la Manufacturing Innovation Alliance (M.I.A.) Lombardia. Realtà strettamente collegate le une con le altre: fra i 12 soci di M.I.A Lombardia ci sono lo stesso Made 4.0, il Dih Lombardia di Confindustria, e altre associazioni imprenditoriali come Confartigianato e Cna.

Lato istituzioni, il ministero delle Imprese e del Made in Italy ha riorganizzato le strutture di raccordo con il territorio attraverso le Case del Made in Italy. Sportelli specializzati nel supporto alle imprese della manifattura, nati nel 2024 con la prima inaugurazione in aprile a Torino, che oggi sono 14 sul territorio nazionale: Ancona, Bologna, Campobasso, Catania, Firenze, Genova, L’Aquila, Milano, Napoli, Palermo, Perugia, Reggio Calabria, Taranto, Torino. «Hub di incontro fra ministero e attori economici del territorio, con funzioni topdown, di comunicazione delle misure ministeriali alle imprese. E anche bottom up, per portare a livello centrale le politiche del territorio», spiega Fabrizio Clermont, Dirigente della Casa del Made in Italy di Milano.

E proprio la struttura milanese ha organizzato, in collaborazione con il Competence Center Made 4.0, un incontro tematico dedicato al Piano Transizione 5.0 con l’obiettivo di fornire alle imprese una guida operativa concreta per accedere agli incentivi. Marco Calabrò, capo della Segreteria Tecnica del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, ha spiegato le novità del Piano introdotte con la Legge di Bilancio 2025, Carmelo Fallone, senior expert affari regolatori Gse, il gestore dei servizi energetici, ha illustrato il funzionamento della piattaforma che le imprese devono utilizzare per richiedere il credito d’imposta, Armando De Crinito, direttore generale Sviluppo Economico della Regione Lombardia, ha parlato degli strumenti che l’ente locale mette a disposizione del sistema produttivo, Augusto De Castro e Davide Polotto, rispettivamente direttore generale e business development del competence center Made 4.0, e Pierluigi Petrali, direttore digital Innovation Hub Confindustria Lombardia, si sono concentrati sul ruolo dei centri di trasferimento tecnologico.

Le novità della manovra 2025 sul Piano Trasformazione 4.0, procedure semplificate e incentivo rafforzato

Per Pierluigi Petrali, direttore del digital Innovation Hub Confindustria Lombardia, «la trasformazione 5.0, digitale e sostenibile, richiede una strategia da parte dell’impresa, che non si esaurisce con l’acquisto di macchinari e software». (Fonte: LinkedIn)

Al centro dell’incontro, le modifiche introdotte dalla manovra 2024 al Piano Transizione 5.0. Aliquote agevolative rinforzate per gli investimenti da 2,5 milioni a 10 milioni di euro grazie all’accorpamento delle prime due fasce precedentemente previste. Estesa la compatibilità con altri incentivi, formalizzazione del beneficio fiscale anche alle Esco, energy service company, che realizzano progetti di efficienza energetica per le imprese effettuando l’investimento e assumendosi il rischio, incremento della maggiorazione riconosciuta per l’installazione di pannelli fotovoltaici per l’autoconsumo. Semplificazione su adempimenti certificativi in caso di sostituzione di macchinari ammortizzati definitivamente da almeno 24 mesi.

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Inseriamole nella struttura generale del Piano, contenuto nell’articolo 38 del decreto 19/2024 per vedere in che modo è cambiato. L’impianto fondamentale resta inalterato: si incentiva con un credito d’imposta l’acquisto di macchinari e software che, oltre a essere 4.0, quindi digitali e interconnessi, abilitano anche un risparmio energetico che deve essere pari almeno al 3%, oppure al 5% sul singolo processo. L’incentivo sale proporzionalmente all’efficienza energetica che abilita, mentre scende in modo inversamente proporzionale all’entità dell’investimento. Sono maggiormente incentivate le spese meno consistenti, mentre l’aliquota decresce a fronte di un impegno economico più elevato, con l’obiettivo di stimolare maggiormente le imprese di piccola e media dimensione.

Le nuove aliquote agevolative sono più convenienti per gli investimenti fra 2,5 e 10 milioni di euro, in tutte e tre le classi energetiche

E qui c’è la prima modifica introdotta dalla manovra: l’aliquota precedentemente applicata solo agli investimenti fino a 2,5 milioni di euro, la più alta, viene applicata anche a quella che prima era la seconda fascia agevolativa, fra 2,5 e 10 milioni di euro. Questo accorpamento si declina nei tre livelli di efficientamento energetico precedentemente previsti. Con il risparmio energetico minimo, credito d’imposta al 35% fino a 10 milioni di euro di investimento, in presenza di un più consistente efficientamento energetico sale al 40 e al 45%. Di conseguenza, dal primo gennaio 2025, il credito d’imposta 5.0 è così calibrato:

  • risparmio energetico del 3% o del 5% sull’impianto produttivo: credito d’imposta al 35% per investimenti fino a 10 milioni di euro e al 5% fra i 10 e i 50 milioni di euro. È stata eliminata l’aliquota del 15% per investimenti fra 2,5 e 10 milioni di euro;
  • risparmio energetico del 6% sull’impianto o 10% sul processo: credito d’imposta al 40% fino a 10 milioni di euro, e invariato al 10% fra i 10 e i 50 milioni. Anche qui, eliminata l’aliquota intermedia del 20% è stata soppressa;
  • risparmio energetico del 10% sull’impianto o 15% sul processo: beneficio al 45% fino a 10 milioni di euro e al 15% per la fascia superiore. Non più in vigore l’agevolazione al 25% fra i 2,5 e i 10 milioni in virtù dell’accorpamento delle prime due fasce di livello dell’investimento.

Gli investimenti ammessi restano immutati, ma sale la maggiorazione sull’acquisto di impianti fotovoltaici

Non ci sono novità sul fronte della tipologia di investimenti agevolabili: beni materiali, quindi macchinari, e immateriali, quindi software, già ricompresi nel piano 4.0, elencati negli allegati A e B alla legge 232/2016. Software, sistemi, piattaforme o applicazioni per l’intelligenza degli impianti che garantiscono il monitoraggio continuo e la visualizzazione dei consumi energetici e dell’energia autoprodotta e autoconsumata, o introducono meccanismi di efficienza energetica, attraverso la raccolta e l’elaborazione dei dati anche provenienti dalla sensoristica IoT di campo. Nel caso in cui l’azienda effettui questi ultimi investimenti, applica il credito d’imposta anche ai software relativi alla gestione di impresa. Nell’ambito del generale progetto di innovazione finalizzato alla riduzione del consumo energetico, sono agevolati anche gli impianti di produzione di energia rinnovabile e di stoccaggio, con l’esclusione delle biomasse.

Marco Calabrò, capo della Segreteria Tecnica del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, ha spiegato le novità del Piano introdotte con la Legge di Bilancio 2025.

Gli investimenti nel fotovoltaico in particolare rilevano nel calcolo della base imponibile con una maggiorazione, che è stata incrementata dalla manovra economica. Ricordiamo che sono agevolati solo gli impianti con moduli fotovoltaici di cui all’articolo 12, comma 1, lettere a, b, c, del Decreto Legge 181/2023, quindi prodotti nell’Unione Europea, con determinati livelli di efficienza. Con le nuove regole, ai moduli ricompresi nella letta a, che efficienza pari almeno al 21,5%, si applica una maggiorazione del 30%, agli impianti della lettera b, con efficienza minima al 23,5% a livello di cella, la maggiorazione sale dal 20 al 40%, e infine per i moduli composti da celle bifacciali ad eterogiunzione di silicio o tandem con un’efficienza di cella almeno pari al 24% (lettera c), la maggiorazione è innalzata dal 40% al 50%.

L’incentivo sul fotovoltaico è stato fino a questo momento poco utilizzato. Fra le 650 imprese che hanno già prenotato incentivi per circa 200 milioni euro «solo il 6% ha chiesto l’agevolazione 5.0 anche per gli impianti fer» sottolinea Calabrò. Per quale motivo? «Per i moduli del gruppo c, l’unico produttore europeo è 3Sun (la gigafactory di Enel, ndr). E anche i pannelli ricompresi nel gruppo b non sono facili da reperire. C’è larga disponibilità solo di quelli del gruppo a». Ovvero, per i moduli che nella versione originaria della norma non applicavano maggiorazioni. Con la modifica, «azzeriamo il gap competitivo con il costo asiatico, e garantiamo la possibilità di acquistare un pannello più performante», conclude Calabrò.

La sostituzione di un macchinario ammortizzato da almeno due anni non richiede certificazione per applicare l’aliquota agevolativa minima

Armando De Crinito, direttore generale Sviluppo Economico della Regione Lombardia,

Per comprovare il risparmio energetico, la legge prevede una lunga serie di adempimenti con certificazioni ex ante ed ex post. L’aspetto burocratico è fra i maggiormente criticati, anche perché queste procedure sono molto più complesse, ad esempio, di quelle per ottenere il credito d’imposta 4.0. Anche per questo, le spese sostenute per le certificazioni, se l’azienda è una pmi, sono riconosciute in aumento del credito d’imposta per un importo fino a 10mila euro.

Qui è stata introdotta una semplificazione per chi sostituisce un vecchio macchinario. Se ha completato il ciclo di ammortamento da almeno 24 mesi, la sua sostituzione con un macchinario ammesso al beneficio equivale automaticamente al risparmio energetico minimo richiesto. Calcolando un periodo di ammortamento medio di 6-7 anni, significa che il ricambio di un macchinario che ha 9-10 anni è automaticamente agevolabile, senza certificazioni. Attenzione: è ammesso all’aliquota minima, del 35% fino a 10milioni di euro o del 5% fra 10 e 50 milioni. Per applicare il beneficio in misura maggiore previsto se il risparmio energetico è più elevato, bisogna anche in questo caso produrre le certificazioni.

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Infine, è stata eliminata l’incompatibilità con il credito d’imposta per gli investimenti nella zona economica economica speciale unica del Mezzogiorno (Zes), che comprende Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia. E con altre agevolazioni previste nell’ambito dei programmi e strumenti dell’Unione europea, a condizione che il sostegno non copra le medesime quote di costo dei singoli investimenti del progetto di innovazione. Il beneficio non può comunque superare il costo sostenuto. Questo ampliamento è stato riconosciuto «grazie a un negoziato con l’Unione Europea – segnala Calabrò -. E’ un unicum nelle misure Pnrr, riconosciuto dalla Commissione UE proprio per il carattere generale delle agevolazioni 5.0».

Viene anche precisato che il beneficio fiscale spetta anche alle Esco, un’indicazione che era peraltro già fornita dalle Faq del ministero e ora entra nella normativa primaria.

La piattaforma del Gse per la presentazione delle domande è pensata per essere facilmente fruibile, ma attenzione alla programmazione dell’investimento

Carmelo Fallone, senior expert affari regolatori Gse. Per il Gse, «Le risorse prenotate nella prima fase rimangono cristallizzate, l’unico modo per modificarle è rinunciare alla prenotazione, quindi anche al posto acquisito nell’ordine di presentazione, e presentare un’altra istanza». (Fonte: LinkedIn)

Per accedere al beneficio bisogna presentare domanda utilizzando una piattaforma realizzata dal Gse, che gestisce tutte le procedure. Deve controllare che gli investimenti abbiano i requisiti richiesti per accedere all’incentivo, e rilasciare le relative autorizzazioni. E’ una complicazione rispetto alle regole del credito d’imposta 4.0, che invece si utilizza direttamente in dichiarazione dei redditi, anche se proprio quest’anno è stato introdotto un adempimento aggiuntivo.

«Nel caso del 5.0 il meccanismo non può essere completamente automatico perchè il beneficio fiscale è strettamente collegato alla riduzione dei consumi energetici» spiega Fallone. Il senior expert Affari Regolatori del GSE insiste su un concetto evidenziato anche da Calabrò: «la complessità della certificazione in realtà è una garanzia per le imprese, che hanno così l’evidenza di aver traguardato il target in termini di risparmio energetico». Il monitoraggio del gestore dei servizi energetici garantisce una regolarità di procedure che riduce i rischi di contestazioni in caso di controlli fiscali. Fra l’altro, ricorda Fallone, «la norma prevede che questo risparmio vada mantenuto nei cinque anni successivi».

In realtà, la piattaforma non presenta grosse complessità, prosegue l’esperto del Gse. «Altre agevolazioni gestite dal Gse hanno una complessità maggiore, prevedono un’istanza preliminare e una successiva quando il progetto viene messo in esercizio. «In questo caso invece non c’è una vera e propria istanza iniziale, ma più che altro una verifica di completezza della documentazione e dei dati inseriti».

Il processo è articolato in quattro fasi: dopo quella preliminare, si passa prenotazione dell’incentivo, comunicazione intermedia di effettuazione dell’ordine e del versamento dell’acconto pari almeno al 20%, e comunicazione di completamento dell’investimento. La piattaforma articola ognuna di questi passaggi in quattro step: inserimento di dati del progetto, generazione della dichiarazione sostitutiva sottoscritta dal rappresentante legale dell’impresa oppure da un suo delegato, invio di questa richiesta e ricezione dell’esito da parte del Gse. Se il gestore rileva la necessità di aver ulteriore documentazione, entro cinque giorni dalla ricezione del materiale invia all’impresa un avviso che concede dieci giorni per fornire le integrazioni. Se invece non ha bisogno di altri dati, procede subito al rilascio di una ricevuta.

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Il processo è articolato in quattro fasi: dopo quella preliminare, si passa prenotazione dell’incentivo, comunicazione intermedia di effettuazione dell’ordine e del versamento dell’acconto pari almeno al 20%, e comunicazione di completamento dell’investimento.

Più che alla complessità della procedura, secondo Fallone le imprese devono prestare attenzione a una attenta programmazione delle risorse. Questo perché il sistema consente alle imprese di modificare l’importo di questi investimenti, ma nei limiti del credito d’imposta inizialmente richiesto. «Le risorse prenotate nella prima fase rimangono cristallizzate, l’unico modo per modificarle è rinunciare alla prenotazione, quindi anche al posto acquisito nell’ordine di presentazione, e presentare un’altra istanza», spiega il Gse.

La fase di programmazione deve essere puntuale non solo in relazione all’importo da prenotare, ma anche alla composizione dell’investimento. Sempre perché sono limitate le modifiche che si possono effettuare: «non si può cambiare la categoria dei beni inseriti, solo la loro quantità – dettaglia Fallone -. Non si può variare la tipologia di impianti di autoproduzione di energia rinnovabili per autoconsumo. Anche in questo caso, il calcolo del credito d’imposta avviene in automatico e i limiti di questi importi sono dettati dalla fase di registrazione e di calcolo della valutazione».

Alla piattaforma si accede collegandosi all’aria clienti del Gse, da cui si accede poi alla sezione dedicata alla misura Transizione 5.0. Sono necessarie le credenziali Spid. I dati anagrafici dell’impresa registrati nell’area clienti vengono automaticamente utilizzati quando si inserisce un nuovo progetto. Tutti gli step relativi al caricamento dei documenti sono guidati. L’indicazione dei dati sugli investimenti deve comprendere l’eventuale inserimento nel progetto anche di interventi trainati, come quelli relativi all’autoproduzione di energia pulita o alla formazione. Man mano che si inseriscono i dati la piattaforma calcola l’agevolazione spettante.

Sul portale del Gse ci sono pagine informative e una Guida all’utilizzo della piattaforma. Il ministero delle Imprese e del Made in Italy pubblica invece tutti i documenti applicativi, nella circolare operativa del 16 agosto sono presenti anche esempi pratici di investimenti con il calcolo del risparmio energetico.

Dih Confindustria Lombardia, Made 4.0 e M.I.A Lombardia: assessment, implementazione del progetto, formazione, accesso al credito

Fabrizio Clermont, Dirigente della Casa del Made in Italy di Milano.

E veniamo al supporto che le imprese possono ricevere dall’ecosistema del trasferimento tecnologico. Il Dih Confindustria Lombardia interviene ad esempio attraverso i servizi di MIA Lombardia, e con ConfIN Hub – Confindustria Innovation Hub, una struttura inaugurata nel 2024, da qualche giorno presente online con un nuovo portale, che punta a coinvolgere entro il novembre 2025 oltre mille aziende su tutto il territorio nazionale erogando servizi di assessment su diverse tematiche, fra cui cybersercurity e valutazione della maturità digitale della filiera.

Il Competence Center Made 4.0 e M.I.A. Lombardia forniscono una serie di servizi mirati sul Piano 5.0, a cui partecipano anche i Dih Confindustria e gli Edhu. Si parte con l’analisi della maturità digitale delle imprese e l’individuazione di una roadmap strategica, il competence center interviene poi nella fase di progettazione anche con studi di pre-fattibilità e fattibilità, consulenze, test before invest, e in quella di implementazione. Infine, ci sono i servizi di formazione, da catalogo, con le agevolazioni Pnrr che in alcuni casi coprono l’intero costo dei corsi, oppure con programmi calibrati sulle esigenze del cliente. E il supporto nell’accesso al credito, con soluzioni di finanza agevolata.

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