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Ricevere una casa in donazione è un gesto di grande generosità, ma a volte può sorgere la necessità di venderla per motivazioni economiche o logistiche. Portare a termine una compravendita di un immobile donato, però, presenta alcune peculiarità rispetto a una normale vendita. Non si tratta di una procedura impossibile, ma richiede delle accortezze maggiori tra cui delle verifiche sulla condizione ereditaria dell’immobile e situazioni come eventuali timori da parte di compratori ansiosi per eventuali, successive, rivalse. Per comprendere meglio le procedure e gli eventuali problemi che possono sorgere, consideriamo più nel dettaglio i passi da compiere per vendere una casa donata

Possibili problemi nel vendere una casa donata

Prima di tutto è bene fare chiarezza e precisare che è assolutamente legale vendere una casa ricevuta in donazione. La legge, dunque, non proibisce questo tipo di compravendita, ma – in alcuni casi – potrebbe non tutelarla pienamente. Nel caso, ad esempio, di una donazione di un immobile effettuata da parte di genitori nei confronti di un figlio, gli altri eredi potrebbero creare dei problemi e richiedere il riscatto della proprietà. 

Si tratta di un rischio effettivo previsto dalla legge e, nello specifico, dall’articolo 555 del Codice Civile. Secondo questa disposizione, gli eredi legittimari possono esercitare l’azione di riduzione sulle donazioni che ledono la loro quota di riserva. Nello specifico si tratta di quella parte del patrimonio del donante defunto che gli spetta per legge. 

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Tutto ciò, però, come agisce in modo negativo su un eventuale compratore? Stando all’art. 563 del Codice Civile, se l’immobile è stato venduto prima dei vent’anni dalla trascrizione dell’atto di donazione, gli eredi legittimari possono richiedere la restituzione della proprietà all’acquirente. A sua volta, però, il nuovo proprietario può avvalersi della possibilità di pagare una somma equivalente al valore della casa per riscattarla. 

Un problema ancora più grande, però, potrebbe presentarsi nel caso in cui i donanti siano ancora in vita. In questo caso, infatti, un erede, nella fattispecie un altro figlio può opporsi alla vendita. Anche se sono trascorsi più di venti anni. Inutile sottolineare, dunque, che in questo caso l’acquisto sarebbe rischioso per il compratore, dovendo affrontare il rischio altissimo di una eventuale restituzione. 

Le casistiche più comuni circa la compravendita di una casa donata

Queste, dunque, sono le problematiche più importanti riguardo la compravendita di una casa donata: 

  • donante vivente: la possibile futura azione di rivendica del bene nei confronti di chi acquistata l’immobile può essere effettuata solo dopo la morte del donante ed entro i successivi 10 anni, a patto che il donante non abbia lasciato beni sufficienti a coprire la quota di legittima spettante a tutti i legittimari, il venditore non abbia beni sufficienti a soddisfare le ragioni dei legittimari lesi e che non siano già decorsi 20 anni dalla data della trascrizione della donazione.
  • donante deceduto da meno di 10 anni: l’azione di restituzione potrà essere esercitata entro i 10 anni dalla morte del donante. La soluzione al problema, comunque, è rappresentata da una dichiarazione di rinuncia al diritto di restituzione verso terzi da parte di tutti gli eredi, come previsto dall’articolo art. 563 c.c. Tale rinuncia, però, ha validità solo dopo la morte del donante. 
  • donante deceduto da più di 10 anni: stando alle Sezioni Unite della Cassazione, il diritto ad agire in riduzione deve considerarsi prescritto. Questo vuol dire che non esisterebbe più alcun rischio per l’acquirente. 
  • decorsi più di 20 anni dalla data della donazione: se entro 20 anni dalla data di trascrizione della donazione non c’è alcuna opposizione da parte del coniuge o di parenti in linea retta, l’azione di restituzione non può più essere esercitata. Quindi, anche in questo caso, non sussisterebbe alcun rischio. 

Inoltre, se per l’immobile donato è stato richiesto il bonus prima casa al fine di ridurre le tasse da pagare sulla proprietà, la legge italiana prevede che la casa donata non possa essere venduta prima di 5 anni dal momento della donazione senza imbattersi in una serie di tassazioni e problematiche eventuali.

Da quanto elencato fino a questo punto, dunque, è chiaro che il futuro acquirente, nella consapevolezza di trattare la compravendita di un immobile donato, ha il diritto di riceve informazioni dettagliate riguardo le tempistiche della donazione e la formazione di un eventuale asse ereditario legittimo. Solo in questo modo, infatti, è possibile optare per un acquisto sicuro senza sorprese successive. Meglio è poi rivolgersi a un’agenzia immobiliare per la vendita della casa, in modo tale che possa seguire le parti nel processo.

Le possibili soluzioni per vendere una casa donata

Le problematiche relative alla vendita di una casa donata possono sembrare molte e fin troppo ricche di cavilli. Nonostante questo, però, esistono delle soluzioni per portare a buon fine una compravendita di una casa donata. La prima opzione potrebbe essere rappresentata da un accordo tra le parti. In questo caso si tratterebbe di una rinuncia firmata da tutti i futuri eredi per eventuali opposizioni alla vendita. Il documento può essere redatto in forma privata, ma – per dare a questo maggiore impatto giuridico – è sempre consigliabile ricorrere a un notaio. 

Un’altra soluzione possibile è rappresentata dalla cosiddetta risoluzione della donazione. Questo vuol dire che una volta effettuata la valutazione dell’immobile la casa torna di proprietà del donante che, a sua volta, la vende a terzi. La procedura, però, non è pienamente sicura. Questa, infatti, è stata ampiamente dibattuta in campo giuridico con delle risoluzioni spesso contrastanti. Per finire, poi, non rimane che rifarsi alla questione tempo. Una casa donata, infatti, può essere venduta senza troppi problemi dopo un certo lasso di tempo che va dai 10 ai 20 anni. 

Quando si può vendere una casa donata?

Di norma un immobile donato può essere venduto senza alcun problema trascorsi 20 anni dalla trascrizione dell’atto o 10 anni dalla morte del donante. Questo lasso di tempo è messo a disposizione degli eredi per accettare l’eredità e, in alcuni casi, richiedere la restituzione di una casa donata venduta in precedenza. 

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Passati questi anni, dunque, non è più possibile agire in nessun modo sul donatario e sui terzi che hanno acquistato l’immobile. A stabilire questo è la legge 80 del 2005 valida per le donazioni a partire dalla sua entrata in vigore. Cosa accade, invece, per quelle precedenti? In questo caso ci si trova di fronte a una assenza di normativa, il che comporta un rischio maggiore di problematiche e inconvenienti.

Vendere una casa donata se si è un figlio unico

Come anticipato, la vendita di una casa ricevuta in donazione può presentare problemi, legati soprattutto al rischio di contestazioni da parte di eredi legittimari. In tal senso, se si è figli unici, la situazione cambia.

Quando una persona riceve in donazione un immobile, il rischio principale è che altri eredi legittimari – come figli, coniuge non divorziato o genitori del donante – possano impugnare l’atto, sostenendo che la donazione abbia leso le loro quote di legittima. Nel caso di un figlio unico, se ad esempio una madre vedova dona la sua casa al proprio unico erede, non esistono altri legittimari che potrebbero contestare la donazione. Di conseguenza, non ci sarà alcun rischio di lesione delle quote di legittima.

In pratica, per i figli unici il rischio di contestazione in questo tipo di donazione sarebbe inesistente, a patto che non emergano altri eredi legittimari non conosciuti o situazioni particolari legate a precedenti disposizioni testamentarie. Prima di vendere, comunque, è sempre consigliabile verificare con un notaio che tutto sia in regola per garantire una transazione serena.

Si può vendere una casa donata con usufrutto?

Con usufrutto si intende il diritto di godere di un bene, come ad esempio una casa, percepirne i frutti, ma non poterne disporre. Da parte sua il proprietario possiede l’immobile, ma non può utilizzarlo fino a quando dura l’usufrutto. Questo, infatti, è un diritto di norma temporaneo. Secondo l’art. 978 e seguenti del Codice Civile, infatti, si estingue con la morte dell’usufruttario e non può essere trasmesso in eredità. 

Stabilito questo, dunque, il proprietario può vendere una casa con usufrutto. Da parte sua, però, l’acquirente deve rispettare il diritto fino alla scadenza. Questo vuol dire, dunque, che il nuovo proprietario acquista solamente la nuda proprietà e non può utilizzare la casa immediatamente a causa della presenza dell’usufruttuario.

Cosa rischio se vendo una casa ricevuta in donazione?

Considerato quanto detto fino a questo punto, dunque, i rischi maggiori per quanto riguarda la vendita di una casa donata, sono rappresentati dalle eventuali contestazioni di altri eredi legittimi. Nello specifico si tratta dell’azione di riduzione: questo vuol dire che, se il donatore ha altri eredi, questi potrebbero esercitare l’azione di riduzione, ossia chiedere di ridurre l’entità della donazione se questa ha leso le loro legittime quote ereditarie.

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L’assicurazione per la vendita di una casa donata mi tutela?

Per affrontare gli spiacevoli inconvenienti che potrebbero nascere all’interno di una compravendita di un immobile donato, è possibile ricorrere a una polizza assicurativa definita “donazione sicura” sottoscritta all’atto di acquisto da parte dell’acquirente o del venditore.

Una polizza di questo tipo va a coprire il rischio che grava sull’acquirente nel caso di un’azione di restituzione da parte di terzi legittimari. Nello specifico l’articolo 563 del Codice civile prevede che il terzo acquirente possa liberarsi dall’obbligo di restituire l’immobile acquistato al legittimario leso, “pagando l’equivalente in danaro”. 

Questo rischio, dunque, può essere oggetto di un contratto di assicurazione. Ma quando stipularla? Tale polizza può decorrere dal momento in cui viene perfezionata la donazione dell’immobile, ma nulla esclude la stipula anche al momento in cui viene concluso l’acquisto da parte di terzi. In sostanza, dunque, si tratta di un metodo piuttosto valido per tutelare il compratore, ma anche il venditore.



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