Al mondo serve energia, e le rinnovabili da sole potrebbero non bastare.
Su uno scenario globale sempre più orientato verso l’elettrificazione degli usi finali si innestano adesso gli ultimi data center dedicati alle nuove soluzioni IA, veri buchi neri energivori il cui approvvigionamento sta creando non pochi grattacapi agli addetti ai lavori. Le ultime previsioni parlano per il 2024 di un aumento del fabbisogno elettrico a livello europeo tra le due e le tre volte in più rispetto al 2023, in Italia sarà il doppio.
IL NODO
Queste previsioni rischiano di provare il comparto delle rinnovabili, già stressato dagli obiettivi net zero fissati dall’Europa per il 2050. «Raggiungerli solo con le rinnovabili richiederebbe investimenti infrastrutturali non sostenibili per il sistema Paese», spiega Lorenzo Mottura, vicepresidente della Divisione Strategy, Corporate Development & Innovation di Edison. Già in occasione della sesta edizione di iWeek – la joint venture tra Vento & Associati e Dune Tech Companies che ogni anno raduna le maggiori realtà del settore energetico e nucleare italiano – Mottura aveva puntualizzato che, per ottimizzare la transizione ecologica, «insieme alle rinnovabili, per loro natura discontinue, occorre fare ricorso a fonti programmabili, come il nucleare». A MoltoFuturo Mottura precisa che «attraverso un mix energetico fino all’80% di rinnovabili e almeno il 20% di fonti programmabili, si potrebbero risparmiare circa 400 miliardi di euro di investimenti infrastrutturali tra il 2035 ed il 2050».
Ed ecco che il nucleare torna di prepotenza al centro del dibattito industriale e accademico. E aumenta parallelamente anche in Italia l’interesse per i nuovi reattori di piccola taglia come gli Small Modular Reactor (commercialmente disponibili già dal 2030) e gli Advanced Modular Reactor, questi ultimi capaci di riciclare quasi del tutto i rifiuti dei reattori di vecchia generazione, limitando così il problema delle scorie radioattive. Più piccoli, più efficienti, più semplici da realizzare (è possibile prefabbricarne alcuni moduli per poi trasportarli e installarli direttamente sul sito della centrale) e, date le dimensioni ridotte, meno inquinanti a parità di performance, i reattori di ultima generazione saranno la colonna portante del “nuovo nucleare”, una delle risorse energetiche con il più basso livello di emissioni di CO2.
È quanto emerge dal rapporto “Il nuovo nucleare in Italia per i cittadini e le imprese”, realizzato da TEHA Group in collaborazione con Edison e Ansaldo Nucleare. Con circa 413 gigawatt di capacità operativa in 32 Paesi – si legge nel documento – l’energia nucleare attualmente contribuisca ad evitare 1,5 gigatonnellate di emissioni globali all’anno, circa 70 volte in meno del gas naturale.
I DATI
Da un punto di vista economico, il nuovo nucleare potrebbe generare fino a 46 miliardi di euro per la filiera industriale italiana, creando oltre mezzo milione di posti di lavoro entro il 2050, di cui 52mila nel breve termine solo per la fase di costruzione. Certo prima dell’adozione su larga scala servirà un riallineamento di tutta la parte logistica legata alla produttività, con investimenti significativi nella supply chain per abbracciare un nuovo standard che, rispetto alle centrali del passato, punta tutto su modularità e standardizzazione. Da questo punto di vista l’Italia, pur non disponendo di una produzione di energia nucleare propria, di fatto non ha mai interrotto la collaborazione con i partner internazionali del settore e può contare su una base di partenza solida.
Ancora oggi vantiamo competenze importanti lungo quasi tutta la supply chain e nel solo progetto ITER (la cooperazione internazionale lanciata nel 2006 in Francia per costruire il reattore a fusione più grande al mondo) abbiamo impegnato settanta industrie con oltre 5mila specialisti. Queste aziende forniscono componenti fondamentali e di alta rilevanza tecnologica in tutta Europa, contribuendo agli attuali progetti di nuova costruzione nel Regno Unito, in Francia e in Romania, e all’ammodernamento delle centrali esistenti in Francia e in Slovenia. Dei quattro impianti nucleari realizzati in Europa negli ultimi venti anni, due mostrano una significativa impronta italiana.
«Nel mercato energetico del futuro – commenta il presidente di Ansaldo Nucleare, Roberto Adinolfi – il modello di business dominante sarà, con ogni probabilità, quello degli Small Modular Reactors; ciò implicherà la necessaria capacità industriale per realizzare impianti standardizzati e in serie, nell’ambito di una competizione aperta su scala prima europea e poi globale». Per avere un ruolo da protagonista nel settore del nuovo nucleare in Europa però, avvertono gli esperti, sarà necessario mettere in atto da subito una strategia nucleare nazionale, che potrebbe – con il giusto riallineamento logistico e i giusti investimenti – costituire un’occasione di rilancio industriale per l’Italia.
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