Dal prossimo anno sarà possibile conteggiare la rendita complementare ai fini dell’integrazione del cd. importo soglia di 3 volte l’assegno sociale. Ma in tal caso gli interessati dovranno aver maturato 25 anni di contributi e non potranno cumulare la rendita con redditi lavoro dipendente o autonomo.
Intervento schizofrenico del legislatore sull’uscita anticipata a 64 anni per i lavoratori che hanno iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995. Dal prossimo anno, infatti, chi ha aderito a forme di previdenza complementari potrà computare il valore della rendita integrativa con la pensione pubblica al fine di perfezionare l’importo soglia di 3 volte il valore dell’assegno sociale. Tuttavia, chi sfrutta questa possibilità, dovrà soddisfare un requisito contributivo di almeno 25 anni in luogo degli attuali 20 anni. Che dal 2030 diventeranno 30 anni. Lo prevede un emendamento alla Legge di Bilancio per il 2025 che vedrà il disco verde definitivo entro la fine dell’anno.
Pensione Anticipata
L’articolo 24, co. 11 del dl n. 201/2011 convertito con legge n. 214/2011 (Legge Fornero) ha introdotto, per i soli lavoratori privi di anzianità al 31 dicembre 1995, una ulteriore possibilità di uscita anticipata al raggiungimento di un’età anagrafica di 64 anni unitamente a 20 anni di contribuzione effettiva (cioè senza considerare la contribuzione effettiva) a condizione che il valore della rendita pensionistica maturata alla decorrenza non fosse inferiore a 2,8 volte il valore dell’assegno sociale. La prestazione, si badi, si aggiunge alla pensione anticipata maturata con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi le donne) a prescindere dall’età anagrafica.
Con il passare degli anni e del progressivo ampliamento della platea interessata alla prestazione il Governo è corso ai ripari. La prima stretta è arrivata con la legge di bilancio 2024. Dal 1° gennaio 2024 sono apparse le seguenti limitazioni:
- Finestra mobile di tre mesi dalla maturazione dei requisiti (prima assente);
- Aumento dell’importo soglia necessario per maturare la prestazione da 2,8 a 3 volte l’assegno sociale, cioè 1.616,07€ (nel 2025 l’assegno sociale salirà a 538,69€), salvo si tratti di donne con figli nel quale caso l’importo resta a 2,8 volte (in presenza di un figlio) o 2,6 volte in caso di due o più figli;
- Previsione di un tetto alla rendita massima conseguibile pari a 5 volte il trattamento minimo Inps (cioè 3.017 euro nel 2025), sino al raggiungimento dell’età di vecchiaia, cioè 67 anni;
- Previsione che il requisito contributivo pari a 20 anni formi oggetto di adeguamento progressivo alla speranza di vita Istat.
Si ricorda che queste strette sono ampiamente ingiustificate essendo la prestazione interamente calcolata con il sistema contributivo, esiste già un equilibrio strutturale tra contribuzione versata e rendita garantita in base all’età anagrafica di uscita.
Legge di Bilancio 2025
Il disegno di legge di bilancio 2025 prevede due novità.
In primo luogo dal 1° gennaio 2030 il requisito dell’importo soglia salirà ulteriormente da 3 a 3,2 volte il valore dell’assegno sociale fermo restando il valore di 2,8/2,6 volte per le madri. La stretta riguarderà tutti i lavoratori.
In secondo luogo introduce la possibilità di conteggiare, per coloro che hanno aderito a forme di previdenza complementari, il valore della rendita pensionistica integrativa maturata ai fini del perfezionamento dell’importo soglia (cioè 2,6, 2,8, 3, 3,2 volte il valore dell’assegno sociale a seconda dei casi). L’agevolazione, tuttavia, non è di immediata applicazione: serve l’adozione di un decreto interministeriale Lavoro-Economia che stabilisca le modalità di certificazione della proiezione della rendita complementare.
Chi sfrutterà l’opportunità avrà due sorprese:
- Dovrà perfezionare un requisito contributivo non più pari a 20 anni effettivi bensì 25 anni effettivi (dal 1° gennaio 2025) che saliranno a 30 anni dal 1° gennaio 2030;
- Non potrà cumulare la prestazione con redditi da lavoro dipendente o autonomo, salvo il limite di 5.000€ di lavoro autonomo occasionale, sino al raggiungimento dell’età di vecchiaia, cioè 67 anni (analogamente a quanto ora avviene per Quota 103 e Ape Sociale).
Non solo. Qualora dovessero emergere maggiori oneri rispetto a quelli preventivati, un decreto interministeriale Lavoro-Economia potrà stabilire un limite percentuale minimo mensile che la pensione pubblica deve assumere rispetto al valore della rendita integrativa e l’elevazione dei predetti importi soglia oppure potrà disporre un ampliamento ulteriore della finestra mobile.
Queste due limitazioni, è bene ricordare, non interessano i lavoratori che non conteggiano il valore della rendita integrativa nel cd. importo soglia. Per costoro, in sostanza, dal 1° gennaio 2025 la pensione anticipata con 64 anni di contributi si continua a maturare alle stesse condizioni del 2024.
Altre prestazioni
Non ci sono sostanziali novità. La legge di bilancio 2025 conferma le previsioni di fine ottobre riguardanti la proroga di un anno di Quota 103, Ape Sociale e Opzione Donna e il sostanziale ritorno del trattenimento in servizio per i dipendenti pubblici. Oltre all’elevazione del limite massimo della riduzione del requisito anagrafico per il trattamento pensionistico prevista, per le lavoratrici madri rientranti nel sistema contributivo integrale, in relazione ad ogni figlio.
Gli altri canali di pensionamento restano intatti. Si potrà sempre uscire al raggiungimento di 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi le donne) a prescindere dall’età anagrafica con una finestra mobile di tre mesi oppure all’età di 67 anni unitamente a 20 anni di contributi (pensione di vecchiaia).
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