Fatturate più ore di quelle prestate, cooperativa sociale a processo – La Guida

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Con l’arringa dell’avvocato Aldo Pellegrino, difensore del presidente della coop Valentina P. L. G. e delle due amministratrici R. R. e C. S., si è concluso il processo in cui è contestato a tutti e tre il reato di truffa aggravata e solo ai primi due anche il reato di infedeltà patrimoniale. La vicenda contestata dall’accusa è quella di aver fatturato tra il 2017 e il 2020 all’Asl Cn1 e al Consorzio socioassistenziale del cuneese più ore di quelle effettivamente erogate ai 12 ospiti della struttura residenziale, per un totale di 107.000 euro da ripartirsi in 72.000 euro pagati dall’Azienda sanitaria locale e 34.000 dal Consorzio. Nessun artificio e raggiro secondo la difesa dei tre imputati, dal momento che tutti i bilanci erano regolarmente pubblicati e dato che annualmente la struttura riceveva il controllo della commissione di vigilanza sullo svolgimento dei progetti e delle ore lavorate, decretando che in quella struttura andava tutto bene. “Delle due l’una – ha concluso l’avvocato Pellegrino – o dobbiamo supporre una connivenza della Commissione di vigilanza oppure una cantonata dell’accusa e in ogni caso i tre amministratori erano convinti di aver fatturato correttamente quanto dovuto e in mancanza dell’elemento soggettivo si tratterebbe tutt’al più di una inadempienza contrattuale”.
E la cantonata dell’accusa secondo il difensore deriverebbe da un errore di calcolo svolto dalla Guardia di Finanza nel corso delle indagini che avrebbe assimilato il funzionamento della cooperativa Valentina alle altre che operano nel settore. A differenza però dalle altre strutture, per le quali le delibere regionali parlano di minutaggio in riferimento alle ore di lavoro da prestare in base al numero degli ospiti, alla coop Valentina la delibera regionale parla di operatori, un coordinatore, quattro operatori sociosanitari e quattro educatori, senza specificare il minutaggio; per la difesa questo vuol dire che se nel corso della giornata molti ospiti si recano presso i centri diurni e quindi sono assenti dalla struttura, è inutile avere degli operatori a tempo pieno.
L’avvocato Pellegrino ha anche rilanciato alle richieste di risarcimento avanzate dai due enti gestori che si sono costituiti parti civili in giudizio, sostenendo che se davvero il presidente della cooperativa fosse un truffatore seriale, gli enti gestori non gli avrebbero rinnovato la convenzione alle stesse condizioni delle precedenti che sono finite sotto accusa in questo processo (un rinnovo in realtà dovuto, in attesa proprio della sentenza in questione). Infine per la difesa sarebbe mancato l’ingiusto profitto dato che il bilancio è stato chiuso in perdita. Per questo a conclusione della sua arringa la difesa ha chiesto l’assoluzione degli imputati e la condanna delle due parti civili al pagamento delle spese legali.
Per quanto riguarda il reato di infedeltà patrimoniale contestata al presidente e a una solo delle amministratrici, per la difesa il collegio si dovrebbe pronunciare con un non luogo a procedere per mancanza di querela, essendo tardiva la denuncia presentata dall’ex socio lavoratore che con la sua segnalazione diede avvio all’indagine. Nel 2018, con un atto non deliberato dall’assemblea, venne approvato un mutuo di 1.000 euro a carico del bilancio della cooperativa, per la ristrutturazione della mansarda dello stabile dove già operava la cooperativa. Stabile che non apparteneva più alla cooperativa già dal 2016 in seguito a un’altra delibera non approvata dall’assemblea e che trasferiva la proprietà dell’edificio a una società riconducibile al presidente. A carico della cooperativa erano finiti un mutuo di ristrutturazione da 2.700 euro e un canone mensile di affitto da 4.000 euro, cui si aggiungevano questi ulteriori mille euro, contestati dall’ex socio in quanto non gli era stata data comunicazione della riunione (assemblea che, da quanto emerso, neanche si tenne). Secondo la difesa in seguito alle indagini svolte dagli operatori su questi fatti, tutto sarebbe stato noto già nel 2019, mentre la querela sarebbe stata presentata solo a luglio del 2020, molto tempo oltre i tre mesi previsti dalla legge. Di conseguenza, se non si può procedere per il reato di infedeltà patrimoniale, per la difesa non può neanche essere riconosciuta la costituzione di parte civile dell’ex socio che dovrebbe essere quindi estromesso dal processo. L’udienza è stata rinviata al 15 gennaio per le repliche di accusa e parti civili e per la sentenza.





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