Viviamo in un mondo peno di novità che si affastellano, ma spesso ancora si basano sulla tradizione: ricordiamo dunque usi e costumi, passato ed attualità che riguardano una delle principali festività dell’anno, il Natale. In genere si tratta di una festa all’insegna della famiglia, del camino acceso e delle usanze del territorio: impossibile raccontare tutto, segnaliamo alcune curiosità.
Usi, costumi, tradizioni, credenze popolari
Non abbiamo grandi tradizioni relative alle decorazioni natalizie, ma quasi in ogni casa si trovano sia l’albero che il presepe fatti di solito l’8 di dicembre, ma c’è chi inizia prima ed i ritardatari che vanno alla caccia di decorazioni pochi giorni prima di Natale.
Siamo amanti delle luminarie: oltre a quelle che le famiglie espongono fuori dalla propria abitazione, ogni città o piccolo centro di solito decora le proprie vie con tante lucine.
Quasi tutti partecipavano alla Messa di Mezzanotte, che in alcune parrocchie finiva allo scoccare del nuovo giorno, in altre iniziava proprio a mezzanotte: dopo la celebrazione, ci si ritrovava in piazza o fuori dalla Chiesa per il brindisi d’auguri e ci si scambiavano i regali.
Poiché si trattava di un momento di passaggio temporale, andava sottolineato il rinnovamento del tempo, simboleggiato dall’usanza secondo cui, nella notte o nel giorno di Natale, bisognava ”rinnovare un indumento”, poiché ciò avrebbe favorito la salute.
Si gettava del vino vicino alle viti per aumentare il raccolto e si mangiava uva fresca pensando che favorisse l’arrivo di danaro.
Il vento che soffiava la notte di Natale avrebbe imperversato tutto l’anno; se poi era il Garbino, avrebbe portato guai, come carestia, mortalità, terremoti…
La notte di Natale era considerata la più fredda dell’anno, in ricordo del bue e dell’asinello che scaldarono Gesù.
Il mal di schiena poteva passare mangiando in piedi un zuppa di cavolo la vigilia di Natale.
Il mezzadro a Natale regalava dei capponi al padrone.
E così via…
Enogastronomia
La sera della Vigilia non tutti seguono la tradizione del cenone di Natale, anche perché per la religione cattolica è uno dei momenti più sacri dell’anno e il divieto di mangiare carne è segno di rispetto e di devozione: la carne un tempo rappresentava un cibo di lusso, consumato saltuariamente in occasione delle feste e consumare carne la Vigilia equivaleva ad un sacrilegio, per cui gli adulti digiunavano, mentre ai bambini era concesso mangiare qualcosa, ma sempre senza esagerare: se non si digiunava, si cenava “di magro”.
Sulla costa romagnola la tradizione richiedeva pesce! Si cucinava il rombo cotto al forno con patate e olive, o la saporita anguilla, o calamari, baccalà, cozze, vongole e pesce arrostito, tra cui la cernia o il dentice. Non mancava il brodetto, un tempo piatto povero dei pescatori dell’Adriatico ottenuto dalla bollitura degli “scarti” del pescato, oggi considerato un vero e proprio trionfo di gusto!
C’era poi il “Pane di Natale” condito con aromi che le ragazze regalavano al fidanzato.
Ad ogni buon conto sulla tavola si spiegava la tovaglia migliore!
Cappelletti o tortellini? Passatelli e lasagne
Una certezza delle nostre terre riguarda il pranzo con il brodo di cappone o gallina vecchia, con i cappelletti o i tortellini. Qui siamo romagnoli e facciamo i cappelletti, più grandi dei tortellini e più piccoli dei tortelli o dei cappellacci. Per quando riguarda il “compenso” o “ripieno” (la farcitura ) ci sono tipologie che cambiano di famiglia in famiglia: si va dal misto di formaggi (ricotta di mucca, formaggio morbido, una grattugiata di Parmigiano, magari formaggio di fossa), alla aggiunta di un po’ di carne e/o di mortadella.
Una regola in vigore in Romagna è la quantità di cappelletti preparati, cioè sempre più di quanto sia possibile mangiare, per poi finirli alla sera e il giorno di Santo Stefano.
Scrive l’Artusi: “Cuocete dunque i cappelletti nel suo brodo come si usa in Romagna, ove trovereste nel citato giorno [Natale] degli eroi che si vantano di averne mangiati cento; ma c’è il caso però di crepare, come avvenne ad un mio conoscente. A un mangiatore discreto bastano due dozzine.”
Si possono anche preparare passatelli, con cui in Romagna iniziano i pranzi delle festività.
Mia nonna preparava anche le lasagne al forno, con sfoglia di pasta di verde (la ricetta originale vede l’impasto realizzato con spinaci) condita strato per strato con ragù, besciamella fatta in casa e parmigiano: buonissima se cotta nel forno a legna.
I secondi, i dolci ed i giochi
Per secondo è tradizione mangiare il bollito misto, la carne utilizzata per il brodo, accompagnata da una salsa verde a base di prezzemolo, aglio e olio e magari un polpettone con uova e parmigiano, poi fanno il loro ingresso una serie di arrosti misti e contorni vari.
Veniamo ai dolci
A Bologna il “Panone di Natale” e il “Certosino”, prodotti da forno profumati e speziati, a Ferrara il “Panpepato”, a base di cioccolato, miele, frutta secca, canditi, cannella e pepe.
Dopo il lungo pranzo, la tradizione natalizia in Emilia Romagna include qualche gioco che coinvolga tutta la famiglia: tombola o sette e mezzo, briscola o scopone, a volte si gioca coi soldi o si prevedono piccoli premi.
Di solito la giornata di Natale passava così, a tavola dal pranzo fino a sera, mangiando, giocando, scherzando e ricordando aneddoti del passato.
I Presepi
In Emilia Romagna siamo amanti dei presepi e se ne trovano davvero per tutti i gusti, nelle case, nelle parrocchie, nei paesi, in ogni angolo c’è un presepe e molti sono anche ad Imola.
A Bologna l’arte presepiale è antica e risale al XIII° secolo. Partendo dal centro storico, si può iniziare col visitare la Basilica di Santo Stefano dove è conservato il più antico presepe al mondo e il più grande d’Italia, mentre a Monghidoro c’è la “Via dei presepi”.
A Palazzuolo, non strettamente romagnolo, ma della vallata del Senio, c’è la rassegna “1000 Presepi per Palazzuolo” in abbinamento con il concorso “Il Presepe più… più …più ...”.
A Bellaria e Igea Marina si fanno i presepi di sabbia, così come anche a Rimini e a Torre Pedrera; all’Acquario di Cattolica vi sono presepi sommersi, a Cesenatico il presepe è nel porto-canale, a Cervia vi sono presepi di sale… Insomma, la fantasia non manca.
Nel faentino da non perdere il presepe nella Cripta del X° secolo della Pieve Corleto.
Tanti sono i presepi da visitare in provincia di Forlì-Cesena: dal galleggiante ”Presepe della Marineria” sul porto canale di Cesenatico, allo scenografico ”Presepe in grotta” a Bertinoro, dalla magia dei presepi di Longiano fino al ”Presepe Artistico” animato meccanicamente in Piazza della Libertà a Gatteo Mare. Verso l’Appennino, anche Portico di Romagna diventa il ”Paese dei Presepi”. Nel centro storico di Cesena, infine, viene allestito, come da tradizione, il meccanico ”Presepe Gualtieri” nella cripta del Duomo.
L’antica usanza dei Pasquaroli ed il rito dè zoch
I Pasquaroli sono una tradizione natalizia romagnola, non solo legata al Natale, ma pure all’Epifania: gruppi di uomini (e da qualche tempo anche donne) vanno in giro per case, teatri e locali a portare la buona novella, cantando e suonando per augurare serenità e prosperità nel nuovo anno.
Narrava la tradizione che nel periodo delle “dodici notti” (tra il solstizio d’inverno e l’Epifania) i morti uscissero dal regno sotterraneo e si incarnassero nell’ultima notte, la dodicesima, negli animali della stalla, e che questi ultimi acquisissero il dono della parola.
Si riteneva che portasse sfortuna ascoltare i discorsi degli animali e che, se avessero parlato male di chi li accudiva, se lo sarebbero portato con loro nel mondo sotterraneo, quindi in quei giorni i contadini trattavano in maniera impeccabile le proprie bestie.
L’elemento centrale della pasquella consiste in un canto popolare che nelle sue strofe porge gli auguri al capo famiglia e a tutti i suoi componenti, poi al lavoro e alla prosperità dei campi.
In Romagna nella stanza dove ardeva il “ceppo di Natale” la azdora, ossia la matrona di casa, allestiva una tavola imbandita a festa con tre sedie vuote, poiché si credeva che la notte di Natale potesse arrivare la Sacra Famiglia, ossia Giuseppe, Maria e il Gesù Bambino, per trovare rifugio e ristorarsi nelle case dei contadini.
Dunque, parliamo del “ceppo di Natale”, e zòch, un’antichissima abitudine di origine contadina a cui si attribuisce un potere propiziatorio e di buon augurio per la famiglia e per il raccolto, un rito risalente al XII° secolo.
Per gli antichi il fuoco non era un simbolo di distruzione e passione, ma della purificazione, della rinascita, del divino e di unione tra il mondo visibile e quello invisibile; era considerato sacro ed un potente elemento magico ed esoterico, infatti la mattina di Santo Stefano il capofamiglia usava la cenere del ceppo come fertilizzante per i terreni o per allontanare i bruchi dalle viti.
Veniva acceso dopo aver recitato un pater noster e simboleggiava pure il riscaldare il “bambin Gesù”. Oggi questo rito de “zòc ed Nadèl” è diventato pubblico e collettivo, così si accende nella pubblica piazza durante una manifestazione cittadina la sera della Vigilia di Natale.
Sagre, fiere e mercatini
Sono decine i Mercatini di Natale in Emilia Romagna: dalle località più grandi e a quelle più piccole, ma tutti egualmente ricche di fascino.
A Sant’Agata Feltria in preparazione del Natale si svolge la fiera nazionale “Il Paese del Natale”, l’appuntamento d’inverno più importante del centro Italia per gli appassionati di mercatini natalizi che richiama migliaia di visitatori. Vengono proposte idee regalo, oggetti di artigianato artistico e decori accompagnati dal suono caratteristico delle zampogne e da presepi artigianali. Nella piazza del mercato è allestita la “Casa di Babbo Natale”, non lontano c’è la dimora degli “Elfi”; attorno a queste vengono organizzati eventi destinati ai bambini e vengono presentati spettacoli legati alle antiche tradizioni.
Tradizionale è pure il Mercatino di Natale a San Marino.
A Comacchio possiamo trovare canali e barconi addobbati a festa, un’esperienza suggestiva, tra presepi sull’acqua, fiaccolate, mercatini, spettacoli di burattini.
Imola e dintorni
Anche nei comuni del nostro territorio vi sono iniziative, tra le tante segnaliamo le seguenti.
A Castel San Pietro c’è un ricco programma sotto il nome di “Castelnadel”.
A Dozza dal 7 dicembre inizia l’evento ”Natale con i Malvezzi… alla Rocca di Dozza”: nel Piano Nobile sarà allestita un’esposizione di servizi da tè e caffè d’epoca e fotografie storiche della famiglia Malvezzi-Campeggi, poi nei giorni 7, 8, 14, 15, 21 e 22 dicembre nel Cortile Interno saranno allestite bancarelle di artigianato e hobbistica, nelle domeniche 15, 29 dicembre e 5 gennaio dalle ore 11 il Gruppo Alpini propone caldarroste e vin brulè.
Ad Imola infine, oltre alle numerose iniziative promosse dal Comune e dalle associazioni artigiane e del commercio, c’è “Natale Zero Pare”, organizzato da giovani al mercato ortofrutticolo, che offrirà una ricca serie di eventi, tra cui spiccano i concerti live serali.
Insomma, basta guardarsi attorno, informarsi sui social, e ce n’è per tutti i gusti.
(Marco Pelliconi)
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