1. Il deprimente riflesso dei media occidentali – ai quali ci sforziamo di sfuggire quanto possibile – ci condurrebbe alla più profonda depressione, se non fossimo soccorsi dalla fede nell’avanzare dell’autocoscienza dell’uomo nella storia, poiché nel tempo breve non v’è alcuna speranza di intravedere nemmeno l’ombra di un orizzonte più sereno. Più vivo – affermava G. B. Shaw – più sono convinto che questo pianeta sia usato da altri pianeti come manicomio dell’universo. Ed è difficile dargli torto. Eppure, se occorre dar senso al tempo che rimane da vivere, esso è quello di distruggere con l’arma della verità tutto ciò che può essere distrutto.
Non passa giorno che Israele non uccida intenzionalmente giornalisti palestinesi a Gaza[1] (196 negli ultimi 14 mesi, tra i 45.000 palestinesi uccisi e 150.000 feriti!), mentre impedisce a chi è fuori di entrare nella Striscia per nascondere i disumani massacri di cui si rende colpevole davanti all’umanità, alla giustizia internazionale, all’etica delle nazioni e alla storia, protetto e armato dai loro complici occulti, gli Stati Uniti d’America.
In Siria, in contemporanea, l’esercito d’Israele, che insieme ai conniventi americani e turchi, ha dato il via libera ai tagliagole jihadisti, si espande oltre il Golan – che occupava illegalmente dal 1967 – e invade altre terre siriane (che B. Netanyahu dichiara non verranno restituite mai più!) nel garbato silenzio di Usa ed Europa, vocianti propugnatori del Diritto Internazionale. Non solo, mentre sulla carta firma il cessate il fuoco con Hezbollah, lo Stato Ebraico non smette di bombardare villaggi libanesi già martoriati, facendo ogni santo giorno decine di vittime. Tutto ciò sotto lo sguardo appagato della presidente della Commissione Ue, la tossica von der Leyen, caporal maggiore del cupo esercito Nato e la cui unica caratteristica degna di nota è l’obbedienza al globalismo atlantico. Nella Nato, si pensava di aver toccato il fondo con il tramonto di Jens Stoltenberg, dal nome altamente evocativo, ma non è così! Al suo posto quale Segretario Generale abbiamo ora tale Marc Rutte, anch’egli con un nome onomatopeico, che dispone per nostro conto di ridurre gli stanziamenti a pensioni e sanità per produrre armi destinate, secondo cotanta testa, a sconfiggere la Russia! Ecco, in un mondo coerente, la stirpe dei Rutte dovrebbe dare il buon esempio, abdicando alle cure dei superbi ospedali Nato, rinunciando sin d’ora a percepire le ricche pensioni che aspettano i camerieri come lui e partire subito per il fronte a salvare l’Europa!
Davanti a tale turpitudine, la replica dei nostri governanti è stata fiera e indignata. Essi hanno immediatamente reagito agli spropositi ruttiani, qualificando tutto ciò per quello che è, vale a dire un ulteriore affronto alla nostra Costituzione e alla nostra (ahimè perduta!) sovranità. Tanto più che, come qualcuno lassù ha affermato, l’Italia sa notoriamente badare a sé stessa. Un concetto che tradotto in linguaggio fattuale sta per: non c’è bisogno di un Rutte qualunque per impoverire la nostra gente e ingrassare i produttori di armi, sappiamo farlo da soli.
2. A dispetto del diluvio di propaganda, salta agli occhi che gli orchestrali di turno sono guidati dalla malata plutocrazia dell’impero, un impero in declino, ma ahimè non rassegnato. Il modus è collaudato: quando taluno si attenta a sollevare una domanda impertinente, questa è sbeffeggiata, screditata o semplicemente occultata. Se poi insiste a riemergere, viene sommersa da un effluvio di inutili notiziole che riempiono uno spazio che potrebbe essere occupato da interrogativi seri.
Nessuno discute nemmeno più di rispetto di minimo comun denominatore di una democrazia, che le evolute nazioni dell’Occidente concepiscono solo come una religione formale. I mezzi di disinformazione di massa aggrediscono rumeni, georgiani e moldavi, colpevoli solo di essersi svegliati dal Lungo Sonno, insieme ai venezuelani, che in mezzo a mille difficoltà, sanzioni e minacce, cercano a modo loro di uscire dal sottosviluppo senza piegarsi agli ordini imperiali. A proposito di Venezuela, il 17 dicembre scorso, la Presidente dell’impalpabile Europarlamento, Roberta Metsola, ha consegneto il Premio Sacharov 2024 per la libertà di pensiero a María Corina Machado e a Edmundo González Urrutia, quest’ultimo riconosciuto presidente legittimo e democraticamente eletto del Venezuela. Invece dei cittadini venezuelani, nel distopico pianeta Terra sono i parlamentari di altri continenti a decidere chi ha vinto le elezioni in un paese lontano che nessuno ha nemmeno visitato una volta. Ridicolo e oltraggioso! Forse qualcuno potrebbe sospettare che l’ostilità statunitense nei confronti della minacciosa nazione venezuelana abbia a che fare con tutto ciò. Si tratta solo di un sospetto, beninteso. In tale scena angosciante, d’altra parte, a nessuno importa qualcosa di Nazioni Unite, diritto internazionale, principio di coesistenza pacifica e non interferenza negli affari altrui.
3. Se persino bambini di cinque anni, per far felici i genitori, fingono di credere alle fiabe ascoltate prima di addormentarsi, resta un doloroso mistero irrisolto che milioni di individui adulti, in apparente salute mentale, possano piegare l’intelletto davanti alla montagna di menzogne che sfida quotidianamente le leggi della fisica. In un infinito elenco, proviamo a illustrane alcune.
Nel 2020, l’ex-futuro presidente degli Stati Uniti confessava con candore (l’intervista è ascoltabile sul web[2]) di aver ordinato alle truppe americane (in Siria dal 2011, in violazione della Carta delle Nazioni Unite, del principio di non interferenza e di ogni norma immaginabile) di non abbandonare quella terra, perché lì c’era il petrolio! Chi legge ritiene forse che l’espressione sia esagerata, che la riflessione di quell’autorevole capo di stato fosse più articolata. Invece no, si è espresso proprio così. Anzi, per paura di non essere compreso, D. Trump ha ripetuto più volte petrolio, petrolio (!), affinché anche ai sordi fosse chiara la ragione per la quale i soldati americani venivano lasciati in Siria (dove si trovano tuttora, raddoppiati a 2000 unità).
Quel petrolio – dimenticava di precisare l’allora inquilino della Casa Nera (il colore bianco, nel nostro immaginario, si addice ad altri luoghi) – era di proprietà del governo siriano, un dettaglio insignificante, sfuggito al Principe Atlantico, nobile guida della sola nazione indispensabile al mondo (B. Clinton, 1999). Non fa meraviglia che la Siria – colpita da dure sanzioni sin dal 2011 – non sia stata in grado di difendersi dai terroristi armati e pagati dal reo-confesso saccheggiatore di petrolio altrui.
Sebbene fosse un paese multietnico e multireligioso, perla rara in Medioriente, la Siria di al-Assad non era certo una democrazia scandinava. E proprio per questo andava aiutata a progredire attraverso commercio, investimenti, scambi scientifici e culturali. Nessuno può ora escludere che la storia si prenda la sua vendetta, tramutando in veleno la gustosa pietanza iniziale. I terroristi oggi diversamente colorati potrebbero rendere pan per focaccia agli invasori turchi (i mercenari si vendono al primo offerente!), agli israeliani (quanto potrà durare la tregua dell’odio che li anima contro i figli di Sion?) e agli americani (riusciranno questi a trattenere i turchi intenzionati a liberarsi una volta per tutte dei curdi del Rojava?). A sua volta, è plausibile sia coinvolto anche l’Iraq, un paese che ha già pagato con una guerra insensata e ingiustificata che ha fatto un milione di morti, una guerra voluta dagli Stati Uniti per servire insieme Israele e la loro patologia di dominio universale, una guerra che gli smemorati ambienti occidentali tengono nascosta sotto un vergognoso tappeto.
Pensavamo di essere vaccinati davanti a tante menzogne. Continuiamo invece a stupirci all’ascolto del megafono mediatico, le maschere interscambiabili della politica, i venerabili predicatori televisivi, le maggioranze silenziose, queste sempre inquiete, tuttavia. In un effluvio assordante di vocaboli e concetti, tra cause ed effetti, etica e realismo, storia e leggenda, si staglia maestoso il faro celestiale del Regno del Bene propugnatore di Pace, valori umani, Progresso, libertà di pensiero, difesa di Costituzioni proprie e altrui, e via angelicando.
Magari in tale mondo incantato, come riconoscono persino i suoi più ortodossi difensori, non manca qualche difetto, ma – vivaddio! – la perfezione non è di questo mondo. Sappiamo bene – echeggia quella Voce dall’alto – che il mondo non va nel migliore di modi e che dovrebbe andar meglio, ma attenzione, potrebbe anche andar peggio, anzi molto peggio, ed è una fortuna che lassù vi sia qualcuno capace di contenere caos e barbarie: l’amichevole consiglio è dunque quello di giudicare con moderazione le vicende del mondo e non agitarsi troppo!
Dal 2021, la Casa Nera ha poi avuto un nuovo inquilino (che lì rimarrà fino al 20 gennaio 2025), un anziano signore il cui idioma è compreso solo dagli esquimesi, se escludiamo gli studiosi di sanscrito, e che sarà ricordato dai posteri per le atrocità contro il popolo palestinese di cui è corresponsabile insieme a Israele, per la guerra contro la Russia con il sangue e il territorio ucraini, per le coperture delle furfanterie figliolesche, per l’inclinazione a inciampare sulla scaletta degli aerei e la perdita d’orientamento al termine delle conferenze-stampa. Ci scapperebbe un sorriso pacificatore, se non avessimo a che fare con morti e devastazioni, e se quell’anziano signore non fosse portatore di una valigetta che può mettere la parola fine al genere umano. Quando si solleva timidamente tale questione, i difensori dell’Impero del Bene replicano seccati che in realtà quella valigetta si trova nelle mani di persone con la testa sulle spalle. Ma se è davvero così, di grazia, chi sono costoro, chi controlla siffatti controllori, chi ha loro delegato tale gigantesca responsabilità? Interrogativi che restano drammaticamente senza risposta.
3. Un’altra tra le infinite perle del Padrone Unipolare ci conduce a tale Pompeo Mike, ex-direttore della CIA (2017-2018) e segretario di stato (2018-2021), che in un momento di inattesa verità ammette[3] pubblicamente che la CIA è pagata per rubare, ingannare, frodare. Ascoltando tale insolita confessione, il pubblico presente (Università del Texas!), invece di chiamare la forza pubblica, esplode in una empatica risata seguita da un affettuoso applauso. Di tutta evidenza, non solo per il reo-confesso, ma anche per l’etica accademica americana rubare, ingannare e frodare è considerato un prestigioso compito istituzionale di un corpo dello stato.
Tra le nazioni che a tutela della loro sicurezza fruiscono dei disinteressati servigi dell’Impero Occidentale troviamo beninteso l’Ucraina. Accantoniamo pure il complesso di onnipotenza insieme all’infantile rimozione che un paese entrato in guerra per la sua sopravvivenza e che dispone di 6500 testate nucleare, prima di essere sconfitto ricorrerebbe all’arma atomica. L’Ucraina resta comunque una nazione devastata, governata da un mediocre attore comico, vincitore di un’elezione con un programma di pace, appassionatosi poi alla guerra con il sostegno di una miracolosa polverina bianca. Costui, arresosi alle carezze nostalgiche di una neodemocrazia dalla croce uncinata, insieme ai nobili valori atlantici (i dollari), quando non è in crociera per il mondo vestito da furiere (al fronte è bene che ci vadano gli altri!) trascorre il tempo a intitolare piazze e strade ai veneratori del padre della patria ucraina, l’eroico massacratore di polacchi ed ebrei, Stepan Bandera. L’orologio batte tutto, la memoria svanisce, la coscienza tace.
Ma facciamo un passo indietro. Nel marzo 2007, Wesley Clark, ex-generale a quattro stelle, comandante NATO nella guerra in Kosovo, rilascia un’intervista[4] che andrebbe letta e meditata. Il 20 settembre 2001, dopo un colloquio con il Segretario alla Difesa Rumsfeld e il suo vice Wolfowitz, Clark viene informato (da un suo superiore di cui tace il nome) che gli Stati Uniti intendono attaccare l’Iraq. Al suo sconcerto: “Stiamo aggredendo l’Iraq? perché?”, gli viene risposto: “Non lo so, forse non sanno cos’altro fare”. “hanno trovato qualche prova che collega Saddam ad al-Qaeda?” “No, non c’è niente di nuovo. La decisione di andare in guerra con l’Iraq è stata presa perché, immagino non sappiano bene cosa fare dopo l’11 settembre. Se si ha a disposizione un martello, si vedono chiodi dappertutto”.
In un altro incontro, qualche settimana dopo, Clark chiede: “ma davvero faremo la guerra all’Iraq?” E l’altro: “Oh, è peggio di così” e allungando la mano sulla scrivania, prende un foglio di carta e dice: “Me l’hanno dato poco fa all’ufficio del Segretario alla Difesa. Si tratta di un memo che descrive come far fuori sette paesi in cinque anni, prima Iraq, poi Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan e infine l’Iran”. Prima di congedarsi, Clark chiede: “ma si tratta di un documento classificato?” e l’altro: “certamente”. “Beh, allora non farmelo vedere”. Dopo un anno, Clark incontra di nuovo quel generale e chiede: “Ti ricordi di quel promemoria?” e l’altro: “ma che dici? Non ti ho mai fatto vedere quel promemoria!”. Clark termina l’intervista affermando: “se ripenso a tale episodio e vedo quanto accade in Medioriente, beh allora tutto si chiarisce”.
Sei di quei paesi sono stati invasi/destabilizzati, milioni di morti, feriti e rifugiati, infrastrutture rase al suolo e un’ambiente sociale restituito alla mera sopravvivenza. Ne manca solo uno all’appello, l’Iran, e sentiamo già battere i tamburi. L’aggressione a quel paese, ammesso che Teheran non si doti prima dell’arma nucleare, incendierebbe il Medioriente, colpirebbe a morte le economie occidentali, farebbe milioni di morti, ma andrebbe a beneficio di chi siede in cima alla piramide e all’espansionismo coloniale israeliano, nell’orgoglio compiaciuto di una nazione, gli Usa, che in 250 anni è vissuta in uno stato di pace solo 16 anni e che con il 4,3% della popolazione mondiale intende dominare un pianeta di 8 miliardi di individui!
4. Quanto alla Libia, fino al 2011 per le Nazioni Unite quel paese era quello col più alto indice di sviluppo umano di tutta l’Africa. In quell’anno, il paese viene bombardato e destrutturato dalla Nato senza alcuna plausibile ragione e beninteso in barba al diritto internazionale, per di più contro gli interessi europei e in particolare dell’Italia, all’epoca legata da vantaggiose relazioni con M. Gheddafi, aprendo per di più la porta a un’immigrazione da allora fuori controllo. Per gli Usa quella guerra era in linea con il cosiddetto ordine basato sulle regole (rules-based order), principio che definire comico è un complimento, basato sulla quotidiana volubilità delle gerarchie imperiali e citato a manetta dall’algido blateratore di falsità, Blinken Antony – tra i peggiori segretari di stato che la storia americana ricordi, in coppia con il suo compagno di merende, il consigliere per la sicurezza nazionale Sullivan Jake, anche lui in fondo alla lista della sua categoria. Un ordine incantevole quello basato sulle regole, difesa anche dalla Presidente del Consiglio italiana in visita a Pechino alcuni mesi orsono, chissà, forse nel convincimento che i cinesi avessero l’anello al naso e prendessero sul serio il suo arguto ragionare di geopolitica mondiale.
Della cupa Unione Europea abbiam detto più volte, un’entità colonizzata e assuefatta alla violazione di rilevanti principi di etica pubblica e privata. Aiuta ad attenuare la depressione la circostanza che essa non sia più, da tempo, protagonista della scena internazionale. Quanto all’Italia, il solo aspetto degno di nota è la cura che i suoi dirigenti riservano nella lucidatura dei bottoni della livrea da maggiordomo, che indossano però, questo non può essere sottaciuto, con gran dignità! È motivo di relativa consolazione che il Sud nel mondo – le nazioni resistenti e/o emergenti – sia in ricerca di altri orizzonti, verso un mondo plurale e multipolare non più asservito alla finanza globalista guidata dalle corporazioni americane e dallo stato profondo e bellicista degli Stati Uniti. I Brics, la Sco, l’Unione economica eurasiatica, la Rcep e altri raggruppamenti continentali costituiscono un’incoraggiante manifestazione di recupero di quella sovranità di ciascun popolo che un giorno potrebbe proiettare una benefica influenza persino sull’Occidente.
Il trucco c’è, dunque, si vede ma non importa niente a nessuno! Distrazione, offuscamento dell’intelletto, confusione prefabbricata, affollamento di notizie, scetticismo pervasivo e altro ancora è tuttavia condito dal convincimento che la società è un dato immodificabile. E questo è un male.
Eppure, mentre una palingenesi della società americana non è alle viste, resta quindi la speranza di un bilanciamento che l’asse della resistenza potrà indurre attraverso il consolidamento della barricata di resistenza. Non possiamo anticipare i tempi, ma prima o poi gli uomini di buona volontà vedranno l’’alba di un nuovo orizzonte. Noi non ci saremo, pazienza. Sarà sufficiente il ricordo che anche noi abbiamo contributo.
Dove prevale la menzogna, la verità incute terrore, genera disordine, annienta l’illusione solipsista del Potere, emerge come un gigantesco salto nel buio. Essa resta d’altra parte imprescindibile per chi cerca la salvezza. Se l’uomo vorrà distruggere il mondo dei fabbricatori di morte e sopravvivere, non potrà sottarsi a quell’orizzonte. La verità annienterà quel che deve essere annientato. Lorsignori possono starne certi.
“A bloccare la via – affermava J. M. Keynes, il grande economista liberale del XX secolo, difensore di un’economia etica a favore del benessere condiviso e dei bisogni essenziali degli uomini.- vi sono solo alcuni anziani signori, stretti nei loro abiti talari, che hanno bisogno di essere trattati con un po’ di amichevole irriverenza e buttati giù come birilli”.
In una società dove la maggioranza appare rassegnata alla schiavitù di un’alienazione pervasiva, narcotizzata nel torpore smartfonico e davanti a uno schermo televisivo, soccorre il pensiero salvifico di Franz Grillparzer: se poi il mio tempo mi vuole avversare, lo lascio fare tranquillamente. Io vengo da altri tempi, e in altri spero di andare.
[1] https://www.caitlinjohnst.one/p/that-which-can-be-destroyed-by-the?utm_source=post-email-title&publication_id=82124&post_id=153183786&utm_campaign=email-post-title&isFreemail=true&r=13lc4d&triedRedirect=true&utm_medium=email
[2] https://www.newsweek.com/donald-trump-us-troops-syria-oil-bashar-al-assad-kurds-wisconsin-rally-1482250
[3] https://www.youtube.com/watch?v=ZCjWAq7563I
[4] https://www.globalresearch.ca/we-re-going-to-take-out-7-countries-in-5-years-iraq-syria-lebanon-libya-somalia-sudan-iran/5166 https://genius.com/General-wesley-clark-seven-countries-in-five-years-annotated
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