A rischio povertà un abruzzese su quattro

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Un abruzzese su quattro è a rischio povertà o esclusione sociale. Questo dato, emerso dagli ultimi rapporti statistici regionali e nazionali, conferma un trend preoccupante che coinvolge non solo l’Abruzzo, ma gran parte del Mezzogiorno italiano. Tuttavia, in una regione caratterizzata da profonde disuguaglianze territoriali, il fenomeno assume sfumature particolarmente drammatiche, richiedendo un intervento rapido e coordinato da parte delle istituzioni.

I numeri della crisi

Secondo l’Istat, il 25,3% degli abruzzesi vive in condizioni economiche precarie, con difficoltà ad accedere ai beni di prima necessità, servizi essenziali e opportunità lavorative stabili. Questo dato è in linea con la media del Sud Italia, ma appare aggravato da una stagnazione economica che colpisce soprattutto le aree interne della regione, come le province dell’Aquila e di Chieti, dove la mancanza di infrastrutture e il calo demografico amplificano il disagio sociale.

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Il problema è trasversale, colpendo famiglie numerose, giovani precari, disoccupati e anziani con pensioni minime. La crisi economica degli ultimi anni, esacerbata dall’inflazione e dall’aumento dei costi energetici, ha spinto molte persone a ricorrere a misure di sostegno pubblico, come il Reddito di Cittadinanza, che però non è riuscito a invertire la rotta per molti nuclei familiari.

Il ruolo del lavoro precario

Uno degli aspetti più critici è la precarizzazione del mercato del lavoro. Nonostante l’Abruzzo sia storicamente una regione con un tessuto imprenditoriale vivace, in particolare nel settore agroalimentare e manifatturiero, molti contratti di lavoro sono a tempo determinato o mal retribuiti. La pandemia ha poi accentuato queste difficoltà, spingendo un numero crescente di persone a uscire dal mercato del lavoro o a migrare verso altre regioni d’Italia e d’Europa in cerca di opportunità migliori.

Secondo un’analisi condotta dalla Cgil Abruzzo, oltre il 35% dei lavoratori dipendenti nella regione guadagna meno di 1.000 euro al mese, una cifra insufficiente per affrontare i crescenti costi della vita, soprattutto nelle aree urbane come Pescara e Teramo.

Le conseguenze sociali

Le ripercussioni di questa crisi economica si riflettono su tutti gli aspetti della vita sociale. L’aumento della povertà relativa ha portato a un incremento della richiesta di aiuti presso le Caritas e le associazioni di volontariato. Solo nel 2023, il numero di persone che hanno richiesto pasti gratuiti o sostegno alimentare è aumentato del 15% rispetto all’anno precedente.

Anche l’accesso all’istruzione e alla cultura è diventato più difficoltoso per molte famiglie. Bambini e ragazzi provenienti da contesti svantaggiati trovano maggiori ostacoli nell’accedere a strumenti tecnologici e attività educative, creando un circolo vizioso di esclusione sociale.

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Di fronte a questa emergenza, le istituzioni regionali hanno annunciato nuove misure per contrastare la povertà. Il presidente della Regione Abruzzo ha recentemente presentato un piano straordinario di inclusione sociale, che prevede investimenti in politiche attive del lavoro, sostegno economico alle famiglie in difficoltà e incentivi per le imprese locali. Tuttavia, molte associazioni denunciano che i fondi stanziati non siano sufficienti e che manchi una visione a lungo termine per risolvere il problema alla radice.

L’appello alla solidarietà

Mentre le istituzioni cercano soluzioni strutturali, cresce il ruolo del volontariato e della solidarietà locale. In molte comunità abruzzesi, gruppi di cittadini e associazioni stanno organizzando raccolte alimentari, sportelli di supporto psicologico e iniziative di reinserimento lavorativo.

“Non possiamo lasciare nessuno indietro,” afferma il direttore della Caritas di Pescara, che sottolinea l’importanza di creare reti di sostegno comunitarie. “La povertà non è solo una questione economica, ma riguarda la dignità delle persone e il futuro delle nostre comunità.”

Conclusioni

L’emergenza povertà in Abruzzo rappresenta una sfida complessa e urgente, che richiede un approccio integrato e la collaborazione tra istituzioni, associazioni e cittadini. Solo attraverso un impegno collettivo sarà possibile garantire un futuro più equo e sostenibile per una regione che, nonostante le difficoltà, conserva un grande

potenziale umano e territoriale.

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