Buste paga, gli stipendi del Nord Italia più alti del Sud: si guadagnano 8.450 euro in più. Modena al quarto posto in Italia, ecco la classifica

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MODENA. È un’Italia che – in busta paga – viaggia veramente a due velocità, quella che emerge da una analisi del Centro studi della Cgia di Mestre. Infatti le differenze retributive tra i lavoratori dipendenti privati del Nord e i colleghi del Sud sono evidentissime: se i primi percepiscono una busta paga di circa 2mila euro lordi al mese, quella dei secondi, invece, sfiora i 1.350. In buona sostanza nel settentrione si guadagna mediamente quasi il 50 per cento in più; pari, in termini monetari, a +8.450 euro lordi all’anno. Per questo mese di dicembre, ovviamente, lo spread riguarda anche la tredicesima mensilità che viene pagata proprio in questi giorni.

L’analisi della Cgia di Mestre

Per la Cgia «è chiaro che queste disuguaglianze salariali molto marcate sono legate al caro-vita e alla produttività che sono nettamente superiori al Nord rispetto al Sud; al fatto che i valori retributivi medi sono condizionati negativamente dalla presenza dei contratti a termine, che gravitano in particolare nel Mezzogiorno e alla concentrazione delle multinazionali, dei grandi gruppi industriali e degli istituti di credito/finanziari/assicurativi che, rispetto alle Pmi, erogano stipendi più pesanti, ma non sono distribuiti uniformemente lungo tutto lo stivale. La presenza di queste realtà, infatti, si raccoglie, in particolar modo, nelle grandi aree urbane del Nord».

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Il monte salari lordo

Nel 2023 il monte salari lordo erogato ai 17,3 milioni di lavoratori dipendenti privati presenti in Italia ha toccato i 411,3 miliardi di euro: equivalenti ad una retribuzione media mensile lorda di 1. 820 euro, il 3,5 per cento in più rispetto al 2022, anche se l’inflazione, sempre l’anno scorso, è cresciuta molto di più, per l’esattezza il 5,7 per cento. La Cgia segnala infine, che oltre il 60 per cento dell’ammontare complessivo delle retribuzioni erogate nel Paese sono state pagate ai lavoratori del Nord.

Il Nord Italia domina

L’area geografica con gli stipendi medi più alti è Milano: nel capoluogo regionale lombardo la retribuzione mensile media nel 2023 è stata di 2. 642 euro. Seguono i dipendenti privati di Monza-Brianza con 2.218 euro e i lavoratori delle province ubicate lungo la via Emilia. Ovvero, Parma con una busta paga lorda di 2. 144 euro, Modena con 2. 129 euro, Bologna con 2.123 euro e Reggio Emilia con 2.072 euro. Più indietro resta invece Piacenza, al 27esimo posto con 1.875 euro lordi al mese, Ravenna al 36esimo posto (1. 775 euro) , Forlì-Cesena al 45esimo posto (1.697 euro) e Ferrara al 49esimo posto (1. 662 euro) . Molto indietro Rimini, che è all’81esimo posto con una busta paga media di 1.370 euro lordi (sta poco sotto Palermo), anche se si può consolare con un aumento annuo delle retribuzioni del 4,1%, il più alto della regione.

La situazione nel Sud Italia

Nella graduatoria nazionale che include 107 province, la prima realtà geografica del Mezzogiorno è Chieti che occupa il 55° posto con una retribuzione mensile media di 1.598 euro. Infine, tra le province con le retribuzioni più “leggere” Trapani con 1.143 euro, Cosenza con 1.140 euro e Nuoro con 1.129 euro. Maglia nera a livello nazionale è Vibo Valentia, dove i dipendenti occupati in questo territorio percepiscono uno stipendio mensile medio di soli 1.030 euro.

La tredicesima

La Cgia ricorda come nei periodi di crisi del 2008/2009 e del 2012/2013, numerose piccole e micro imprese a causa della mancanza di liquidità erogarono la gratifica natalizia in ritardo. Quest’anno, invece, non sembrano esserci problemi e fino ad ora, al netto di alcune situazioni di crisi conclamate, non sono state segnalate criticità per la tredicesima, anche nei settori che hanno subito un significativo rallentamento produttivo; come la filiera automobilistica, il comparto della moda, il legno-arredo e la meccanica. La Cgia riconosce tuttavia che se in Italia le disuguaglianze salariali a livello geografico sono importanti, grazie a un preponderante ricorso alla contrattazione centralizzata, abbiamo differenziali intra-settoriali più contenuti rispetto agli altri Paesi.

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La contrattazione 

Per contro, la scarsa diffusione in Italia della contrattazione decentrata – molto diffuso in Germania – non consente ai salari reali di rimanere agganciati all’andamento dell’inflazione, al costo delle abitazioni e ai livelli di produttività locale, facendoci scontare dei gap retributivi medi con gli altri paesi molto importanti. Una situazione che ha penalizzato in particolar modo i lavoratori settentrionali. L’associazione evidenzia come siano ancora pochi i lavoratori che beneficiano della contrattazione di secondo livello. Nell’analisi statistica sulla contrattazione decentrata realizzata dall’Istat, infatti, solo il 23,1 per cento delle imprese con almeno 10 dipendenti del settore privato applica un contratto decentrato. Si stima che i lavoratori coinvolti sarebbero il 55 % dei dipendenti totali delle imprese con almeno 10 addetti, pari, in termini assoluti, a 5, 6 milioni di lavoratori. L’Istat, precisa che questi lavoratori non possono essere considerati come la platea esatta dei dipendenti coperti dalla contrattazione decentrata, in quanto, non tutti gli addetti potrebbero essere interessati dall’applicazione di questa misura.



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