C’è una sorta di tendenza di tipo ottimistico che, per noi moderni, risale all’Illuminismo, a ritenere che, con lo scorrere del tempo l’uomo affinerà sempre di più le sue capacità razionali, si libererà di superstizioni, religioni, stregonerie e che sarà l’uso della ragione a salvare il mondo, a renderlo sempre migliore, a realizzare la felicità e il diritto a una vita dignitosa. Alla ragione, che in Hegel trovava, attraverso la dialettica, la sua realizzazione in itinere, Marx ha sostituito la lotta di classe, ma sempre nella superiore visione della costruzione di un mondo che, fondato sull’uguaglianza e su un corretto uso della ragione, oltre che delle risorse economiche, si potesse costruire un mondo nuovo di pace. Sulla ragione, come mezzo di salvezza, oltre che di stabilizzazione, si volle credere anche quando, dopo le devastazioni dell’ultimo conflitto mondiale, i responsabili dei vari stati si sedettero a un tavolo per dar vita all’ONU (c’era stato prima, ma senza grande successo, il tentativo di creare la Società delle Nazioni), cioè a un’organizzazione che risolvesse “a tavolino” i conflitti tra i vari stati e che disponesse di una capacità militare d’intervento per mettere fine ad ogni tipo di conflitto. Tentativo razionale, ma che già conteneva i suoi paletti: agli stati più forti fu garantito il diritto di veto, ovvero il controllo sulle decisioni più importanti, e la facoltà di bloccare qualsiasi momento di conflitto contrario ai propri interessi, mentre le risoluzioni approvate a maggioranza non sono andate oltre una generica dichiarazione d’intenti, quella che Greta chiama “blablabla e blablabla”: in realtà i cosiddetti “sovranisti” non hanno mai visto con interesse il fatto che un’organizzazione internazionale potesse limitare le proprie voglie di esibire muscoli, o di portare avanti una politica di potenza nei confronti degli stati vicini. E così’ l’ONU ha messo da parte la politica d’intervento militare e si è dedicata ad altre attività umanitarie e culturali e ambientali che non danno fastidio a nessuno. Le missioni militari, sempre più ridotte, hanno avuto la funzione di blando deterrente, incapace anche di dare una risposta alle provocazioni, come successo nel caso delle bravate israeliane contro il contingente in Libano.
Spesso, passato il momento del contendere, quando le forze Onu si sono ritirate, tutto è tornato nella stessa situazione di prima. E’ tempo che questa organizzazione torni a fare i conti con se stessa, con le motivazioni con cui è nata, e se non è capace di farvi fronte, che vada a casa e si sciolga questo elefantiaco apparato che divora le risorse dei cittadini senza garantire loro l’obiettivo più grande, la pace. Dovrebbe essere l’ONU a invitare perentoriamente a un tavolo i responsabili dei vari conflitti mondiali, dalla Palestina alla Russia e obbligarli al trattare, invece non esiste né la capacità militare né la voglia di dire basta. Dovrebbe essere l’ONU a prevenire i conflitti, a invitare perentoriamente i capi di stato che si sentono troppo stretti sul proprio territorio, a starsene al loro posto, pena sanzioni, non solo economiche. Si scatenerebbe una guerra contro l’ONU? Ma l’ONU dovrebbe essere in grado di saperla vincere. Chi è disposto a investire risorse per un tale fine? Pochi stati, forse quelli più deboli e indifesi, dal momento che alla maggioranza non piace che qualcuno possa intromettersi nelle proprie vicende.
E arriviamo all’altro corno del problema: perché gli uomini hanno questa smania di scannarsi, di prevalere l’uno sull’altro? Empedocle aveva intravisto in Necros e Filia, l’istinto di morte e quello dell’amore, le forze che ordinavano e disordinavano l’universo. Nulla di diverso da quanto presente nell’antica filosofia cinese, sull’esistenza, alla base di tutto, delle due forze, lo yin e lo yang che regolano il mondo; sono opposti, così come qualunque cosa ha un suo opposto, non assoluto, ma in termini comparativi, e niente cosa può essere completamente yin o completamente yang, poiché in ogni cosa è il seme del suo opposto. Se vogliamo aggiornarci arriviamo a Freud e alla sua contrapposizione di Eros e Thanatos, da cui nasce e si riproduce la vita, in costante conflitto con l’intervento della violenza e della morte. E pertanto chi si illude che possa esistere un mondo di pace, metta la pace nel suo cuore, cioè si metta il cuore in Pace, perché, sarà pure idiozia, stupidità, autolesionismo, reazione emotiva, gelosia, follia, brama di potere, violenza, assassinio, l’uomo ha il suo ego e il suo alter ego in queste due entità che lo spingono a incontrarsi e a scontrarsi con i suoi simili. Potrà essere auspicabile, ma non realizzabile un mondo senza guerre, anzi, nella famosa risposta che Freud diede a Einstein, in quel momento, alla vigilia della seconda guerra mondiale, Thanatos aveva una marcia in più.
Oggi contiamo almeno cento conflitti armati in corso e considerando l’esistenza di gruppi organizzati composti da guerriglieri privati o da gruppi armati nazionali, il conto sale a 187, agli inizi di quest’anno il conto secondo l’ Uppsala Data Conflict Program. Siamo ben al di là del numero citato dal presidente Mattarella nel suo discorso di auguri di fine anno ai corpi diplomatici: “.Rilevazioni recenti fanno registrare ben 56 conflitti in atto – il numero più alto dal tempo della Seconda Guerra mondiale – in un contesto di deterioramento generalizzato delle condizioni di sicurezza. I fronti di guerra si moltiplicano rapidamente e la comunità internazionale non riesce a contrastarli. Non si tratta di una impotenza oggettiva. Come sovente accade, è il risultato di scelte, più o meno consapevoli.
Il numero dei morti 238.000 morti, di cui 100.000 solo nel conflitto in corso in Etiopia. Le cifre sono aggiornate al febbraio passato, ma ad oggi sono da aggiungere i circa 50 mila palestinesi, ormai votati al genocidio più feroce, e i 38 mila dell’Ucraina, dove 14 milioni di persone non hanno più una casa e ci sono 6 milioni di sfollati, 18 milioni le persone che hanno bisogno di aiuto, oltre gli 8 milioni di persone che hanno lasciato l’Ucraina per cercare protezione in Europa. Secondo dati ucraini la Russia avrebbe perso 105.960 soldati durante il primo anno, 253.270 nel 2023 e 360.010 dall’inizio del 2024, ma sono stime non sempre attendibili, perché le cifre vengono occultate dalle parti in causa, per motivi bellici. Secondo il Wall Street Journal, al passato settembre è stata ipotizzata una stima di un milione di vittime, tra morti e feriti, ovvero più di qualsiasi altro conflitto in corso in questo momento.
Per questo l’iniziale riflessione su un organismo mondiale che faccia guerra a chi fa guerra, per mettere fine alla guerra, lascia spazio a molte perplessità, poiché bisognerebbe combattere l’aggressore con le sue stesse armi, che non hanno niente di pacifico. In tal senso mi è venuto in mente, nel primo congresso di Democrazia Proletaria un partigiano, credo medaglia d’oro, di cognome Gracci, che mi disse: “Eh, caro mio, per combattere la mafia, bisogna usare le stesse armi dei mafiosi”, cioè acquisirne la mentalità, in una parola, bisogna saper diventare mafiosi. Il che significa andare oltre le regole dello stato di diritto, oppure, se si voglia contare sulle leggi e i mezzi dello stato, questo dovrebbe assumere l’identità di ciò che vuol combattere. Alla fine ci troveremmo davanti a una sorta di Polizia internazionale, alla quale affidare specifici poteri che, se nelle mani di un singolo o di pochi, lascerebbe il rischio di pensare a un Ordine mondiale capace di tenere tutto sotto controllo, compito che spetterebbe a dio. E se non lo fa dio, perché dovrebbe farlo l’uomo? Alla fine sarebbe il rischio da correre se si vuole “vivere in pace”, confermando, in ogni caso, lo status quo, con forti perplessità nella salvaguardia di quel grande sentimento che si chiama “libertà”, alla quale tanti rinunciano senza pensarci due volte, o che non sanno difendere, anche a rischio di mettere in gioco la vita.
Tratto da: ilcompagno.it
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