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Davvero ci voleva Bella Freud con il suo video-podcast Fashion Neurosis per dirci che anche la moda non è mai stata solo una questione di abiti? Sappiamo che magari quando ci si trova davanti all’armadio per scegliere il proprio look non si pensi automaticamente alla relazione abbigliamento-identità (e quanto questo binomio possa nascondere determinati traumi personali), quanto piuttosto a creare un look stylish o, semplicemente, a non fare una cozzaglia di colori e capi. Ma andiamo, l’abbigliamento di fatto è sempre stato un linguaggio sottile, un codice estetico che intreccia significati personali, sociali e politici.
Tuttavia, tralasciando per un momento la storia, ammettiamo che oggi più che mai, la moda sembra voler sottolineare apertamente la liaison con la psicologia, la filosofia e la cultura, in modo da dichiarare senza filtri come sia uno specchio delle nostre identità e delle dinamiche collettive. Insomma sì, è possibile che dopo alcune riflessioni guarderete i vostri vestiti diversamente, leggendovi un’estensione del vostro inconscio, una mappa visibile di emozioni, di desideri e di ambizioni nascoste. E questo, che vi piaccia o meno!
Stenditi, rilassati e dimmi: «Perché ti sei vestito così?»
Bella Freud prima di tutto è stata una stilista (pochi se lo ricordano ma a lei fu affidato il rilancio di Biba, ndr). Poi, si è reinventata grazie anche alla nomea di nipote e la potenza di un cognome non proprio qualunque: quello appunto di Sigmund Freud. L’aspetto che più di tutti le ha fatto guadagnare successo è che con il suo podcast esplora il mondo della moda attraverso un format originale, puntando sulla conversazione e, soprattutto, sui racconti intimi e introspettivi di personalità molto note al fashion system. Insomma, designer, modelle e creativi, in un modo o nell’altro sono a un certo punto chiamati a raccontare la moda da un altro punto di vista: quello più umano e meno “vip”.
Cosa raccontiamo di noi stessi quando scegliamo cosa mettere? Come iniziamo a scegliere un outfit? Perché scegliamo di indossare quello che indossiamo? Sono tutte domande che Bella Freud chiede esplicitamente (o sottende) ai suoi “pazienti” una volta stesi sul divanetto. È così che infatti potrete ascoltare della insicurezza/timidezza iniziale di Jonathan Anderson davanti a una videocamera, dell’esperienza poco piacevole di Kate Moss con un fotografo, del perché Rick Owens indossi quasi sempre i tacchi. La moda, dentro e fuori la stanza elegantemente arredata di Bella, diventa un veicolo per esprimere l’io interiore, un mezzo per elaborare il rapporto con il corpo, con gli altri e con il mondo attraverso un processo psicologico profondo.
Già dal video-podcast di Bella Freud si capisce quindi che il fashion non è tutto glamour e scintillio. Al di là delle vicissitudini private degli intervistati, in generale il rapporto con la moda può essere complesso e persino conflittuale. Come abbiamo approfondito in passato, i modelli estetici dominanti possono incidere negativamente sulla salute mentale, tanto più quando entrano in gioco le taglie dei vestiti che, il più delle volte, o si modellano su standard fisici non validi universalmente o sono il risultato di strategie marketing utili per la vendita ma che possono alimentare insicurezze e distorsioni della propria immagine corporea.
Tra filosofia e lessico della moda: l’abito come armatura
Giunti a questo punto, è corretto affermare che indossare un capo non è mai un gesto neutro, ma un’azione che comunica. Attraverso le gli abiti, i colori e i materiali, costruiamo un’immagine di noi stessi che può confortare, provocare, o persino sfidare le convenzioni sociali. Questo intreccio tra moda e semantica non è nuovo, ma acquista una maggiore rilevanza se posto in relazione al suo lato più filosofico. Un approccio, quest’ultimo, che Alessandro Michele conosce molto bene e che esplora nel suo libro “La vita delle forme. Filosofia del reincanto”, scritto a quattro mani con Emanuele Coccia.
La ora guida allo stile di maison Valentino infatti concepisce la moda come un universo simbolico, in cui ogni vestito è una forma di vita, un frammento di cultura che racchiude storie, sogni e visioni del mondo. In una lunga intervista a Vogue, si racconta come negli anni il designer abbia allegato alle sue collezioni dei micro trattati di filosofia e di come lui stesso si stupì del modo in cui: «I filosofi possano essere persino più precisi di uno storico del costume nel cogliere la radice delle cose, senza nemmeno accennare direttamente agli abiti.
La moda non è che l’insieme dei mezzi e delle pratiche attraverso cui una vita prova a reinventare la propria forma, così la filosofia non è che l’insieme dei desideri e delle conoscenze che ci permettono di vivere più intensamente. Per questo sono così legate. Entrambe non sono che il riverbero della materia della vita»
Una sana seduta di terapia della moda
A Bella Freud va riconosciuto il merito di aver infranto un mezzo tabù. Chiarendo, con il proprio tone of voice (furbescamente apprezzabile sui social), come la moda non possa più essere vista come qualcosa di superficiale, ma sia piuttosto una finestra aperta sull’anima dell’individuo e della società. Un riflesso di ciò che siamo e/o di ciò che aspiriamo a diventare.
Che si tratti di un abito audace su una passerella, di una T-shirt con uno slogan ribelle-politico o di un podcast che esplora il lato nascosto dell’estetica, il mondo patinato continuerà a essere un potente strumento sociologico. Un mezzo per svelare le vostre identità e affrontare gli scenari moderni. Seppur con tutte le sue apparenti contraddizioni e nonostante non capiate ancora perché una borsa a forma di piccione sia andata sold out nel tempo di un battito di ciglia.
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