“Diritto alla casa, no a famiglie come presepi viventi”

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Troppe persone sono escluse da un diritto all’abitare dignitoso, e si trasformano in “presepi viventi”. Ciotti: “Natale è la storia di una famiglia in viaggio, che non trova dove sostare. Non c’era posto per loro così una giovane donna è costretta a partorire in un rifugio di fortuna”.

Luigi CiottiDirettore editoriale lavialibera

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24 dicembre 2024

“Natale è la storia di una famiglia in viaggio, che non trova dove sostare – scrive su La Stampa di oggi don Ciotti -. ‘Non c’era posto per loro nell’albergo‘ (Lc 2,7): così una giovane donna è costretta a partorire dentro un rifugio di fortuna, ai margini del centro abitato. È un’immagine che fa riflettere sui tanti presepi che purtroppo rappresentano una realtà quotidiana nelle nostre città”.

Il diritto alla casa, una battaglia storica

Alla vigilia di Natale mentre ci prepariamo a incontrare parenti e amici, per condividere doni e cibo, al caldo a casa, arriva una riflessione dal presidente di Libera e del Gruppo Abele, proprio sulla casa, il luogo della condivisione e della vita. Scrive: “Quella per il diritto alla casa, negli anni Settanta e Ottanta, è stata una delle prime battaglie del Gruppo Abele a Torino, e di tante altre realtà in Italia. Allora lamentavamo la mancanza di vani disponibili per accogliere chi arrivava in città in cerca di lavoro e futuro. Chiedevamo un’edilizia sociale per fare fronte a quella crescita demografica impetuosa. Ma oggi è tutto diverso, perché le nostre città si spopolano e le case rimangono vuote… Come è possibile allora che tante persone siano escluse dal diritto a un abitare dignitoso?”.

Negli anni Settanta e Ottanta chiedevamo un’edilizia sociale per fare fronte a una crescita demografica impetuosa. Ma oggi è tutto diverso, perché le nostre città si spopolano e le case rimangono vuote. Come è possibile che tante persone siano escluse dal diritto a un abitare dignitoso?

Milioni di case sfitte

Dai dati Istat del censimento permanente della popolazione e delle abitazioni del 2021 risulta che nel nostro paese siano 10 milioni le case vuote, senza utilizzo. Mentre la stima delle persone senza fissa dimora ammonta a circa 50mila. Gli spazi per accogliere ci sono, insomma. Ma l’accoglienza continuiamo a immaginarla come un moto di cuore, soprattutto a causa di rigidi luoghi comuni. Quando parliamo di senza fissa dimora non bisogna pensare solo allo stereotipo del clochard. Sono, scrive don Ciotti, “tante le famiglie respinte ai margini e costrette a vivere dentro spazi inadeguati, difficili da definire case. Tanti gli uomini e le donne sotto ricatto, che pagano a carissimo prezzo sistemazioni illegali e fatiscenti. Tante le persone per le quali sembra non esserci posto, e che quel posto lo cercano agli angoli delle vie, sotto i portici o fra i binari delle stazioni.

Ci sono le situazioni di povertà estrema, di disagio psichico o di invisibilità legata alla mancanza di documenti validi, e ai tempi lunghi della burocrazia per ottenerli. Ma ci sono anche situazioni di relativo benessere, che tuttavia si vedono precluso l’accesso a un alloggio decente: famiglie straniere regolari con un salario fisso, studenti universitari, giovani coppie con lavori precari incapaci di trovare un appartamento, pur potendolo pagare”.

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Il mattone, strumento di giustizia sociale

Il problema del diritto alla casa, a una vita in uno spazio accessibile, dignitoso e protetto è diffuso in tutta Italia. Tanto che da tempo la società civile cerca e propone delle soluzioni. “Un vasto movimento di associazioni e gruppi che a livello nazionale ha deciso di incrociare informazioni ed esperienze, porta il nome di Social Forum dell’Abitare, ed è composto da realtà che conoscono bene il fenomeno, perché ogni giorno si adoperano accanto alla gente che cerca disperatamente un tetto, senza nessuna stella cometa a guidarla. Fra i tanti problemi individuati, il principale è politico: continuare a vedere nel mattone solo uno strumento di ricchezza privata, e non anche di giustizia sociale“.

I movimenti popolari sono la risposta alla politica degli interessi

Le proposte per rispondere all’emergenza ci sono: “Sul piano degli affitti, servono forme efficaci di mediazione fra proprietari e inquilini, garantendo ai primi il rispetto dei propri beni, e ai secondi canoni abbordabili. Sul piano dell’edilizia pubblica bisogna valorizzare il patrimonio esistente, investendo nella rigenerazione degli immobili in degrado, anziché promuovere una nuova cementificazione degli spazi. Quando pensiamo alle persone più fragili, dobbiamo estendere l’accesso alla residenza, combattere il razzismo abitativoe la speculazione dei ‘ras delle soffitte’. Ma è necessario anche convincere chi detiene grandi proprietà immobiliari a renderle disponibili, con le dovute tutele. In sintesi: richiamare l’attore pubblico alle sue responsabilità, e difendere i diritti di chi non ha nulla di fronte alle paure e all’inerzia di chi ha molto!”.

Vogliamo vedere garantito nei fatti quel diritto all’abitare che è premessa irrinunciabile del benessere personale e sociale

Conclude don Ciotti: “La stalla col bue e l’asinello è un’immagine della tradizione cara a tutti noi, e per chi ha fede ha un significato teologico alto. Ma nell’Italia del 2025 non vogliamo più vedere famiglie trasformate in presepi viventi! Vogliamo invece vedere garantito nei fatti quel diritto all’abitare che è premessa irrinunciabile del benessere personale e sociale. La cometa, in questo caso, è la nostra Costituzione, che ci indica la strada per una realizzazione vera di questo come di ogni altro diritto di base”.

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