Roberto Reggi: “Ecco perché mi ricandido alla guida della Fondazione di Piacenza e Vigevano”

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Roberto Reggi: chi nutriva ancora qualche dubbio si metta il cuore in pace. Il presidente della Fondazione di Piacenza e Vigevano si candida per un secondo mandato con tutta la sua squadra. E lo fa ufficialmente con questa intervista concessa alla nostra testata. “La continuità è un valore, per la nostra Fondazione e per tutte le Fondazioni italiane”, afferma Reggi. “Consapevoli che si possono fare due mandati, in generale i presidenti e le squadre che portano con sé vengono rinnovati per un secondo incarico. Quindi anche noi siamo pronti a proseguire nel nostro lavoro per i prossimi quattro anni”.

Cosa porta in dote ai territori di Piacenza e Vigevano, presidente Reggi?
“Partiamo dal bilancio che chiuderemo alla fine di quest’anno. Siamo consapevoli di aver fatto il massimo e anche molto bene. A parità di tassazione, il bilancio 2024 è il migliore di sempre nella storia della Fondazione di Piacenza e Vigevano. Siamo riusciti a fare degli ottimi investimenti, rimodulando il portafoglio finanziario e quindi abbiamo massimizzato i proventi, raggiungendo un record notevolissimo”.

Ci può anticipare qualche cifra?
“Dal 2021 ad oggi siamo passati da erogazioni che erano attorno ai 5,2 milioni di euro a 9,2 milioni. Quindi, abbiamo quasi raddoppiato le erogazioni annuali, grazie a questi buoni investimenti. Il tutto, con un utile pari a quello dello scorso anno, di oltre 10 milioni, e, tengo a sottolineare, a incremento di patrimonio, che per la nostra Fondazione si avvicina ormai ai 400 milioni. Questo aumento delle erogazioni ci consente di rispondere al fabbisogno in particolare di natura sociale. Una domanda che è in crescita esponenziale”.

A che cosa si riferisce?
“Per esempio al sistema del welfare, che nel prossimo piano strategico andrà rivisto. Così com’è organizzato oggi non è più in grado di rispondere all’aumento della domanda di chi non ce la fa. Le risorse non bastano più, dobbiamo trovare un nuovo modello che coinvolga i privati nella promozione della ‘charity’. C’è un bisogno che cresce non solo nel mondo degli anziani, ma anche tra i giovani e negli adolescenti in particolare”.

A Piacenza, negli ultimi mesi, effettivamente è emerso un disagio giovanile sempre più pressante.
“È indubbio che lo scenario giovanile sta cambiando e noi con gli strumenti tradizionali non siamo adeguati ad affrontare questi problemi. I centri educativi, il puntare molto sullo sport, sulle attività di animazione, non basta più per offrire opportunità di sviluppo e valorizzazione delle potenzialità inespresse ai ragazzi che non si realizzano nell’attività scolastica”.

Quindi, presidente Reggi?
“Oggi per esempio funzionano molto di più gli educatori di strada, che vanno a cercare i giovani nei loro luoghi di aggregazione, ma per questi operatori ci sono poche risorse. Bisogna riuscire a fare un’operazione educativa nella consapevolezza che c’è una debolezza diffusa proprio nella comunità educante. Parlo della famiglia, della scuola, delle parrocchie che non ce la fanno più. Insomma, stanno venendo meno le forze che una volta costituivano questa comunità educante, che va in qualche modo ripristinata e rivista con altri meccanismi. Credo che il sistema vada ripensato e sia un tema d’importanza strategica per tutti noi. E le dirò di più, oggi ci sono le condizioni politiche per farlo”.

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Ci spieghi…
“A Piacenza c’è un clima politico molto favorevole alle collaborazioni. Il buon senso sta prevalendo sulle differenze di partito. Guardi alla Provincia: come avete raccontato anche in un vostro articolo, ci sono condizioni di equilibrio e le cose si fanno insieme. In città, al di là delle polemiche che ci sono sempre, il Comune ha una certa stabilità e può lavorare per fare un piano strategico di lungo periodo. Dunque, ci sono le condizioni per creare dei tavoli di lavoro e immaginare forme inedite di supporto a queste nuove fragilità. Penso per esempio al successo del nostro bando Youthbank, dove i giovani imparano a fare i banchieri e finanziano i progetti imprenditoriali di altri coetanei: è un modello da seguire. Dobbiamo lavorare su questi meccanismi, dove i giovani lavorano per i giovani supportati da adulti esperti”.

E dove anche la mediazione culturale dovrebbe avere un ruolo di primo piano: a Piacenza ci sono tante famiglie numerose di origine straniera, perché non provare a creare una Consulta che coinvolga le diverse comunità estere ormai ben radicate sul nostro territorio?
“Anche questa può essere una strada da percorrere per attivare nuovi luoghi d’incontro e di confronto, a maggior ragione in una realtà multietnica come la nostra che va valorizzata e a cui va data piena cittadinanza”.

Presidente Reggi, torniamo al bilancio del suo primo mandato: tra le tante attività svolte, scelga tre progetti che hanno caratterizzato la sua gestione.
“Per prima cosa abbiamo introdotto i bandi. La nostra Fondazione era l’unica in Italia che non ne faceva, andando solo su progetti proposti dall’esterno. Penso al bando anziani, a quello sulle autonomie per disabili, o a quello rivolto ai Comuni per il Pnrr, che con 600mila euro ha sviluppato un effetto leva da 35 milioni. E badi bene, l’introduzione dei bandi ha avuto anche un effetto fondamentale: quello di obbligare i partecipanti a lavorare in rete, perché non diamo più finanziamenti alle realtà che si presentano da sole, sviluppando così la collaborazione in ambiti diversi, dalla cultura al sociale, e ottenendo risultati migliori”.

Il secondo?
“Un altro progetto di cui vado fiero è quello della Youthbank, a cui ho già fatto cenno: uno spazio per far crescere le competenze dei giovani per i giovani, che mi ha suggerito un amico sacerdote e che in Italia era stato sviluppato solo a Como. Poi c’è il progetto sulla povertà energetica: aiuta le famiglie a pagare le bollette, le educa a consumare meno, a sostituire gli elettrodomestici energivori, per finire con la costituzione delle comunità energetiche, che finanziano il fondo per pagare le bollette e il cerchio si chiude. Ma se me lo consente ne aggiungerei un quarto…”.

Immaginiamo sia la ristrutturazione dell’ex convento di Santa Chiara, firmata dall’archistar Stefano Boeri.
“Proprio così, è un progetto bandiera, che fa sintesi: abbiamo lo studentato per i giovani, l’housing sociale per i soggetti fragili, un’operazione di recupero urbano importantissima e una forma di investimento che genera utili per la Fondazione”.

Che tempi prevede per la sua realizzazione?
“Abbiamo speso due anni per ottenere tutte le autorizzazioni della Soprintendenza. Andremo a gara alla fine dell’estate, il cantiere dovrebbe partire entro il prossimo anno, con l’obiettivo di finire nel 2027”.

Dalle sue parole emerge una forte spinta al cambiamento: la Fondazione, guardando a progetti propri come il Festival del Pensare Contemporaneo o a iniziative come Rete Cultura Piacenza, ha assunto negli anni un ruolo sempre più trainante.
“Guardi, noi ci siamo trasformati – e lo stanno facendo un po’ tutte le Fondazioni – da bancomat territoriale, che finanzia i progetti locali proposti dall’esterno, ad agenti di sviluppo sociale, economico e culturale. È questo il nuovo ruolo che stiamo interpretando. Pensi a palazzo XNL, recuperato in modo straordinario dal mio predecessore (Massimo Toscani, ndr): abbiamo rilevato una mancanza sul fronte dell’arte contemporanea e abbiamo risposto, mettendo al suo interno tanti contenuti. Si può fare meglio, di più e lo faremo anche nei rapporti con la Galleria Ricci Oddi, guardando a nuove iniziative”.

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A questo proposito ci conferma a XNL la mostra di respiro nazionale dedicata a Giovanni Fattori?
“Sì, la inaugureremo questa primavera, e poi andrà a Livorno, in collaborazione con il Comune della città natale di Fattori e con la Fondazione Cassa di Risparmio di Livorno”.

Le faccio un’ultima domanda: che rapporto ha Roberto Reggi con il potere?
“Un rapporto di servizio. Quando facevo il volontario e l’educatore ho sperimentato sulla mia pelle che non era sufficiente dare una mano ai ragazzi in difficoltà, che avevano famiglie disagiate, povere in ambito culturale ed economico. Per cambiare le cose bisognava entrare nella stanza dei bottoni e da lì è nata la mia passione politica. Per me il potere è uno strumento per fare del bene. E a chi parla di poteri forti, rispondo che se vuol dire provare ad agire per migliorare la vita della comunità ben vengano”.


Giovanni Volpi, giornalista professionista, è il direttore del Mio Giornale.net. Ha iniziato al Sole-24 Ore nel 1993. Dieci anni dopo è passato in Mondadori, a Tv Sorrisi e Canzoni, dove ha ricoperto anche il ruolo di vicedirettore. Ha diretto Guida Tv, TelePiù e 2Tv; sempre in Mondadori è stato vicedirettore di Grazia. Ha collaborato con il Gruppo Espresso come consulente editoriale e giornalistico dei quotidiani locali Finegil.

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