Senza poesia in nessun caso: a Cagliari la mostra di Graziano Salerno #finsubito prestito immediato – richiedi informazioni

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Una goccia di pioggia verdeazzurra su un foglio bianco, acqua di cielo evaporata dal mare. Ho visto G. con il naso all’insù come se l’avesse sentita arrivare, gli occhi si sono poggiati sul foglio insieme alla goccia, lì G. ha intinto il suo pennello e dipinto un sole liquido che con la sua luce ha iniziato a definire i contorni del mondo e della terra di G.

Così è iniziato il viaggio di G. e il racconto delle storie di G., un fanciullo, un uomo-albero, una casa, un uccellino, un cortile, forse una bambina, una tana, una valigia, un ricordo, l’uno e l’altro, tutto insieme. Un pinocchio meno bugiardo, solo un ciocco con la faccia da bambino e il naso lungo come un bastone da rabdomante e con bastoni da rabdomante – sessuato ma non sessuale – che spuntano dal corpo vegetale, animale, umano e minerale. G esplora il mondo con stupore e lo genera con meraviglia, qualsiasi sia la direzione guarda solo avanti, ma si distrae, è un flaneur, è un artista errante, sbaglia, inciampa e si smarrisce.

Graziano Salerno 

Nel sole verdeazzurro ci è cascato dentro, come Alice che rincorre Bianconiglio, e ha scoperto un mondo dove l’atmosfera è amniotica, la luce marziana, popolato da chimere su chimere, ibridi fantastici, poche parole, occhi grandi e spalancati, segni, simboli e paesaggi da inventare. Non è un sogno metallico ma un ambiente reale, esiste davvero da qualche parte e G. ci è stato e ha lasciato tracce evidenti, alcuni frammenti si trovano su fragili fogli di carta, alcuni su carta più spessa che ha assorbito la materia infinita generata da quella goccia sorgente verdeazzurra.

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Ma bisogna far presto, prima che evapori e G. è veloce a prender nota, è uno stenografo della fantasia che semina a piene mani, promessa di un raccolto futuro per altre opere che verranno ma che sono già lì, appena accennate, non finite, abbozzate eppure compiute, potremmo già vederle se solo riuscissimo a nuotare dentro una goccia verdeazzurra. G. viaggiatore vagabondo prima e santo bevitore poi, è stato sospinto dal suo sogno a confini estremi. Eppure continua a riplasmare il mondo, a farlo rinascere a sue spese, sulla sua pelle, e proprio quando sembra più smarrito si rifonda ex nihilo, liberando immaginazione e pensieri, sempre più ineffabili, non più dicibili, non più traducibili o trasformabili in parole, disegni, dipinti e acquerelli.

Le sue opere ora popolano uno spazio solo interiore, psichico, sempre più segreto forse anche per lo stesso G. l’antieroe per eccellenza che continua ad amare l’avventura e la libertà, a rischiare e a vivere con intensità, senza rimpianti ma non senza tormenti. Uno spirito libero che rifiuta le convenzioni sociali e si nutre di incontri casuali e di solitudine, esposto alle intemperie della vita nella sua dimensione panica, naturale e primordiale.

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Graziano Salerno e gli artisti come lui incarnano non tanto l’archetipo dell’artista maledetto, ma il lato più selvaggio e “fauve” che in qualche misura tutti possiamo avere sperimentato almeno una volta, magari solo come pensiero, una libertà anche a prezzo della dissipazione più completa della propria vita e della propria formidabile capacità di creare. Una sorta di consunzione ed esaurimento, una lacerazione che smette di ricomporsi persino nelle opere (perché ora non ci sono più opere), ma che prima di compiersi ha generato un corpus significativo di lavori eccezionali, caratterizzati da una cifra e da linguaggio unico e inconfondibile. Artisti smarriti che avrebbero potuto rivaleggiare con i più grandi artisti nella storia dell’arte italiana e internazionale.

Uno di questi è Graziano Salerno, nato a Nuoro nel 1954, che non è stato solo un talento e fino a un certo punto anche una promessa mantenuta, ma un genio, come dimostrano le sue opere, specialmente quelle della fine della metà degli anni Ottanta. Il suo momento perfetto, il suo stato di grazia, ma anche l’inizio di una china cui non ha ancora finito di percorrere i tratti più bui.Graziano Salerno, immaginifico, metafisico e surreale, inizia giovanissimo a Nuoro dipingendo con Pinese, studia pittura a Bologna con Concetto Pozzati, e si diploma nel 1981. Viaggia a Londra, Parigi e Friburgo. Ritorna a Nuoro, costante e reiterato punto di approdo di tutta la sua esistenza. Dipinge, disegna, legge, ama svisceratamente la poesia, che declama a memoria e in francese, è benvoluto da tutta la comunità. Inventa una sua personale versione della Boîte-en-valise duchampiana, si immagina un museo in valigia inclusivo e partecipato che possa viaggiare come se fosse una sorta di opera aperta e in continua trasformazione. Un’opera che rispecchia la personalità osmotica di Salerno, curiosa, onnivora, sognatrice, pacifica, profondamente legata all’idea di altro da sé, necessario completamento dell’esistenza.

Cristiana Collu

Cristiana Collu 

Elabora la sua sintassi, il suo linguaggio artistico, la sua ars combinatoria fatta di pittura, disegno, fotografia, poesie, racconti, parole. Le sue opere sono infatti narrazione, c’è sempre un racconto poetico, onirico, immaginifico affidato prima a grandi tele e poi sempre più alle carte che accolgono serie infinite di acquerelli, disegni e chine. Salerno cita a memoria con consapevolezza i grandi maestri, rielabora tutto ciò che sa, che ha visto, e di nuovo sognato e immaginato. Salerno è sempre lirico e sempre poeta ma è anche illustratore dei suoi racconti come ne La leggenda dell’uomo liberato o del piccolo ma prezioso saggio Sans regarder. Sono degli anni Novanta le sue opere più famose, i Fanciulli di cui anche la Fondazione possiede tre dei più belli. Le grandi dimensioni e i soggetti, specialmente il Fanciullo sospeso (impossibile non pensare a Chagall), fanno di questa serie quella più conosciuta e apprezzata, ma anche quella più asciutta e meno narrativa e forse persino più cupa. Ma le sue opere, in particolare gli acquerelli e i disegni, sono parte di un progetto artistico continuo e coeso.

Esplorano un universo introspettivo, ricco di presenze chimeriche e di sentieri che si biforcano dove c’è sempre il rischio di perdersi. Questa mostra presenta oltre un duecento opere tra le oltre quattrocento rese disponibili da un collezionista privato, che ha avuto il merito, insieme a un piccolo gruppo di altri estimatori che hanno avuto l’opportunità di conoscere e acquistare le sue opere (senza annoverare le diverse decine di persone che posseggono un sua opera ricevuta in dono dallo stesso Salerno), di riconoscere il genio di questo artista e di “salvare” una delle sue produzioni più complete.L’allestimento della mostra ha una funzione cruciale nell’esperienza della prossimità all’opera di Graziano Salerno, un’immersione dentro un luogo onirico che riflette l’atmosfera delle opere e rende possibile l’ascolto visivo di questa narrazione.

E se è vero che, come diceva Ennio Flaiano a proposito della poesia, «Sempre caro mi fu quest’ermo colle, a scuola diventa “Questa collina m’è sempre piaciuta”», dentro la goccia verdeazzurra di Graziano Salerno dovremmo invece ritrovare quello stato di grazia, quel filo tenue di poesia che almeno una volta ci è appartenuto.

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Graziano Salerno dipinge, disegna, legge, ama svisceratamente la poesia, che declama a memoria e in francese, è benvoluto da tutta la comunità. Inventa una sua personale versione della Boîte-en-valise duchampiana, si immagina un museo in valigia che possa viaggiare come se fosse una sorta di opera in continua trasformazione e che rispecchia la sua personalità, onnivora, sognatrice, pacifica. Elabora la sua sintassi, il suo linguaggio artistico, la sua ars combinatoria fatta di pittura, disegno, fotografia, poesie e parole. Le sue opere sono infatti narrazione, c’è sempre un racconto poetico, onirico, immaginifico affidato prima a grandi tele e poi sempre più alle carte che accolgono serie infinite di acquerelli, disegni e chine. Salerno cita a memoria con consapevolezza i grandi maestri, rielabora tutto ciò che sa, che ha visto, e di nuovo sognato e immaginato. In mostra una selezione di circa 200 opere della seconda meta degli anni ‘80, tra acquerelli, disegni e il libro Storia del cortile infinito, rese disponibili da Dante Crobu, collezionista privato che ha avuto il merito, insieme a un piccolo gruppo di altri estimatori – che a loro volta hanno avuto l’opportunità di conoscere e acquistare le sue opere – di riconoscere il genio di questo artista e di “salvare” una delle sue produzioni più complete.

La legge sul diritto d’autore art. 70 consente l’utilizzazione libera del materiale laddove ricorrano determinate condizioni:  la citazione o riproduzione di brani o parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi qualora siano effettuati per uso di critica, discussione, insegnamento o ricerca scientifica entro i limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera citata o riprodotta.

La legge sul diritto d’autore art. 70 consente l’utilizzazione libera del materiale laddove ricorrano determinate condizioni:  la citazione o riproduzione di brani o parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi qualora siano effettuati per uso di critica, discussione, insegnamento o ricerca scientifica entro i limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera citata o riprodotta.



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