AFRICA – Effetti “collaterali”: ecco come le guerre africane sabotano anche l’accesso all’istruzione per le giovani generazioni
di Cosimo Graziani
Il Cairo (Agenzia Fides) – La tragica emergenza dei milioni di profughi e sfollati provocati dai tanti conflitti in atto nel Continente africano diventa ancora più acuta per coloro che la soffrono sulla loro pelle quando sono in età scolare. Garantire per loro il diritto all’istruzione diventa cruciale.
Il problema è stato affrontato nelle scorse settimane riguardo alla condizione degli studenti provenienti dal Sudan e rifugiati in Egitto: in un incontro trai i ministri degli Esteri dei due Paesi si è deciso di fissare per il 28 dicembre 2024 la data per gli esami di fine anni dell’anno accademico del 2023.
Secondo fonti governative, in Egitto sono presenti circa un milione e duecentomila rifugiati sudanesi, mentre l’Agenzia ONU per i rifugiati (Unhcr) ne ha registrati 834mila.
I minori che fuggono dal Sudan con età inferiore ai 16 anni non hanno l’obbligo di registrarsi all’arrivo in Egitto. I costi scolastici, la redistribuzione dei profughi minorenni sudanesi nelle scuole egiziane, il loro inserimento e la disorganizzazione delle scuole e delle forme di istruzione a loro dedicate sono i problemi principali affrontati dai minori che riescono a registrarsi, mentre secondo quanto pubblicato dalla Ong Human Rights Watch per coloro che non ottengono la registrazione il diritto all’istruzione in Egitto non è garantito. E questo vale non solo per i sudanesi, ma anche per coloro che provengono da altre zone di guerra, come i profughi palestinesi.
L’istruzione a cui hanno potenzialmente accesso i minori giunti come profughi in Egitto rappresenta comunque un lusso se paragonata alla condizione dei minori rimasti in Sudan. Secondo le ultime stime riportate dalla BBC sarebbero ben cinque milioni i minori che si trovano sfollati all’interno del Paese. Per loro la necessità è cercare di sopravvivere alle violenze e alla diffusa insicurezza alimentare, e l’istruzione passa in secondo piano.
Vaste aree del Continente africano sono oggi dilaniate da conflitti, violenze praticate da gruppi armati, lotte per il controllo delle risorse: Africa occidentale e Sahel, Nigeria Repubblica Democratica del Congo, Etiopia…dovunque le scuole e l’istruzione sono tra le prime vittime degli scontri armati, perché la continuazione delle ordinarie attività educative viene percepita come un ostacolo per l’azione delle milizie. Le Nazioni Unite stimano quest’anno che quasi il 40% degli attacchi alle scuole in tutto il mondo avvengono in Africa, dove se ne sono registrati più di duemila e cinquecento negli ultimi anni.
Nel Sahel al momento ci sono ben 14mila scuole chiuse, con ben due milioni e ottocentomila bambini che non possono andare a scuola. In Repubblica Democratica del Congo il problema è diffuso nelle regioni orientali, dove agiscono sia gruppi armati estremisti che gruppi sostenuti da paesi confinanti. Solo all’inizio di quest’anno erano ben cinquecento le scuole chiuse nel Nord Kivu, un dato che per il 2024, non si preannuncia migliorato visto la persistente situazione di violenza. In totale, secondo le stime pubblicate dall’Unesco lo scorso settembre, nella sola Africa subsahariana sono concentrati il 30% di tutti i minori del mondo che non vanno a scuola.
Il problema si coglie in tutta la sua gravità se si tiene conto che la popolazione del Continente è la più giovane al mondo. Un alto numero di minori non scolarizzati a causa dei conflitti aggiunge incertezza e nuovi problemi sulle prospettive future. Curare la scolarizzazione può garantire uno sviluppo economico che sia il più diffuso possibile, ma oggi troppi ragazzi e bambini sono profughi a causa di guerre o vivono ancora negli slum delle grandi città (secondo dati Unicef aggiornati al 2020 ce ne sono più di un miliardo e ottocento milioni al mondo, concentrati principalmente in Africa e Asia) e rischiano di rimanere ai margini della società per tutta la vita.
Nei casi dei minori che non vanno a scuola a causa dei conflitti, il fenomeno assume anche delle caratteristiche di genere, perché le bambine sono spesso le prime a smettere di andare a scuola e le ultime a riprendere gli studi dopo la fine dei conflitti.
(Agenzia Fides 27/12/2024)
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