Rifiuti, la Toscana deve cambiare marcia

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di Claudio Turrini

Quattromila tonnellate di rifiuti. Il nostro «aiutino» alla Campania è davvero poca cosa. Quanti ne raccoglie la Toscana in un giorno solo. Eppure ha dato il via a polemiche che non si placano. Perché sull’onda dell’emergenza campana il presidente della giunta, Claudio Martini, e l’assessore regionale all’ambiente, Anna Maria Bramerini, hanno ribadito l’urgenza di realizzare i nuovi impianti, a partire dal termovalorizzatore di Case Passerini, a Campi Bisenzio. «Se decidessimo di non fare nulla, nel 2011 ci troveremmo nella stessa situazione della Campania», ha ammonito l’assessore, invitando a realizzare quanto previsto dai piani provinciali.

Ma all’interno della maggioranza non tutti sono d’accordo. «La corsa agli inceneritori è mistificatoria, oltre che pericolosa e inquinante», hanno ribadito in una nota, il capogruppo Prc in Consiglio regionale Monica Sgherri e l’assessore regionale alla casa Eugenio Baronti. Mentre il Coordinamento dei comitati della Piana Firenze-Prato-Pistoia (sito internet), che si oppone alla costruzione del termovalorizzatore di Case Passerini accusa: «Gli amministratori toscani cercano di speculare sulla grave situazione campana per imporre gli inceneritori in Toscana, ma dimostrano di non sapere fare neppure i conti. Secondo i nostri calcoli le discariche toscane, a partire da adesso, garantiscono ancora una autonomia di 10 anni». Rossano Ercolini della «Rete Rifiuti Zero» arriva a parlare di «terrorismo» da parte delle istituzioni regionali.

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«Almeno sui numeri, evitiamo le discussioni», ha replicato l’assessore Bramerini, che ha ribadito la validità dei dati ufficiali forniti dalla Regione e ottenuti attraverso il controllo dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpat) e dell’Agenzia regionale recupero risorse (Arrr). In Toscana – ha spiegato l’assessore – si producono ogni anno 9,85 milioni di tonnellate di rifiuti, il 26% dei quali sono urbani. Per trattare quest’ultimi (2,5 milioni di tonnellate) sono in funzione 54 impianti, cioè 22 discariche, 8 termovalorizzatori, 13 impianti di selezione e trattamento, 11 di compostaggio. In discarica finiscono ogni anno circa 2 milioni di tonnellate. Le discariche toscane hanno un volume residuo al primo gennaio 2007 di 10,2 milioni di metri cubi e, considerando che una tonnellata di rifiuti occupa un metro cubo, la durata residua delle discariche è di 5 anni. La raccolta differenziata è ferma ad un modesto 33,4% (contro il 40% previsto) e la termodistruzione incide per 950 tonnellate al giorno. L’industria regionale dei rifiuti può contare su 4 mila addetti, 50 aziende di gestione e un fatturato di 462 milioni di euro, Il costo medio di trattamento è di 200 euro a tonnellata.

Ma Martini rilancia con un piano ambizioso. La Toscana punta a ridurre di un 15% la produzione di rifiuti e a raddoppiare, arrivando al 65%, la quota di raccolta differenziata. Contemporaneamente dovrà triplicare la capacità di termodistruzione fino a 2.400-3.000 tonnellate al giorno. Solo così si potrà ridurre di un 20% i conferimenti in discarica. «Sogno una Toscana a discariche zero – ha spiegato il presidente Claudio Martini – per poi tendere a rifiuti zero, ma è necessario agire subito per non rischiare di andare in emergenza. Abbiamo davanti quattro anni e serve uno sforzo collettivo per prendere il problema di petto». Sul fonte economico la Regione, che punta molto sulla raccolta «porta a porta», ha previsto da qui al 2010 investimenti per 58,6 milioni di euro. Le prossime scadenze scandite dalla legge regionale prevedono entro il febbraio prossimo la predisposizione dei piano straordinari per l’affidamento del servizio nei tre grandi Ato (Ambiti territoriali ottimali) che entro il prossimo mese di maggio dovranno prendere il posto degli attuali dieci.

24 gli interventi già previsti per ampliamenti o potenziamenti di impianti esistenti, mentre 19 sono quelli nuovi da realizzare. Nuove discariche sono previste a Podenzana e a Le Borra di Figline Valdarno, mentre riapiranno Lusuolo a Mulazzo, Fornoli a Pianza, Pianizza Socciglia a Borgo a Mozzano. Ampliamenti in vista per Legoli di Peccioli, Buriano, Literno a Campo nell’Elba, Montespertoli, Il Pago di Firenzuola, Casa Rota a Terranuova B., Poggio alla Billa ad Abbadia S. Salvatore, Torre a Castello ad Asciano, Le Macchiaie a Sinalunga e Cannicci a Civitella Paganico. Sul fronte termovalorizzatori, oltre alla costruzione di quello della Piana a Case Passerini, e di Testi di Greve sono previsti ampliamenti per quelli di Montale, Ospedaletto di Pisa, Picchianti a Livorno, Cipressi di Rufina, San Zeno di Arezzo, Foci di Poggibonsi. Altri interventi riguardano impianti di compostaggio, come Faltona di Borgo San Lorenzo, Case Passerini, Casa Rota di Terranuova B., Poggibonsi, Poggio alla Billa di Abbadia S. Salvatore, Tafano di Manciano, Zancona di Arcidosso, Carboli di Monterotondo Marittimo, Strillaie di Grosseto, Buraccio di Porto Azzurro, il Pozzino di Vaiano e il digestore anaerobico a Rosignano Marittimo.

Più attenzione all’ambientemodificando gli stili di vita

Emergenza rifiuti. Una proposta tra orizzonti teologici ed esperienze operative (Emi, Bologna 2007, pag. 256) è il libro curato da mons. Paolo Tarchi, direttore dell’Ufficio di pastorale sociale e del lavoro della Cei, e dal teologo Simone Morandini, quanto mai attuale con l’esplodere della crisi dei rifiuti in Campania. Nella prima parte il volume affronta la questione ambientale nella prospettiva delle responsabilità dei credenti verso il creato. La seconda parte presenta prospettive di soluzione e percorsi attivati di tipo tecnico-scientifico, cercando di coglierne aspetti positivi e negativi. La terza sezione, infine, contiene alcune riflessioni teologiche ed esperienze significative, elaborate e realizzate anche in contesto ecclesiale. «Credo – spiega mons. Tarchi – che sia bene promuovere la conoscenza di questi temi e strumenti per due ragioni: la prima è teologica e pastorale e si riferisce al deficit di conoscenza che si registra a volte anche tra gli stessi credenti. La seconda è sociale e riguarda il fatto che anche molti amministratori pubblici non dispongono delle competenze specifiche, oltre che degli input socio-culturali necessari per avviare positive esperienze di soluzione della questione-rifiuti, quelle che vengono dette buone pratiche».

Mons. Tarchi, com’è nata l’idea di questo libro?

«L’Ufficio segue da tempo i temi dell’ambiente e della salvaguardia del creato e ogni anno promuove il primo sabato di marzo un seminario d’approfondimento. Nel 2005 abbiamo messo a tema i rifiuti, da un punto di vista ecclesiale e pastorale. Lo stimolo veniva da prese di posizione nelle zone calde d’Italia dove anche comunità ecclesiali si erano mobilitate e c’era l’urgenza di aiutare a fare un po’ di discernimento».

Qualcuno potrebbe chiedersi: cosa c’entrano i rifiuti con la pastorale?

«Mi ricordo una bellissima relazione ad un convegno del 2001 nella quale si collegava la categoria dei rifiuti a quella degli esclusi, degli emarginati del nostro tempo. Quanto più entriamo dentro la dinamica dei rifiuti quanto più scorgiamo anche delle dimensioni antropologiche. Perché poi, di fatto, il problema è che tipo di civiltà abbiamo creato».

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E qual era l’obiettivo del seminario?

«La protesta non serve, ci vuole una proposta. Allora come arrivare ad una proposta? Questo il percorso che abbiamo fatto, ascoltando più voci: siamo partiti da una riflessione biblica, con la relazione di Pagazzi, per poi sottolineare come la società consumista interpelli la coscienza dei cristiani e dei cittadini. E siamo andati anche a cercare esperienze positive…».

Di comunità ecclesiali?

«Sì, come quella della parrocchia di Bellusco, o dell’associazione “Porta aperta” di Carpi, che valorizza l’usato. Ma non solo ecclesiali, anche civili. Come quella della Provincia di Torino, con il paziente lavoro di educazione alla raccolta differenziata».

Di fronte a emergenze come quella della Campania cosa possiamo dire?

«Sono stato lunedì 14 gennaio in Campania per una riunione dei responsabili degli Uffici di pastorale sociale con quelli delle Caritas. Si coglie come ci siano risorse che non si limitano alla protesta. C’è, ad esempio, l’esperienza virtuosa di Salerno, dove la raccolta differenziata è sugli standard del Nord Italia, o anche oltre, perché lì c’è un’intesa intelligente tra cittadini e amministrazione pubblica».

Però poi si assiste alle barricate e alle violenze…

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«La protesta nasce laddove la fiducia nei confronti di chi ha responsabilità collettiva è crollata e ogni elemento di decisione crea sospetto e paura. Poi è anche vero che ci sono zone attorno a discariche dove gli screening sulla salute dei cittadini presentano dati inquietanti. E allora le persone protestano, non essendoci un piano intelligente che suddivide i carichi sul territorio, ma li concentra in un unica parte. Però non basta dire dei no, bisogna trovare anche delle soluzioni».

Cosa sempre difficile, dal momento che la sindrome Nimby («Non nel mio giardino») si sta diffondendo ovunque…

«Non spetta alla comunità ecclesiale trovare le soluzioni ai problemi. Se non c’è il coinvolgimento dei soggetti che vivono sul territorio è difficile imporle. Se poi chi tenta di imporle ha un’autorevolezza limitata allora salta tutto».

Su questi temi, quale percorso consiglierebbe ad una comunità parrocchiale?

«Prima di tutto informarsi sul fatto che con i rifiuti bisogna fare i conti, perché ciò che sta succedendo in Campania è la spia di un problema non risolto. Bisogna cominciare a domandarsi: “che rapporto ho io con i rifiuti?” Questo pone delle domande ancora più a monte, sul mio rapporto con le cose. La logica dell’usa e getta, che è prevalsa finora, chiede di essere ripensata. Bisogna educarci ad un consumo critico anche dal punto di vista dei rifiuti, scegliendo, ad esempio, prodotti che abbiano poco imballaggio o siano riciclabili. Un altro aspetto è spingere le amministrazioni ad aiutarci a fare la raccolta differenziata, essenziale per ridurre fortemente l’impatto dello smaltimento, e a limitare le cose che hanno un tempo di smaltimento lungo, come la plastica».

Anche le industrie devono fare la loro parte…

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«Chi produce non si può permettere di non farsi carico dello smaltimento dei suoi prodotti. E qui c’è tutto il problema anche di una legislazione che chiami chi inquina a render conto delle sue azioni».

Come Chiesa che esempio diamo di sensibilità per l’ambiente?

«Si sta iniziando. All’Agorà dei giovani a Loreto, che coincideva proprio con il 1° settembre, giornata per la salvaguardia del creato, sì è fatta, ad esempio, un’esperienza positiva. È stata l’occasione per avvicinare 300 mila persone, giovani soprattutto, e fare educazione ambientale. La sacca del pellegrino era in tessuto riutilizzabile, la torcia elettrica per la veglia non aveva le normali pile ma una dinamo che serviva anche a ricaricare il cellulare. I libretti dei canti erano in carta riciclata. Per i pasti sono stati utilizzati recepienti di origine vegetale e facilmente riassorbibili. È stato anche calcolato l’azzeramento dell’emissione di CO2 prevedendo nelle Marche una zona dove ripiantare un numero sufficiente di alberi. Tutta una serie di indicazioni che vorremmo rifluissero positivamente anche nelle nostre comunità parrocchiali, perché ci fosse ad esempio maggiore attenzione all’uso della plastica».

L’intervento Matteo Renzi: Firenze non farà la fine della Campania

Le immagini della Campania sono una vergogna civile, sociale, politica. E la situazione in quella terra rischia di portare al collasso sanitario ed economico.

Perché? Perché la politica non ha fatto il proprio mestiere. Perché per anni si sono spesi soldi pubblici in riunioni, studi, convegni, dibattiti, commissari.

E poi, puntualmente, nessuno ha mai deciso. La politica deve discutere, certo, ma poi si decide. Altrimenti non è politica: è chiacchiericcio. A Firenze dopo vent’anni di discussioni abbiamo messo un punto fermo. Abbiamo approvato il piano provinciale dei rifiuti, che, tra tante scelte – incremento della raccolta differenziata, percorsi educazione ambientale (che comprendono iniziative come Riciclabilandia, Ruralia etc, solo per citare le principali) – contiene anche la più importante: il termovalorizzatore di Case Passerini. In campagna elettorale mi ero impegnato a risolvere il problema rifiuti. Ho vinto le elezioni. Adesso ho il dovere, non il diritto, di fare ciò che avevo promesso alla gente. Per questo possono inventarsi referendum, convegni, slogan, tutto quello che vogliono. Noi tiriamo dritto. Non condanneremo la nostra meravigliosa Firenze alla fine indecorosa di Napoli e della Campania.

Matteo RenziPresidente della Provincia di FirenzeMARTINI A PRODI, ATTIVARE GRUPPO LAVORO NAZIONALERIFIUTI: IN ARRIVO 1.300 T. NELL’ARETINO, NESSUNA PROTESTAVESCOVI CAMPANI: MAI PERDERE LA SPERANZA

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