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Le bombe continuano a cadere su Gaza e sullo Yemen, portando distruzione e morte in due conflitti che sembrano non conoscere tregua. A essere colpite sono soprattutto le fasce più vulnerabili della popolazione: donne, anziani e, tragicamente, bambini. Mentre si susseguono le denunce di organizzazioni umanitarie e osservatori internazionali, l’Occidente mantiene la sua posizione ambigua, fornendo armi e supporto alle parti in causa.
A Gaza, il suono assordante dei bombardamenti ha sostituito quello della vita quotidiana. Dopo una breve pausa nelle operazioni militari, Israele ha ripreso gli attacchi aerei con una nuova intensità, giustificando le azioni come risposta ai lanci di razzi da parte di Hamas. Le immagini che arrivano da Gaza mostrano case rase al suolo, scuole distrutte e ospedali sovraffollati. Il bilancio umano è devastante: solo nell’ultima settimana, decine di bambini hanno perso la vita, mentre centinaia lottano contro ferite spesso irreversibili. Forze israeliane hanno incendiato ieri l’ospedale Kamel Adwan a Beit Lahia, nel nord della Striscia di Gaza, dopo che in un precedente bombardamento vicino all’ospedale erano morte 50 persone, tra le quale anche membri del personale medico. Lo sostiene l’emittente Al Jazeera. L’ospedale, secondo il ministero della Salute della Striscia, che fa riferimento ad Hamas, è il più grande nell’area e ospita 350 pazienti.
Il ministero ha scritto su Telegram che le forze israeliane avrebbero effettuato un trasferimento con la forza di pazienti verso l’Ospedale indonesiano, che manca di acqua, medicine ed elettricità. .La portavoce dell’Organizzazione mondiale della sanità Margaret Harris ha espresso preoccupazione per il deterioramento della sanità a Gaza. “Quel che vediamo è che vengono presi di mira i civili e il sistema sanitario a Gaza”, ha detto ad al Jazeera. “Ciò a cui sono esposti gli ospedali di Gaza – ha aggiunto – è orribile e quel che vediamo rappresenta una punizione per la popolazione”. Hamas su Telegram ha condannato l’incendio come un “chiaro crimine di guerra” e negato risolutamente che suoi miliziani si trovassero all’interno del nosocomio.
Nel frattempo, nello Yemen, un conflitto troppo spesso ignorato dai media internazionali continua a mietere vittime. Gli attacchi aerei della coalizione guidata dall’Arabia Saudita, sostenuta da Stati Uniti e Regno Unito, si sono intensificati nelle ultime settimane, colpendo mercati, infrastrutture civili e persino rifugi per sfollati. Lo Yemen è ormai un Paese devastato, dove i bambini soffrono non solo per le bombe, ma anche per la fame e le malattie che il conflitto ha reso endemiche. Secondo l’UNICEF, ogni dieci minuti un bambino yemenita muore per cause prevenibili. Nei raid di ieri sono state uccise sei persone, quattro delle quali all’aeroporto internazionale di Sana’a, dove si trovava anche il capo dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus. Ques’ultimo ha poi annunciato sul social X di aver raggiunto la Giordania in sicurezza con il suo team. Durante la manifestazione odierna, molte persone hanno sventolato bandiere yemenite e palestinesi, mostrando la ‘jambiya’, il tradizionale pugnale ricurvo dello Yemen. Un esponente degli houthi, Mohammed al-Gobisi, rivolgendosi alla folla, ha affermato: “Non ci stancheremo di sostenere i nostri fratelli a Gaza”. Intanto sono ripresi i voli dall’aeroporto di Sana’a nonostante una torre di controllo sia stata gravemente danneggiata.
La responsabilità dell’Occidente è sempre più evidente. Israele continua a ricevere forniture di armamenti sofisticati dagli Stati Uniti e dai loro alleati europei, nonostante le accuse di violazione del diritto internazionale. Allo stesso tempo, la coalizione arabo-anglo-americana che opera nello Yemen viene rifornita con armi e supporto logistico di alto livello. Le esportazioni di armamenti da Paesi come Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Italia non accennano a diminuire, nonostante le proteste di attivisti e la condanna di molte organizzazioni non governative.
“La guerra ha un prezzo inaccettabile, e quel prezzo lo stanno pagando i bambini,” denuncia un rapporto di Amnesty International, che ha documentato numerosi episodi di attacchi indiscriminati contro civili in entrambe le regioni. Le parole degli attivisti trovano eco nei corridoi delle Nazioni Unite, dove però gli appelli a cessare le ostilità e a rispettare il diritto umanitario rimangono inascoltati.
A Gaza, la popolazione è intrappolata in un territorio sigillato, dove non c’è alcun posto sicuro. “Non sappiamo dove scappare. Siamo bombardati ovunque: a casa, per strada, nelle scuole,” racconta un sopravvissuto, mentre cerca rifugio tra le macerie. Lo stesso vale per lo Yemen, dove milioni di persone vivono in condizioni di carestia e sono esposte quotidianamente alla violenza.
Mentre i bambini continuano a morire sotto le bombe, il ruolo dell’Occidente si fa sempre più difficile da giustificare. Le armi che distruggono scuole e ospedali sono spesso prodotte in Europa o in America, portando con sé un’ombra di complicità che nessuna dichiarazione politica può cancellare.
La comunità internazionale si trova ora davanti a un bivio: continuare a chiudere gli occhi di fronte a questi orrori o prendere una posizione chiara, interrompendo la fornitura di armi e lavorando per soluzioni negoziate che mettano al centro il rispetto della vita umana. Nel frattempo, Gaza e lo Yemen restano simboli di un’umanità ferita, dove il futuro di intere generazioni viene sacrificato sull’altare della geopolitica e del profitto.
Irina Smirnova
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