Il 31 dicembre, a Pesaro la 57ª edizione della marcia nazionale per la pace. Sulle orme di don Tonino Bello (Irina Smirnova)

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Si terrà a Pesaro, il 31 dicembre, la 57ª marcia nazionale per la pace, organizzata dalla Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, la Caritas Italiana, l’Azione Cattolica, Pax Christi Italia, il Movimento dei Focolari, l’Agesci, le Acli, Libera con l’Arcidiocesi di Pesaro e di Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado.

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La marcia prenderà il via alle ore 15.30 presso l’Anfiteatro del Parco Miralfiore e, attraverso varie tappe, arriverà alla Cattedrale di Pesaro, dove alle ore 21 sarà celebrata la Santa Messa, presieduta da mons. Sandro Salvucci, arcivescovo di Pesaro e di Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado, e trasmessa in diretta da Tv2000. Lungo il percorso si alterneranno testimonianze e letture di brani che richiameranno il Messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale della Pace sul tema: “Rimetti a noi i nostri debiti: concedici la tua pace”. Si ascolteranno le voci di alcune esperienze di accoglienza, dialogo e nonviolenza presenti sul territorio nazionale. Senza dimenticare i diversi contesti di conflitto, in particolare la Terra Santa, la Siria e l’Ucraina.

“In questa stagione segnata da guerre insensate – spiegano i promotori – vogliamo sintonizzarci con lo stile giubilare invocato da Papa Francesco: per costruire la pace occorre generare perdono e saper rimettere i debiti. Senza giustizia sociale non c’è pace. Senza riconoscimento dell’altro non c’è futuro. Marceremo a Pesaro, città della cultura 2024, per ricordare a tutti la necessità di educare a una cultura della pace, fatta di incontro, di amicizia sociale e di relazioni rinnovate. Il Giubileo ci converta per trasformare l’arma del credito in debito di riconciliazione e di giustizia sociale e ambientale”.

Da Pesaro parte un’invocazione di preghiera perché la pace si faccia strada nel mondo e negli ambienti di vita. La cultura della nonviolenza e del disarmo è in grado di rinnovare non solo i popoli tra loro, ma anche le religioni, le Chiese, l’economia e la politica.
Anche quest’anno, la Marcia della Pace, organizzata da Pax Christi, Caritas Italiana e Conferenza Episcopale Italiana (CEI), attraverserà dunque le strade d’Italia, portando con sé un messaggio di speranza e riconciliazione. Un appuntamento che, da 57 anni, rappresenta un simbolo di impegno per un mondo più giusto e pacifico, capace di andare oltre le barriere dell’odio e della divisione.

La Marcia, nata nel contesto degli anni ’60 come risposta ai conflitti internazionali e alla minaccia nucleare, continua quindi a essere un momento di riflessione e di azione in un mondo segnato da guerre, disuguaglianze e crisi globali. Al centro dell’evento, il richiamo al Vangelo della pace e alla responsabilità di ciascuno nel costruire ponti anziché muri.
Uno dei riferimenti spirituali e morali della Marcia rimane don Tonino Bello, vescovo di Molfetta e presidente di Pax Christi fino alla sua morte nel 1993. Figura carismatica e visionaria, don Tonino è stato un grande profeta di pace, capace di ispirare generazioni con le sue parole e, soprattutto, con il suo esempio.

“Non basta dire pace, bisogna farla,” ripeteva don Tonino, sottolineando l’importanza di un impegno concreto che coinvolga la politica, le istituzioni e ogni singolo cittadino. Per lui, la pace non era solo assenza di guerra, ma la presenza attiva di giustizia, solidarietà e amore. La sua visione profonda ha illuminato non solo i credenti, ma anche chi, pur da prospettive diverse, condivideva l’urgenza di lavorare per un mondo senza conflitti.
Don Tonino, definito “l’innamorato della nonviolenza”, ha scritto che “La pace non è un lusso per anime belle, ma una necessità per la sopravvivenza dell’umanità. È il nome nuovo dello sviluppo.”

Quest’anno, la Marcia si tiene in un momento particolarmente difficile per la comunità internazionale. Dai bombardamenti su Gaza e Yemen alle tensioni in Ucraina, fino alla crescente crisi dei diritti umani in molte parti del mondo, i conflitti e le disuguaglianze continuano a mettere a dura prova la coscienza collettiva.
“Non possiamo restare indifferenti di fronte al grido di chi soffre,” ha dichiarato il presidente di Pax Christi, mons. Giovanni Ricchiuti, durante la celebrazione conclusiva della Marcia. “Ogni passo che compiamo oggi è un segno di speranza, un impegno a essere costruttori di pace nelle nostre comunità e nel mondo.”

La Caritas Italiana, co-organizzatrice dell’evento, ha ribadito la necessità di lavorare per un’economia della pace, contrastando l’industria bellica e promuovendo la giustizia sociale come strumento fondamentale per prevenire i conflitti. “La pace non è mai disgiunta dalla giustizia,” ha ricordato un rappresentante dell’organizzazione.

In ogni edizione, la Marcia della Pace rinnova il suo valore profetico, ricordando a tutti che la pace è un cammino, non un punto di arrivo. È una sfida che richiede coraggio, dialogo e una fede incrollabile nella possibilità di un futuro diverso.
L’eredità di don Tonino Bello, che invitava a “scrivere la parola pace con i nostri piedi, camminando insieme,” continua a guidare questo grande pellegrinaggio di speranza. E mentre i partecipanti tornano alle loro case, il messaggio della Marcia rimane: ciascuno è chiamato a essere artigiano di pace, nella quotidianità e nei grandi scenari del mondo.

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Irina Smirnova



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