Pontirolo, ucciso perché voleva difendere la figlia 19enne. «Aveva un occhio nero, è stato il fidanzato». Poi la lite tra le famiglie e gli spari

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di
Fabio Paravisi

Il delitto è stato ripreso dalle telecamere della ditta della famiglia del fermato, Rocco Modafferi, lo zio del ragazzo

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È stato quell’occhio nero sul volto della figlia a scatenare la furia di Roberto Guerrisi, la vittima dell’omicidio di Pontirolo. Ha visto Stefania, 19 anni, cameriera, con il volto coperto dai segni dell’aggressione per la quale ha denunciato il fidanzato Luigi Bonfiglio, 22 anni. È nato tutto da lì: la richiesta di chiarimenti con la famiglia del ragazzo, prima da solo e poi con un gruppo di parenti, e infine la sparatoria. Per l’omicidio di Roberto Guerrisi, 42 anni, nato a Gioia Tauro (Reggio Calabria) ma abitante a Boltiere in via Milano, operaio della Dalmine e padre di tre figlie, è stato fermato con l’accusa di omicidio volontario Rocco Modafferi, 58 anni, anch’egli calabrese residente a Boltiere. Su di lui è stato effettuato il test dello stub per accertare se abbia sparato. Ma anche se non c’è ancora l’esito dell’esame, sono state le telecamere della concessionaria di famiglia, la DB Car di via Bergamo, al primo piano della quale vive Modafferi, a riprendere tutta l’azione. Telecamere che sono tante anche per una ditta di quel tipo: fra quelle installate sul perimetro settentrionale dell’azienda, all’interno del cortile e all’esterno dell’edificio interno, sono almeno una decina. Di fronte agli interrogatori serrati dei carabinieri della Compagnia di Treviglio e del Nucleo investigativo di Bergamo proseguiti per tutta la notte tra sabato e domenica, l’uomo si è avvalso della facoltà di non rispondere ed è stato portato in carcere. Sono stati invece denunciati per favoreggiamento il fratello Domenico Bonfiglio, titolare della ditta, e lo stesso Luigi, che hanno cercato di negare le responsabilità del parente. L’arma con la quale è stato commesso il delitto, una pistola di probabile calibro 22 illecitamente detenuta, non è stato ritrovata nonostante le ricerche effettuate anche ieri.

Stefania e Luigi stavano insieme da pochi mesi, e anche se le due famiglie non si conoscevano, Luigi era in buoni rapporti con i genitori della ragazza, che vivono in una casa su due piani in via Milano a Boltiere, la stessa statale sulla quale si affaccia, qualche centinaio di metri più in là e nel territorio di Pontirolo, la DB Car. Il ragazzo aveva trascorso la giornata di Natale a casa dei parenti della fidanzata. Non si sa cosa abbia scatenato la sua furia giovedì sera, quando i due giovani erano a casa di lui. Ci sono state urla molto violente, tanto che i vicini hanno chiamato i carabinieri. Quando i militari sono arrivati hanno trovato la ragazza con addosso i segni di pugni e schiaffi e l’hanno accompagnata all’ospedale di Treviglio, dove hanno raccolto la sua denuncia. Roberto Guerrisi ha trovato poi la ragazza tumefatta quando è andata a prenderla.




















































Sabato ha cercato in tutti i modi di parlare con i familiari di Luigi. In mattinata è andato alla DB Car da solo, si dice che potesse avere con sé un coltello (circostanza in corso di accertamento), ma è stato respinto. C’è tornato nel pomeriggio alle 14.30 insieme a un gruppo di parenti: chi ha assistito alla scena parla di 7-8 persone. Il cancello della ditta era chiuso, c’è stato un violento diverbio le cui urla hanno richiamato l’attenzione dei vicini. «È successo tutto mentre sembrava fosse tutto finito – racconta Salvatore Guerrisi, zio della vittima, che insieme a tanti parenti ieri si era raccolto davanti alla casa di via Milano -. Ci siamo girati per andarcene mentre eravamo a un metro dalla cancellata quando da dentro qualcuno ha chiamato, ci siamo girati e la pistola ha sparato due volte. Ha colpito Roberto in faccia e suo fratello sotto il gomito sinistro». Proprio il fratello della vittima ha cercato di sostenerlo e di portarlo via, lasciando una scia di sangue sull’asfalto. Dopo una trentina di metri Roberto Guerrisi si è accasciato a terra: «Avevo chiamato il 118 – continua suo zio – e sono stati loro a spiegarmi al cellulare come fare il massaggio cardiaco e ci ho provato finché ho potuto ma non c’è stato niente da fare. Un padre di famiglia non può morire in questo modo». Da sabato pomeriggio Stefania Guerrisi si è chiusa in camera in lacrime e non vuole parlare con nessuno, ha spiegato che si sente responsabile dell’accaduto. La salma si trova al Papa Giovanni in attesa dell’autopsia che non è ancora stata fissata.  

Padre di tre figlie

Roberto Guerrisi aveva 42 anni e viveva a Boltiere da vent’anni, da quando aveva trovato lavoro all’Acciaieria della Tenaris Dalmine ed era arrivato dalla Calabria. Poco dopo sono arrivati anche i suoi genitori e i parenti: una famiglia numerosa con dieci tra fratelli e sorelle. Era appassionato di auto e svolgeva piccole riparazioni: «Una volta – racconta una parente – stava andando a un matrimonio, ha visto un’auto ferma e si è fermato per aiutare quei due ragazzi a farla ripartire. Gli piaceva la sua vita, oltre alla moglie e le figlie aveva anche un cane, femmina. Diceva: è l’unica femmina che mi vuole bene. Da sabato il cane continua a ululare, sembra che abbia gli occhi lucidi, e ha trascorso la notte sulle ciabatte di Roberto». 

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30 dicembre 2024 ( modifica il 30 dicembre 2024 | 08:31)

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