Ecocidi, biodiversità e conflitti #BuoneFeste

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Era il 26 febbraio 1970, quando il New York Times pubblicò un articolo, contenente un termine nuovo per la stampa dell’epoca, riguardo la proposta di Arthur Galston, un professore di biologia di Yale: un accordo internazionale volto a vietare gli “ecocidi”.
Per ecocidio si intende la distruzione volontaria di un ecosistema e, di conseguenza, delle risorse naturali che lo compongono, da parte dell’uomo.

Il brano in questione, dal titolo “… and a plea to ban ‘ecocide’”, riguardava l’operato degli Stati Uniti durante la guerra in Vietnam e nello specifico l’utilizzo da parte dell’esercito americano dell’Agente Orange: un erbicida che venne sparso per una decina d’anni – dal 1961 al 1971 – nel Vietnam del Sud, al fine di ridurre la vegetazione presente che faceva da protezione ai soldati del gruppo armato di resistenza vietnamita.
Il professor Galston sosteneva che l’eliminazione del manto vegetale avrebbe creato danni irreversibili al ciclo di vita di determinati molluschi e pesci, andando a creare seri danni all’alimentazione e alla salute dei vietnamiti, che basavano il loro introito proteico su alimenti di questo tipo.

L’impatto dell’Agente Orange – e di altre sostanze simili utilizzate – si rivelò pericoloso anche per gli aspetti direttamente legati alla salute delle persone che vennero contaminate. Infatti, tali erbicidi vennero considerati i responsabili di neoplasie, in coloro che erano già vivi durante quel periodo, e di malattie congenite, nei figli che vennero alla luce negli anni a seguire.

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La proposta del biologo di Yale ha in parte trovato riscontro nello Statuto di Roma e, più recentemente, in una direttiva dell’Unione Europea che ha lo scopo di definire in maniera più formale i reati ambientali e di introdurre sanzioni proporzionate al danno commesso. Il testo spiega che viene considerato reato ambientale l’azione intenzionalmente volta ad arrecare un danno, ma anche quella figlia di una grave negligenza.

Secondo ACLED, i conflitti attualmente in corso a livello globale interessano cinquanta paesi. Questo significa che, una volta assegnato un punteggio a ogni paese del mondo, in almeno cinquanta di questi gli scontri rientrano in una delle seguenti categorie di intensità degli scontri: turbolenta, alta o estrema.



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