Ermotti sulla sua retribuzione milionaria, “Conosco il valore dei soldi”

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Sergio Ermotti.


Keystone-SDA

Sergio Ermotti torna sulla retribuzione di 14 milioni di franchi incassata nel 2023 per nove mesi di lavoro alla testa di UBS.

“Il mio primo stipendio mensile da apprendista era di 350 franchi: conosco il valore del denaro e capisco che il mio compenso attuale non sembri normale a molte persone”, afferma il 64enne in un’intervista pubblicata oggi dal settimanale Migros-Magazin. “Per me è ed è sempre stato importante essere pagato come i miei concorrenti e in base alle mie prestazioni. Tra l’altro è il consiglio di amministrazione a stabilire la mia retribuzione e quasi il 90% degli azionisti ha votato a favore all’ultima assemblea generale”.

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“A volte mi chiedo perché gli stipendi elevati ricevano così tanta attenzione nel mondo degli affari, mentre le stesse somme non sono un problema nello sport e nello spettacolo”, argomenta il presidente della direzione di UBS che ha cominciato la sua carriera con un apprendistato alla Cornèr Banca di Lugano. Il perché? “Non lo so”, risponde. “Si dovrebbe chiederlo ai critici: io devo e posso conviverci”.

Le giornate tipo

Il lavoro è peraltro impegnativo, definito dal settimanale il più difficile nel mondo economico elvetico. “Dal lunedì al venerdì mi alzo alle 5.45, vado in palestra due volte alla settimana. Poi vado in ufficio, per dodici o quattordici ore, a seconda se ho una cena o no. È intenso, ma mi piace il mio lavoro. Ogni tanto devo lavorare nel fine settimana, ma ho anche il tempo di rilassarmi”. Il manager trascorre all’estero circa un terzo del tempo. “Prima del Covid era circa la metà”.

In maggio compirà 65 anni, ma nonostante l’età Ermotti ha assunto la guida (per la seconda volta) del maggiore gruppo bancario elvetico. “È stato un grande onore che il consiglio di amministrazione mi abbia chiesto di tornare in un momento così difficile. Due fattori hanno fatto pendere l’ago della bilancia: ho sentito che era mio dovere e m mi piaceva contribuire a scrivere uno dei capitoli più importanti dell’industria finanziaria globale”.

Aspettative alte

Il manager ha idee chiare. “Quando ero nei miei trenta, ho deciso che non sarei sceso a compromessi che violassero i miei principi. E anche se ho già ottenuto molto: devo dimostrare ancora una volta il mio valore ed è una grande responsabilità”, osserva.

I principi? “Dico quello che penso. Do il massimo. Ho aspettative molto alte nei confronti di me stesso e dei nostri team: per me sono importanti le prestazioni, il comportamento costante e la lealtà. Mi considero parte di un sistema e mi aspetto che tutti aderiscano a ciò che rappresentiamo come azienda. Chiunque deve essere coinvolto, anche in modo critico, ma alla fine dobbiamo essere tutti uniti”.

Il post tracollo di Credit Suisse

L’integrazione di Credit Suisse (CS)? “Stiamo facendo buoni progressi. Per prima cosa abbiamo dovuto stabilizzare i nostri clienti e i nostri dipendenti. Poi abbiamo rimborsato il più rapidamente possibile gli aiuti della Confederazione a CS. In seguito, sono state integrate tutte le unità operative. Per farlo, abbiamo dovuto ottenere 180 autorizzazioni da 80 autorità di regolamentazione in 40 paesi! I clienti di CS sono attualmente in fase di migrazione verso le piattaforme di UBS. Stiamo trasferendo dati per un totale di oltre 110 petabyte: un petabyte corrisponde a 500 miliardi di pagine di testo standard stampato o a due anni e mezzo di visione ininterrotta di un film”.

Che cosa dire della paura che molti hanno di una mega-banca e dei suoi rischi? “In primo luogo, va riconosciuto che UBS ha fatto parte della soluzione quando Credit Suisse era allo stremo e l’obiettivo era quello di evitare danni alla Svizzera. UBS ha un modello di business sostenibile, una capitalizzazione molto forte e molta liquidità. Per questo è stata in grado di intervenire”.

“Il totale di bilancio di UBS e Credit Suisse insieme è ora inferiore di circa il 60% rispetto a prima della crisi finanziaria del 2008”, prosegue il Ceo. “All’epoca, l’investment banking rappresentava circa due terzi del bilancio; una volta completata l’integrazione del Credit Suisse il comparto non rappresenterà più del 25% del nostro capitale. UBS dispone ora di un capitale di quasi 200 miliardi di dollari per assorbire eventuali perdite, quattro volte superiore a quello perso negli anni successivi alla crisi finanziaria. Anche se UBS avesse un problema, è altamente improbabile che i contribuenti perdano un franco”, assicura il manager.

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