Fermo amministrativo e principi di ragionevolezza e proporzionalità

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La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 32062 depositata il 12 dicembre 2024, intervenendo in tema di fermo amministrativo, ha statuito il principio secondo cui in materia di fermo amministrativo […] è irrilevante la notevole sproporzione tra il valore della sanzione ed il valore del bene sottoposto a fermo, dato che l’art. 86 del P.R. n. 602 del 1973 non prevede alcun limite di proporzionalità o di valore del credito tra i presupposti di applicabilità della misura (cfr. Cass. n. 22018 del 21/09/2017);

[ occorrendo, comunque, ed in ogni caso] la necessaria proporzionalità tra lo strumento di tutela offerto dall’ordinamento al creditore e l’ interesse del debitore che viene conseguentemente sacrificato;”

La vicenda ha riguardato un  contribuente a cui, l’Agente della riscossione, aveva notificato un fermo amministrativo. Il contribuente contestava la legittimità del fermo che era stato posto su un’automobile di elevato valore. Il contribuente sosteneva che vi fosse una sproporzione evidente rispetto al debito tributario. I giudici di merito rigettarono le doglianze del ricorrente. Il contribuente avverso la decisione di secondo grado proponeva ricorso per cassazione fondato su quattro motivi.

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I giudici di legittimità rigettavano il ricorso del contribuente; dichiarano inammissibile la costituzione in giudizio dell’Agenzia delle entrate riscossione a mezzo di difensore del libero foro.

Gli Ermellini hanno evidenziato, secondo il costante orientamento, che il preavviso di fermo che faccia seguito a un atto impositivo divenuto definitivo per mancata impugnazione, non integra dunque un nuovo e autonomo atto impositivo, con la conseguenza che, in base al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, esso resta sindacabile in giudizio solo per vizi propri e non per questioni attinenti all’atto da cui è sorto il debito, e tali ultimi vizi, dunque, non possono essere fatti valere con l’impugnazione del preavviso di fermo, salvo che il contribuente non sia venuto a conoscenza della pretesa impositiva solo con la notificazione dell’atto predetto (cfr. Cassazione, sentenze n. 16641 del 2011 e Cass. n. 8704 del 2013);”

Peraltro, i giudici di piazza Cavour precisano che “la scadenza del termine per proporre opposizione a cartella di pagamento determina, pertanto, la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione e produce l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito sotteso, pur senza determinare anche la cd. conversione dell’eventuale termine di prescrizione breve in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 civ. (cfr. S.U. n. 23397/2016; Cass. n. 5060 del 2016)”

In altri termini per il Supremo consesso l’importo del credito tributario, di 4.000 euro,  ed il valore del veicolo, stimato in 30.000 euro,  non costituisce un disequilibrio tale da rendere la misura arbitraria o irragionevole.

Infatti per i giudici della Suprema Corte in base all’art. 1 dello Statuto dei contribuenti, le disposizioni in esso contenute, “in attuazione delle norme della Costituzione, dei principi dell’ordinamento dell’Unione europea e della Convenzione europea dei diritti dell’uomo costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario, criteri di interpretazione della legislazione tributaria e si applicano a tutti i soggetti del rapporto tributario”;

(…) anche la scelta da parte dell’agente della riscossione circa l’adozione di misure quali il fermo dei beni mobili registrati (art. 86 P.R. n. 602/1973) deve rispettare, dunque, tale parametro, dovendo essere ponderato il sacrificio imposto al contribuente con le esigenze della riscossione;

(…) tali canoni devono ritenersi oggettivamente violati, con la ragionevolezza che abbia a sconfinare in arbitrio, quando, ad esempio, emergano significativi disequilibri nel sottoporre a fermo autoveicoli di consistente valore per assicurare la riscossione di crediti di limitatissimo importo; 

 

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