Un anno bisestile. Con un giorno in più per far danni, ma a cui non possiamo rimproverare la disonestà: d’altronde, era cominciato di lunedì. E siccome siamo in Sicilia, il 2024 che oggi salutiamo ha messo subito le cose in chiaro: aprendosi e chiudendosi con la munnizza. Perché forse non lo ricordiamo più, ma i primi giorni di quest’anno li abbiamo vissuti in piena emergenza, con le strade invase dalla spazzatura anche e soprattutto nelle due più grandi città dell’Isola, Palermo e Catania. Un problema risolto? Non proprio. Come tanti, in questo lungo anno di manette, sangue e neanche l’acqua per lavarlo via (soprattutto se siete di Agrigento).
L’anno distratto della politica siciliana
Ci sono voluti quasi dodici mesi, ma sulla spazzatura il presidente della regione Renato Schifani, nonché commissario speciale alla maleodorante questione, ha portato a casa il suo mezzo risultato: ha un piano. Manca il resto. Si tratta del nuovo piano di gestione dei rifiuti, approvato a fine novembre, con la sorpresa di 46 nuovi futuri siti, due termovalorizzatori e discariche quintuplicate. Nonché l’idea di guadagnare sui rifiuti, con la produzione di energia. Ma, pare, soprattutto di farci guadagnare i privati. Destino comune, quella di restare a cavallo tra gli anni, anche per l’altra battaglia del governatore: il ripristino delle ex province. Con un disegno di legge scritto, riscritto e comunque puntualmente bocciato e rimandato in commissione: sempre in bilico tra voti ballerini, litigi nella maggioranza e persino una tirata d’orecchi della Corte Costituzionale. Tempi biblici, ma comprensibili. Tra elezioni amministrative ed europee, indagini della magistratura e rimpasti di giunta spesso minacciati e poi diventati necessari (nota per il 2025: fare attenzione a cosa si desidera): via Marco Falcone (a Bruxelles), Luca Sammartino (dimesso dai giudici) ed Elena Pagana (dimessasi da sola), si è fatto posto ad Alessandro Dagnino, Salvatore Barbagallo e Giusy Savarino. Mezzi risultati, quelli di Schifani, che sono comunque meglio della promessa siciliana di Matteo Salvini: l’inizio dei lavori per il Ponte sullo Stretto entro il 2024. Lo ha detto a gennaio, ripetuto a marzo, ma nonostante il giorno in più dell’anno, di cantieri neanche l’ombra. Non il problema principale di Salvini sull’Isola, comunque, che ha però chiuso l’anno portando a casa l’assoluzione nel processo Open Arms a Palermo.
La cronaca nerissima del 2024 sull’Isola
Un bollettino di guerra: è quello che, quest’anno, è diventata la conta delle vittime degli incidenti sulle strade siciliane, con picchi di 15 morti in dieci giorni a ottobre. Un numero che non tiene conto degli altri fatti di sangue sull’Isola, alcuni dei quali diventati dei casi nazionali. Come la strage di Altavilla Milicia, nel Palermitano, dove un uomo, a febbraio, ha ucciso la moglie e i due figli con – si scoprirà dopo – la complicità della figlia 17 enne. Dopo averli torturati per una settimana, «per liberarli da Satana». Strage diversa, stavolta sul lavoro, quella di Casteldaccia, sempre nel Palermitano: cinque operai morti, un solo sopravvissuto, intossicati da idrogeno solforato mentre eseguivano dei lavori di manutenzione in un impianto di sollevamento delle acque fognarie. Solo il caso più eclatante dell’anno ma non certo l’unico: tanto da posizionare la Sicilia in zona rossa tra le regioni italiane per il numero di morti sul lavoro. E il 2024 è stato anche l’anno degli stupri: mai così tanti raccontati sui media. Mentre ancora non si era spenta l’eco per lo stupro di gruppo a Palermo dell’estate 2023, a febbraio, alla villa Bellini di Catania, una 13enne veniva violentata da sette ragazzi, compresi quelli che tenevano fermo il fidanzato 17enne della vittima.
L’estate 2024 in Sicilia senza acqua (solo lacrime)
Mentre Catania veniva seppellita dalla cenere vulcanica dell’Etna e soprattutto la Sicilia centro-occidentale faceva i conti con la siccità – tra navi cisterna della Marina Militare, sindaci che occupano dighe e le file di notte, ad Agrigento, per riempire alla fontana i bidoni per fare una doccia -, troupe televisive e inviati da tutto il mondo sbarcavano sull’Isola. Era agosto e a Porticello, frazione di Santa Flavia, ancora nel Palermitano (nota scaramantica: il 2024, evidentemente, era tra quelli che dicono arancino), lo yacht Bayesian naufragava. Registrando sette vittime e un lungo caso a base di complottismo internazionale e una certa quota di invidia sociale. Ma l’estate ha messo a dura prova soprattutto la Generazione X: i nati tra il ’65 e l’80, abbastanza grandi per ricordare due casi che hanno tenuto con il fiato sospeso tutta Italia. Come la morte del piccolo Alfredino, caduto in un pozzo, nel Lazio, nel 1981: un ricordo rievocato questo giugno dal caso di Palazzolo Acreide, nel Siracusano, dove Vincenzo, dieci anni, è morto per annegamento dopo essere caduto dentro a un pozzo profondo 15 metri, durante un campo estivo. Una tragedia seguita, a settembre, dalla morte di un idolo: il calciatore Totò Schillaci che, partito dal quartiere Cep di Palermo, fece sognare l’Italia durante le notti magiche di Italia ’90.
Le nuove parole del 2024
Quest’anno, però, ha anche dato a tutti la possibilità di imparare due nuove parole. La prima è vermocane: il nome del verme di fuoco, com’è stato anche ribattezzato, lungo tra i 15 e i 30 centimetri, sempre più presente nel Mediterraneo. Lo stesso che ha impazzato quest’estate negli scatti dei bagnanti, comprese le foto delle ustioni provocate dall’inquilino del mare, comunque preferibili ai pelfie (i selfie ai piedi, per lo più in spiaggia). La seconda parola, più recente, è pezzotto: prestito partenopeo che sta per falso, resa nota dalla maxi indagine internazionale sullo streaming audiovisivo pirata, partita a novembre dalla procura di Catania.
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