Impianto biometano a Piombino Dese: la preoccupazione di Legambiente

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Giusto un mese fa, era il 1 dicembre, si sono ritrovati in tanti i cittadini che si oppongono alla realizzazione di un impianto a pochi metri dalle abitazioni e dal Parco delle sorgenti del Sile. In realtà un impianto a biogas, a Torreselle di Piombino Dese, c’è già. Ma dopo dodici anni in cui i residenti sopportano e si lamentano dei cattivi odori, questa proposta proprio non è stata apprezzata. Il progetto di conversione in impianto a biometano non convince davvero nessuno a Piombino Dese. Neppure l’amministrazione comunale. 

A queste voci contrarie si unisce così anche quella di Legambiente Veneto che esprime preoccupazione in merito alla situazione che si sta creando a Piombino Dese. Pur riconoscendo il ruolo cruciale del biometano nella transizione energetica e nella promozione di un’economia circolare, l’associazione sottolinea l’importanza di valutare attentamente ogni progetto. Per Legambiente la produzione di biometano può rappresentare un’alternativa ambientalmente sostenibile ai combustibili fossili, a condizione che essa sia realizzata nel rispetto dei principi di sostenibilità ambientale, economica e sociale. Inoltre per Legambiente gli impianti che trattano scarti agricoli e zootecnici sono certamente necessari per garantire una corretta gestione degli scarti organici ad allevamenti, attività agricole ed agroindustriali che devono però necessariamente essere insediate e operative entro i confini regionali o comunque collocate a distanze ragionevoli dagli impianti.

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L’impianto in questione, situato a Torreselle in Comune di Piombino Dese, secondo Legambiente non appare ad oggi certamente un esempio di “biometano fatto bene” cioè che rispetta i principi fondamentali di localizzazione, sostenibilità e trasparenza. Il progetto prevede infatti il raddoppio della produzione, con un conseguente aumento esponenziale del traffico di mezzi pesanti in un’area densamente abitata, a ridosso del Parco Regionale del Fiume Sile e dotata di un assetto viario già congestionato e non adeguato a sopportare un aumento del carico di traffico che comprometterebbe irrimediabilmente la qualità della vita dei residenti. Inoltre la cittadinanza non è stata adeguatamente coinvolta nel processo autorizzativo ed anzi pare sia quasi stata evitata dal proponente dato che lo stesso non ha ancora presentato pubblicamente il progetto e le intenzioni dell’azienda.

Nonostante queste evidenti criticità, la procedura autorizzativa sembra non voler rallentare per garantire opportuni approfondimenti ed integrazioni, ma al contrario pare sia stata accelerata, limitando ancor di più la possibilità di un confronto pubblico e di un’analisi approfondita delle implicazioni degli impatti viari su traffico, ambiente e salute. 

Gestione sostenibile della materia prima e collocazione degli impianti di biometano, sono secondo Legambiente gli elementi essenziali per garantire che gli impianti servano alle attività agricole del territorio e non comportino un aumento della pressione viabilistica sul territorio. Anche il digestato prodotto dall’impianto deve essere gestito in modo corretto e sostenibile, evitando dispersioni casuali in ambiente e garantendo la sua valorizzazione agronomica sempre da parte degli agricoltori del territorio. Altro elemento che sottolinea Legambiente è quello della partecipazione della comunità troppo spesso sottovalutata invece di essere coinvolta attivamente nelle fasi di progettazione e autorizzazione dell’impianto.

Luigi Lazzaro, presidente di Legambiente Veneto, spiega: «Questo progetto ad oggi rappresenta molti dubbi e potenziali problemi per il benessere dei cittadini ed il futuro del territorio per questo ci schieriamo dalla parte della popolazione preoccupata e ci appelliamo alle istituzioni competenti invitandole a fare massima chiarezza attorno al progetto proposto, prendendosi tutto il tempo necessario per restituire ai cittadini un’indagine approfondita prima di avanzare con la procedura autorizzativa». Conclude poi Lazzaro: «Il biometano può essere una fonte di energia rinnovabile, ma solo se prodotto in modo sostenibile con materiali di scarto proveniente dal territorio, nel rispetto degli agricoltori e delle comunità locali, in impianti collocati fuori dai centri abitati. Autorizzare impianti che non rispettano questi semplici criteri significa fornire una pessima immagine di una tecnologia che al contrario, se ben realizzata e collocata, può essere molto utile».



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