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Contenuto tratto dal numero di dicembre 2024 di Forbes Italia. Abbonati!
Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, in Italia fuma il 24% degli adulti, cioè più di dieci milioni di persone. Una percentuale che, stando all’ultima indagine Eurobarometro sull’opinione degli europei nei confronti del tabacco e dei prodotti correlati, è in linea con la media europea e lontana da quelle di paesi come Bulgaria (37%), Grecia (36%) e Croazia (35%). La prevalenza del fumo in Italia è scesa rispetto a 15 anni fa, quando era superiore al 30%, ma è ancora molto distante dal 5% che molti membri europei dell’Organizzazione mondiale della sanità si sono posti come obiettivo. Al ritmo attuale, per scendere sotto quella soglia occorrerebbe circa mezzo secolo.
A rendere difficili i progressi nella riduzione del tasso di fumatori è il fatto che molti non vogliono abbandonare le sigarette. Secondo un’indagine condotta da Eurispes anche grazie al contributo di Philip Morris Italia, riportata all’interno dell’ultimo Rapporto Italia, il 68,6% degli intervistati non ha mai provato a smettere. Solo il 12,2% dice di volerlo fare entro sei mesi, mentre il 15,5% afferma di non voler smettere affatto.
Non solo prevenzione e cessazione
Al momento i principali strumenti per contrastare il fumo in Italia sono le campagne di sensibilizzazione e prevenzione, indirizzate a chi non ha ancora cominciato, e i Centri Antifumo per i fumatori, che mettono a disposizione professionisti in grado di offrire trattamenti come le terapie farmacologiche e il supporto psicologico nel percorso di disassuefazione. Il problema è che le persone che si rivolgono alle strutture sono poche – nell’ultimo anno solo 8.500, cioè meno dell’1% dei fumatori – e la percentuale di successo dei trattamenti è bassa. Lo si evince dallo stesso Rapporto Italia, in una indagine che ha coinvolto 65 Centri Antifumo e ha trovato che il 64% delle strutture assiste meno di 50 pazienti. Solo due su 65 parlano di trattamenti efficaci all’80-100%, mentre 22 su 65 riportano un’inclinazione alla ripresa della dipendenza tra il 20% e il 40%.
Queste evidenze suggeriscono, quindi, di guardare a possibili risposte che vadano oltre la prevenzione e la cessazione, che pure restano le soluzioni migliori, aprendo a diverse alternative.
I casi di Gran Bretagna e Svezia
All’estero ci sono due casi interessanti di riduzione consistente del numero di fumatori. Uno è quello della Gran Bretagna, che ha portato avanti una politica che ha promosso le sigarette elettroniche come alternativa per i fumatori che non smettono e le ha incluse nelle politiche basate sulla riduzione del rischio. Secondo le statistiche ufficiali, nel 2023 è arrivata al minimo storico dell’11,9% di fumatori. Il principio di riduzione del rischio si propone di ridurre gli effetti negativi di comportamenti rischiosi quando questi risultano non eliminabili. L’obiettivo è quello di cercare soluzioni pragmatiche per aiutare a ridurre i rischi causati dal fumo, in particolare per coloro che non possono passare immediatamente dal rischio elevato rappresentato dalle sigarette tradizionali al rischio zero della cessazione.
L’altro caso è quello della Svezia, paese pioniere dello snus e delle nicotine pouches. Il primo consiste in bustine di tabacco in polvere da porre tra il labbro superiore e la gengiva (vietato in tutti gli altri paesi europei), le seconde invece sono bustine prive di tabacco contenenti sali di nicotina. Nel paese scandinavo, secondo gli ultimi dati dell’Istituto Nazionale Svedese di Salute Pubblica il numero dei fumatori è calato costantemente, passando dal 16% registrato nel 2004 al 4,6% del 2024. Un risultato che ha consentito alla Svezia di centrare l’obiettivo di ridurre la prevalenza di fumatori al di sotto del 5%. Anche nel nostro Paese sono disponibili da tempo prodotti senza combustione per chi non smette di fumare. L’indagine Gli italiani e il fumo, realizzata dal Censis in collaborazione con Philip Morris Italia, ha evidenziato che i fumatori scoprono questi prodotti soprattutto tramite passaparola tra amici, parenti e conoscenti, non da canali ufficiali. Ciò significa che molti ricorrono a fonti informali e non scientifiche, con il rischio che si diffondano disinformazione e false credenze.
La campagna sfumature
È alla luce di tutto ciò che Philip Morris Italia ha avviato Sfumature, una campagna che si pone l’obiettivo di favorire un dibattito aperto e partecipato che possa comprendere il principio di riduzione del rischio come possibile terza via, accanto a prevenzione e cessazione. Un nuovo approccio a un fenomeno estremamente complesso, che apra a un confronto senza pregiudizi, considerando il problema in tutte le sue “sfumature”.
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