C’è un tesoro, non ci stancheremo mai di ripeterlo, che vale miliardi e che il nostro paese deve ancora capire come sfruttare al meglio. E’ il turismo nautico, in ogni sua declinazione.
Turismo nautico 2025, cosa fare
Nel 2024, nonostante siano stati fatti degli indubbi passi avanti (patentino nautico, nuove dotazioni, ecoincentivi…) il mondo delle barche (e di tutti coloro che delle barche fruiscono, ad ogni livello) è ancora appesantito, soprattutto, da vizi endemici. A partire da una burocrazia lenta e complessa, da leggi bizantine, obblighi asfissianti, oneri eccessivi, approdi insufficienti, cari ed elitari, controlli in mare continui, scarsi servizi.
Vediamo allora di proporre qualche idea, dei suggerimenti (in alcuni casi, consigli) per migliorare il settore rendendo la nautica (e il turismo nautico) più efficiente e accessibile a un pubblico sempre più ampio. In più puntate, tema dopo tema sviscereremo problemi e proposte per risolverli per il 2025 che inizia.
Dopo esserci occupati del titolo di skipper professionista ancora fermo, registro telematico delle barche, fine vita imbarcazioni oggi vi parliamo di porti turistici e aree marine protette, una vera e propria miniera per il turismo nautico.
Porti turistici, cosa deve cambiare
Per la portualità turistica è un periodo di venti favorevoli. Il bilancio economico è in crescita per i quarto anno consecutivo (media 2 per cento), aumentano gli ormeggi stanziali e in transito, diversi approdi sono in via di completamento (Palermo, Piombino, Pietra Ligure, etc.) e molti altri sono sulla rampa di lancio. Inoltre i gestori dei porticcioli hanno festeggiato lo scorso novembre un’ottima notizia, visto che il decreto Infrazioni ha escluso le strutture portuali dedicate alla nautica dalla Direttiva Bolkestein (quella che rivoluziona le procedure di affidamento, le modalità e la durata dei contratti di concessione del demanio marittimo), facendo ritrovare certezze al settore.
Per le strutture dedicate al diporto (e i punti di ormeggio) restano quindi in vigore i precedenti criteri di assegnazione. Il comparto, che ormai conta circa 500 approdi lungo tutta la penisola (e le isole) con almeno 170 mila posti barca, spinge ora per una modifica catastale dei marina finalizzata all’esenzione dell’Imu, per incentivi mirati alla riqualificazione delle strutture esistenti e per la semplificazione delle procedure per i dragaggi. Ben vengano.
Restano tuttavia una serie di criticità generali: l’assenza di un coordinamento nazionale sulla portualità turistica, che comporta insediamenti in ordine sparso decisi da Regioni e Comuni (dove gli interessi locali possono essere molto forti), spesso in concorrenza tra loro; una collocazione spesso infelice dei nuovi porti, con effetti deleteri sulla linea di costa circostante e la necessità di continui dragaggi; l’uso speculativo, con spazi sempre maggiori dedicati a centri commerciali, parcheggi ed edilizia residenziale; la tendenza al gigantismo, con molti posti barca riservati a unità sempre più grandi; l’incapacità di fare “rete”; l’assenza di criteri di qualità, per cui a costi di ormeggio stellari, non corrispondono spesso equivalenti servizi.
Proposte – Creare una cabina di regia nazionale per coordinare l’operato di Regioni ed enti locali sulla portualità turistica in modo da evitare concorrenze di campanile o concentrazioni e, viceversa, evitare (attraverso finanziamenti o sgravi) tratti di costa troppo scoperti. Riservare una quota maggiore di posti barca alle unità di piccole-medie dimensioni. Fare “sistema” incentivando un coordinamento comune (tipo Croazia). Stabilire una classificazione di “qualità” così come avviene per gli hotel (stelle), con una effettiva corrispondenza tra tariffe richieste e servizi offerti.
Riserve marine, ognuno fa per sé. Ci vogliono più cambi boe!
Il nostro Paese ha la più ampia rete di aree marine protette nel Mediterraneo: sono 29 per una superficie totale di oltre 200.000 ettari a mare con circa 700 chilometri di coste alle quali vanno aggiunti 2 parchi marini sommersi, 2 parchi nazionali con protezione a mare e il Santuario Internazionale dei mammiferi marini (Santuario dei Cetacei). Si può dire che il “meglio” del nostro mare è sotto tutela, ma è complicato navigarci. Ogni riserva, anche se con regole generali comuni, decide in autonomia le zone fruibili al diporto, i periodi, le modalità di accesso, la necessità di permessi e le eventuali tariffe. Un gran calderone dove le regole non sono facilmente comprensibili o bisogna “ricostruirle” scorrendo decreti, delibere e circolari. Spesso poi campi boe o campi di ormeggio attrezzati mancano o sono insufficienti e le modalità di accesso o prenotazione farraginose.
Proposte – Il modo migliore per conoscere (e apprezzare) le riserve marine è, appunto, dal mare. Bisogna quindi bilanciare le esigenze di tutela di un bene ambientale fragile con un turismo nautico a basso impatto ambientale. Le ultime modifiche al Codice della Nautica consentono di realizzare campi boa e ormeggi attrezzati sia nelle zone di riserva generale (B) che di riserva parziale ( C ), serve quindi che gli organismi di gestione si attivino in questo senso. Sarebbe utile inoltre creare siti online efficienti e comprensibili, con mappe aggiornate degli ormeggi e la possibilità di effettuare prenotazioni. Bene anche destagionalizzare i flussi dei diportisti con iniziative ad hoc (tariffe agevolate, organizzazione di escursioni a terra, etc.).
Fabrizio Coccia
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