L’appello di un padre separato tocca corde profonde: perché credo vada affrontato il tema

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Prestito personale

Delibera veloce

 


di Jakub Stanislaw Golebiewski*

Un post anonimo condiviso nel gruppo Facebook della mia associazione Padri in Movimento, dedicato a genitori separati in difficoltà, racconta una storia che a mio parere tocca corde profonde. Un uomo, un padre non sposato, si rivolge alla comunità per chiedere aiuto: riferisce che la sua ex compagna gli impedisce di vedere il figlio, e lui cerca consigli per affrontare questa situazione senza causare traumi al bambino. È un racconto che, dal mio punto di osservazione, rispecchia una realtà purtroppo comune, fatta di conflitti familiari che mettono a dura prova non solo i genitori, ma soprattutto il benessere emotivo dei figli.

Secondo i dati Istat relativi al 2021 si sono registrati circa 95.000 separazioni e 83.000 divorzi, e nell’85% dei casi sono coinvolti figli minori. Sebbene la legge italiana, sancita dall’articolo 337-ter del Codice Civile, tuteli il diritto del bambino a mantenere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori, l’affidamento esclusivo viene concesso alla madre nel 86% delle situazioni, ovvero 2621 casi esclusivi alla madre contro soli 398 al papà. Questo dato evidenzia come gli stereotipi culturali, che identificano la madre come figura principale nel ruolo di caregiver e nel quale si riversano le sue risorse emotive e lavorative, possano relegare il padre a una posizione marginale. Questo porta a una sofferenza condivisa da entrambi i genitori, con il padre spesso vissuto come una figura di serie B, condannata alla solitudine e, in molti casi, a condizioni economiche precarie. Tali pregiudizi non solo limitano la partecipazione del padre, ma svalutano il contributo fondamentale che entrambi i genitori possono dare al benessere e alla crescita del figlio.

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

L’autore del post esprime una preoccupazione comune a molti genitori separati: il timore che intraprendere vie legali possa aggravare la situazione o creare tensioni dannose per il figlio. E su questo posso dire che non è un timore infondato. Tuttavia, quando il dialogo tra le parti fallisce, l’intervento giudiziario diventa l’unica strada per garantire al bambino un rapporto stabile e continuativo con entrambi i genitori. Strumenti come ad esempio la negoziazione assistita o la mediazione familiare possono rappresentare una valida alternativa: secondo l’Associazione Nazionale Mediatori Familiari, il 73% dei percorsi di mediazione si conclude con un accordo che riduce i tempi e i conflitti rispetto a un processo legale.

Il problema principale resta però la lentezza della giustizia italiana, un problema che il governo, nella persona del ministro Carlo Nordio, deve onorare con serietà. Secondo il rapporto Doing Business 2020 della Banca Mondiale, per ottenere una sentenza definitiva in ambito familiare in Italia possono servire 2-3 anni. In molti casi, le controversie familiari si protraggono per un decennio o più, un lasso di tempo durante il quale il legame tra genitore e figlio può subire danni irreparabili.

Il post anonimo, pur riferendosi a una situazione personale, solleva a mio avviso un problema più ampio e collettivo, mettendo in evidenza la necessità urgente di riforme. È fondamentale che le istituzioni intervengano per garantire il benessere dei bambini e tutelare il diritto a mantenere relazioni familiari equilibrate. In questo contesto, è cruciale che vengano adottate misure per:

– Semplificare e velocizzare le procedure nei conflitti familiari;
– Rendere la mediazione familiare più accessibile, evitando però che diventi un obbligo in casi di violenza accertata;
– Sensibilizzare la società sull’importanza della bigenitorialità, riconoscendo il valore paritario di madri e padri nella crescita e nel benessere dei figli.
– Estendere il congedo di paternità obbligatorio da 10 giorni a 5 mesi, come quello di maternità, favorirebbe l’uguaglianza di genere e un equilibrio nelle responsabilità familiari, migliorando il benessere dei figli.

Già nel 2018, durante il primo governo Conte, l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, Filomena Albano, presentò la Carta dei diritti dei figli nella separazione dei genitori, un documento di rilevante importanza, che tuttavia rimane largamente inapplicato nella pratica. Ispirata alla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e promossa da Save the Children, la Carta identifica dieci diritti fondamentali per i minori coinvolti nelle separazioni, tra cui il mantenimento delle relazioni con entrambi i genitori, l’ascolto, la protezione dai conflitti e il diritto a vivere la propria età. Il documento mira a garantire la centralità dei figli nelle crisi familiari, centralità che è tutelata anche dalla nostra Costituzione.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Mi auguro che il 2025 segni un cambio di rotta, trasformando la giustizia in un’alleata delle famiglie. Che storie come quella di questo papà, o di tante mamme nella stessa condizione, non siano più segnate dalla sofferenza, ma dall’impegno delle istituzioni nel garantire i diritti dei bambini e riconoscere il valore di entrambi i genitori. Credo e ne sono pienamente convinto che ogni conflitto, per quanto doloroso, può diventare un’opportunità di rinascita se guidato dall’amore per i figli. È da questo amore che possiamo costruire un mondo migliore per le generazioni future. Buon anno.

*Fondatore e presidente di Padri in Movimento



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link