TRENTO. Safeguarding policy. Tradotto dall’inglese signfica “politica di salvaguardia”. Dal primo gennaio lo sport italiano, e quindi anche quello trentino e altoatesino, faranno i conti con una nuova figura, dirigente o addetto ai lavori, per la tutela dei tesserati in tutte le società sportive. Detto brutalmente si configura una sorta di “carabiniere” designato dal presidente o da un consiglio direttivo per far partire le inchieste sugli abusi nell’ambiente dello sport professionistico e dilettantistico a largo raggio.
Ambiente che è complesso, delicato, articolato, variopinto, psicologicamente spesso fragile, a rischio complicazioni nel mondo giovanile, ormai globalizzato con incroci di razza, etnia, religione, convinzioni personali, disabilità, età e orientamento sessuale.I nuovi modelli di condotta e i codici di questo ruolo innovativo e dirompente per lo sport sono contenuti nella riforma dello sport. Sui siti federali e dei club già compaiono informazioni precise. La Federcalcio ha predisposto già, per esempio, pene e sanzioni differenziando i professionisti dai dilettanti.
Quello che chiameremo il garante della prevenzione per le discriminazioni, figura imparziale e neutra, che dovrebbe – il condizionale è d’obbligo per la verifica nel 2025 di questa operazione voluta dal Governo e dal Coni – operare con efficacia, senza rappresentare un incubo ma una tutela, sui campi e nelle associazioni sportive, raccogliendo materiale e ascoltando sussurri e indicazioni per poi operare una propria inchiesta e disporre le soluzioni.
Prima degli interventi di avvocati e di magistrati. Un’operazione di calmierazione di tensioni e di conflitti, di situazioni da affrontare specchiandosi nelle disposizioni regolamentari e negli statuti di ogni Federazione iscritta al Coni. Nei giorni scorsi si è tenuto un incontro della Federazione italiana degli sport invernali del Trentino e il suo consulente, l’avvocato Andrea Antolini di Tione, profondo conoscitore di diritto sportivo e di leggi penali e civili, ha riferito il prossimo ingresso di questa nuova figura, definendola con chiarezza “responsabile contro abusi, violenze e discriminazioni”. Nomina obbligatoria. All’avvocato Antolini ci siamo rivolti per “salutare” l’avvio operativo di questa normativa con le Federazioni che hanno preparato e pubblicato sui loro siti, con testi aggiornati a metà dicembre, dei regolamenti della salvaguardia, che promuove un maggiore impegno e sensibilità.
Avvocato, ci sembra una notizia esplosiva questa dell’arrivo di un “giudice” della correttezza e della tutela della dignità dei tesserati in tutte le società sportive dello Stivale?
«La funzione di questa nuova figura – spiega il legale di Tione, che ha indagato nelle pieghe della legislazione sportiva – e della disciplina ad essa riferita risulta finalizzata alla tutela del diritto alla salute e del benessere psico-fisico dei tesserati, rimuovendo alla radice qualsiasi forma di discriminazione basata su etnia, convinzioni personali, disabilità, età, identità di genere, orientamento sessuale, lingua, opinione politica, religione, condizione patrimoniale, di nascita, fisica, intellettiva, relazionale o sportiva. È questo il concetto basilare.
Così – precisa Antolini – nasce l’esigenza di avere un Safeguardian Officer (Supervisore del Safeguarding), chiamato a svolgere compiti di prevenzione, vigilanza e segnalazione in caso di abusi che si verificano nello sport. Il Safeguardian Officer, che è il primo referente gerarchico del Safeguard delle società, in qualità di responsabile federale di queste politiche, ha il dovere di procedere, senza indugio, a inoltrare le segnalazioni acquisite da terzi o per cognizione diretta all’Ufficio del Procuratore Federale».
Quali sono i poteri di questo garante, da quando inizierà ad operare nell’ambito della riforma generale dello sport?
«I poteri riconosciuti sono molto ampi: può disporre audizioni; procedere a ispezioni; presenziare agli eventi e allenamenti senza preavviso; può formulare raccomandazioni alle affiliate. Per erigere un sistema che fosse il più possibile capillare, la riforma dell’ordinamento sportivo ha previsto che ogni Associazione o Società Sportiva affiliata deve nominare “un responsabile contro gli abusi, violenze e discriminazioni”; la nomina deve essere adeguatamente pubblicizzata mediante pubblicazione sulla homepage dell’affiliata e presso le strutture associative. Il responsabile è destinatario di un compito non semplice: invero, deve vigilare affinché la pratica sportiva, ampiamente intesa (incontri formativi, allenamenti, trasferte, per intenderci), avvenga senza episodi che potrebbero turbare il regolare svolgimento delle attività».
Entrando nel merito e spiegando da queste colonne gli obiettivi principali, come inciderà a livello preventivo ed esecutivo questa nuova regolamentazione?
«Su questo punto il Regolamento è chiaro: è necessario scongiurare – e reprimere – qualsiasi forma di abuso psicologico, abuso fisico, molestie e/o abusi sessuali, il bullismo, cyberbullismo, comportamenti discriminatori, abuso di mezzi di correzione e, per la prima volta, la cosiddetta negligenza di assistenza. Le linee guida del Coni segnalano alcuni contesti che possono qualificarsi come “situazioni di rischio”: gli ambienti, luoghi e spazi in cui è facilitato il contatto fisico e l’esposizione fisica (come spogliatoi, docce, etc.); i viaggi, le trasferte e i pernottamenti; i trattamenti e prestazioni sanitarie che comportino necessari contatti fisici tra tesserati, soprattutto se minori e altri soggetti; le manifestazioni sportive di qualsiasi livello.
In altre, parole, un compito non facile per la nuova figura del responsabile delle politiche di safeguarding.In sinergia con il Safeguardian Officer, il responsabile è tenuto a mantenere alta la vigilanza, intervenendo prontamente qualora ravvisi comportamenti non conformi alla legge o al regolamento federale. Per le associazioni e le società sportive le nuove disposizioni obbligano a istituire un modello organizzativo e di controllo dell’attività volto a garantire il rispetto delle linee guida dettate dal Coni».
Avvocato Antolini, l’argomento ha destato e sta destando un interesse notevole per dirigenti, tecnici, maestri, addetti ai lavori, sportivi adulti e giovanissimi, top player e talenti alla Sinner o alla Messi, alla Pellegrini o alla Battocletti. Una sorta di rivoluzione del controllo e della gestione della privacy, una difesa aggiuntiva nei casi di difficile interpretazione prima di degenerazioni in ambito sportivo. Ci sono però ancora tanti interrogativi su come verrà gestita l’attività del tutore.
«Il primo problema che si pone per le Società è se nominare come responsabile un componente interno alla società stessa membro del Direttivo o Associato, oppure optare per una nomina esterna. In tal senso, le direttive del Coni non danno una posizione netta, consigliando comunque la nomina di un esterno, richiedendo che tale ruolo sia ricoperto da un soggetto che sia autonomo, indipendente e competente.
La nomina di questo componente esterno pone problemi alle società di individuazione di un soggetto che, se non professionista, si assuma un incarico che risulta gravoso per responsabilità e se professionista che vada a gravare economicamente sul bilancio della società stessa.
Un membro interno all’Associazione, dall’altro lato, ha il vantaggio di una conoscenza diretta delle dinamiche associative con un minor dispendio economico per la Società stessa, tenendo comunque presente che tale soggetto deve garantire imparzialità e autonomina delle decisioni. La nomina di un membro esterno sarebbe più consigliata andando a rafforzare quelle indicazioni del Coni dei principi di credibilità ed imparzialità che tale figura andrebbe a ricoprire».
Il consiglio sulla nomina di un “esterno” è finalizzato a risolvere il dilemmi legati alla scelta. Come ci ha rivelato il presidente dell’Ata Battisti di Trento, Renzo Monegaglia, che dirige una delle Accademie più importanti della regione e un club di livello nazionale, nonchè manifestazioni di tennis Atp e Wta a livello mondiale: non è stato facile trovare la persona adatta, che avrà un carico di lavoro micidiale per il benessere di piccoli ma anche di potenti club dai tantissimi soci. La legge parla di una persona fisica unica, non di un consiglio di salvaguardia.…
«La nomina di un membro esterno andrebbe anche a garantire una maggiore tranquillità per l’associazione e del suo direttivo nell’eventualità di verificarsi di eventi che potrebbero esporre l’associazione stessa a responsabilità ed eventuali sanzioni sia ambito ordinario che in ambito sportivo. Tale figura del Safeguarding incardina nella figura stessa una sorta di responsabilità oggettiva che avrà risvolti, sia dal punto di vista civile in ordine di inadempimento contrattuale che di natura extracontrattuale, o della più grave responsabilità penale a titolo di concorso nell’eventuale mancata segnalazione di reati o a titolo di colpa per un’attività insufficiente, negligente o incompleta predisposizione di linee guida che possano evitare il verificarsi di abusi, discriminazioni o violenze.
Dirà poi la casistica se questa nuova figura andrà assimilata a figure già presenti nel nostro ordinamento, come quelle del Rpct (Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza) o Rspp (Responsabile del servizio di prevenzione e protezione) o altre figure di garanzia e controllo. Ogni associazione sportiva, comunque, dovrà vigilare soprattutto nelle situazioni potenzialmente critiche della normativa, tenendo comunque presente che chi ometterà di denunciare situazioni critiche, risponderà avanti la Giustizia Sportiva.
Questa nuova figura, quindi dovrà portare maggiore attenzione alle società sportive nei rapporti interni tra le varie componenti sociali e tra i fruitori dei servizi della società, senza creare comunque un “allarmismo”, che potrà essere evitato seguendo le linee guida del Coni – così prosegue l’illuminante dichiarazione del dottor Antolini. Una sinergia positiva tra Selfguarding e Società andrà a creare quello che il legislatore ha voluto tutelare e, cioè, la sicurezza degli atleti, la loro salute e il loro benessere attraverso la promozione di un ambiente sportivo positivo ed inclusivo, regolamentato da una adeguata Safeguarding Policy».
Avvocato, ci spieghi quali conseguenze avrà la mancata nomina del safguarding e se ci sono eventuali interazioni con la giustizia sportiva.
«Come ho già sottolineato – chiosa il competente legale giudicariese – la mancata nomina da parte di una società sportiva della figura innovativa del “safeguard” comporterà per la stessa una sanzione di natura disciplinare sportiva, che potrà avere anche natura economica. Il nuovo ruolo anti-abusi e discriminazioni avrà il compito precipuo di coordinarsi con l’Officer delle Federazioni, che ha un ruolo gerarchico più alto, quando è venuto a conoscenza di fatti ritenuti rilevanti per la nuova normativa di tutela dei tesserati.In tal senso l’orientamento anche della procura generale dello sport è di segnalare fatti oggetto di violazione con la cosiddetta “denuncia precoce” e successivamente far intervenire l’autorità giudiziaria se è di sua competenza consequenziale.
Ogni Federazione appartenente al Coni ha elaborato seminari specifici di approfondimento della materia, predisponendo un’idonea modulistica per i propri affiliati che si rivolgono alla nuova figura». Insomma, da mercoledì, inizia l’era della politica di salvaguardia in tutti i settori dello sport italiano.I protagonisti del luminoso, ma non per questo complesso e umanamente delicato, pianeta dell’atletismo e della sua organizzazione con i tesserati sono decisamente avvisati.
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