A Gaza 43 uccisi. E Abu Mazen mette a tacere Al Jazeera

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Al Jazeera è ufficialmente una nemica dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) del presidente Abu Mazen. La rete televisiva grazie alla quale, per oltre 20 anni, la giornalista Shireen Abu Akel, aveva riferito dai Territori palestinesi sotto occupazione militare prima di essere uccisa nel 2022 da colpi sparati da un soldato israeliano, non potrà lavorare più in Cisgiordania. Ampia la condanna della decisione – presa da un comitato ministeriale dell’Anp e valida fino a quando sarà chiarito lo «status legale» della tv – da parte di movimenti politici, partiti, ong, centri per i diritti umani e semplici cittadini, per questo attacco alla libertà di stampa e di opinione, simile a quello attuato lo scorso anno da Israele nei confronti dell’emittente qatariota.

Non tutti i palestinesi partecipano alla condanna di questa mossa liberticida. Il partito Fatah, spina dorsale dell’Anp, ha già ostacolato nei giorni scorsi il lavoro dei reporter di Al Jazeera nel nord della Cisgiordania. Incerta la posizione del Sindacato dei Giornalisti Palestinesi (Pjs) che pure, appena lo scorso novembre, aveva organizzato una importante iniziativa internazionale a sostegno dei colleghi a Gaza dove circa 200 operatori dell’informazione sono stati uccisi dai raid israeliani e Al Jazeera è stata più volte presa di mira. Se da un lato il Pjs chiede all’Anp di annullare la sua decisione e di rispettare la libertà di informazione, dall’altro esorta la tv qatariota «a cessare la sua politica di istigazione…e a interrompere qualsiasi pratica che possa danneggiare l’unità palestinese, la pace civile e l’armonia sociale». Il PJS ha fatto sue le ragioni dell’Anp, pur sapendo che «l’unità nazionale palestinese» di cui parla viene erosa da alcune settimane dall’«operazione di sicurezza» che i reparti speciali agli ordini di Abu Mazen stanno attuando a Jenin tra le contestazioni di buona parte dell’opinione pubblica palestinese. «Mentre Israele attacca e distrugge Gaza e uccide migliaia di civili tra cui giornalisti, l’Anp ha scelto di colpire la resistenza a Jenin e di chiudere Al Jazeera», diceva ieri al manifesto un reporter cisgiordano che ha chiesto di rimanere anonimo alla luce delle decisioni liberticide prese dal comitato ministeriale. «Non c’è alcuna istigazione nel raccontare ai palestinesi e al resto del mondo quanto accade in questa terra, il punto vero è che Al Jazeera è considerata da Israele e anche dall’Anp un mezzo d’informazione che simpatizza con Hamas e per questo vogliono bloccarla», ha aggiunto il reporter.

Se Jenin nel 2022 fu la scena in cui si materializzò l’omicidio di Shireen Abu Akel, Jenin è ora la ragione dell’attacco ad Al Jazeera da parte dell’Anp. La «colpa» della tv è quella di aver criticato l’operazione delle forze di sicurezza dell’Anp a Jenin contro i combattenti armati palestinesi di varie fazioni. Secondo il comitato ministeriale, formato dal premier Mohammed Mustafa, Al Jazeera diffonderebbe informazioni che «istigano contro l’Anp» attraverso «resoconti parziali e materiale controverso», fino ad «interferire negli affari interni della Palestina». Al Jazeera ha replicato accusando l’Anp di aver agito «in linea con le azioni dell’occupazione israeliana contro il suo personale» e per «provare a dissuadere il canale dal coprire gli eventi in rapida escalation che si stanno verificando nei Territori occupati». Ha quindi chiesto di consentire ai suoi giornalisti di riferire liberamente dalla Cisgiordania senza intimidazioni. «Quando Israele ha bandito AJ mesi fa, ho sollecitato le autorità interessate a revocare quella decisione. Ora chiedo lo stesso all’Anp. Il giornalismo non è un reato», ha scritto su X Francesca Albanese, Relatrice dell’Onu per i diritti umani nei Territori occupati. L’Associazione della stampa estera (Fpa) ha espresso «grave preoccupazione». «Questa azione solleva seri interrogativi sulla libertà di stampa e sui valori democratici nella regione. Al Jazeera è stata una preziosa fonte di informazioni sulla situazione nei territori palestinesi, tra cui Gaza», ha scritto in un comunicato.

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Come sottolinea la Fpa, i giornalisti di Al Jazeera ieri a Gaza hanno continuato ad operare in condizioni di pericolo e ambientali molto difficili – già costate la vita a diversi dei loro colleghi – per riferire al mondo ciò che accade nella Striscia. Tra mercoledì e ieri, almeno altri 43 palestinesi sono stati uccisi da raid aerei israeliani in tutta Gaza. Alcuni in un’area, Al Mawasi, designata come umanitaria, dove Israele ha colpito il capo della polizia, Mahmoud Salah, e il suo vice, Husam Shahwan, e altre nove persone. Tel Aviv le ha descritte come «terroristi di Hamas». Dopo il bombardamento i soccorritori hanno trovato, oltre ai morti, molti bambini feriti. «Almeno dieci tende sono state danneggiate ed erano visibili incendi» ha raccontato Salim Abu Sabha, un paramedico.

L’accordo per un cessate il fuoco a Gaza sarà al centro di nuovi negoziati oggi in Qatar: Hamas si mostra ottimista, Israele è scettico. Intanto tregua in Libano è sempre più fragile. Ieri l’aviazione israeliana ha colpito presunte rampe di lancio di missili a Iqlim al Tuffah.



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