Aveva fatto appello a un centro anti-violenza per risparmiare alle figlie i maltrattamenti dei due padri, poi le bambine le sono state tolte dagli assistenti sociali. Questa è la situazione in cui si è trovata una madre di 36 anni residente in un paese alle porte di Biella che, di colpo, si è vista portare via le due figlie, rispettivamente di dieci e quattro anni, che in seguito sono state riconsegnate proprio ai padri (le bambine sono nate da due relazioni diverse) da cui la donna aveva provato a proteggerle. L’allontanamento dalla madre sarebbe stato determinato dalla relazione stilata da un’educatrice, che due settimane fa è stata denunciata dalla madre alla Procura della Repubblica di Biella per falsità ideologica in atti pubblici e circonvenzione d’incapace.
La storia di una madre biellese: «Mi hanno tolto le mie bambine»
A parlare a Eco di Biella per la donna è l’avvocato Miraglia, già noto a livello nazionale per aver rappresentato alcune famiglie nel caso scoppiato nel 2019 a Bibbiano, che ha ricostruito le dinamiche che hanno portato al nascere di questa vicenda. «A causa dei due compagni violenti, la mia assistita si è dovuta rivolgere a un centro antiviolenza. Di conseguenza, il caso è stato preso in carico dai servizi sociali e affidato a una cooperativa socioassistenziale. Ciò che doveva essere un percorso di protezione, però, si è poi trasformato in un incubo: durante un incontro con la sua educatrice, infatti, la figlia maggiore avrebbe riferito di essere stata picchiata dalla madre. Senza un’indagine approfondita, l’educatrice della cooperativa ha redatto una relazione accusatoria, dipingendo la donna come una madre inadeguata e proponendo l’affidamento delle bambine ai rispettivi padri, entrambi con precedenti episodi di violenza nei loro confronti. Uno dei due, inoltre, ha un passato segnato dalla tossicodipendenza ed è stato coinvolto in operazioni giudiziarie, con un arresto legato al traffico di droga insieme ad altre 36 persone».
«Dichiarazioni manipolate»
«Non si tratta di alimentare conflitti tra i genitori – sottolinea poi Miraglia – ma di evidenziare la necessità di un approccio più attento e imparziale nella gestione di situazioni famigliari complesse, evitando manipolazioni e condizionamenti. Invece di mantenere un approccio neutrale, l’educatrice avrebbe infatti cercato di manipolare le dichiarazioni della bambina».
Registrazioni audio a sostegno della denuncia
A sostegno di questa tesi l’ avvocato modenese avrebbe presentato una registrazione audio in cui l’educatrice si sarebbe rivolta alla bambina dicendole: «Allora sono successe delle cose che ti hanno fatto stare molto male, ok?». E ancora: «Ne parliamo un’altra volta così hai tempo di pensarci». Queste parole, secondo l’avvocato, sarebbero state un tentativo deliberato d’influenzare la testimonianza della bambina, un tentativo di «piegarne le dichiarazioni a una sua interpretazione errata della vicenda». Da quel momento la madre biellese non avrebbe più rivisto le bambine, se non durante alcuni incontri protetti che, in altre occasioni, le sarebbero stati spesso negati: «La mia cliente aveva addirittura chiesto se fosse possibile fare una videochiamata nel giorno di Natale – racconta l’avvocato – una videochiamata per fare alle proprie figlie gli auguri. Che rischio ci sarebbe stato? Nessuno. Eppure questa possibilità le è stata negata».Sulla base della relazione redatta dall’educatrice, i servizi sociali avrebbero anche richiesto la decadenza della facoltà genitoriale della madre: «Questa richiesta, formulata sulla base di una presunta violenza, è stata respinta dal Tribunale dei minori di Torino – spiega l’avvocato Miraglia – la mia assistita non è nemmeno iscritta nel registro degli indagati. Non c’è nulla che faccia pensare che non sia idonea alla gestione delle figlie se non quella relazione».
«Manifestato un pregiudizio nei confronti della donna»
Ciò che l’avvocato recrimina maggiormente a chi ha gestito questa situazione è di aver dimostrato un pregiudizio nei confronti della sua assistita: «I servizi sociali si sono basati esclusivamente sulle relazioni fatte dalla cooperativa, mentre le valutazioni degli psicologi descrivono la madre come una figura premurosa e attenta, smentendo di fatto l’immagine di donna violenta dipinta dall’educatrice».
«Mancano i controlli da parte delle istituzioni»
«L’obiettivo della denuncia, oltre a quello di far riabbracciare madre e figlie, è quello di porre l’attenzione sulla mancanza di controlli da parte delle istituzioni – aggiunge in conclusione l’avvocato – e i conseguenti abusi che colpiscono le vittime più vulnerabili. Questa vicenda dimostra infatti come l’esternalizzazione dei servizi sociali alle cooperative abbia di fatto eliminato il controllo diretto degli enti pubblici. Le famiglie si ritrovano così in balia di decisioni arbitrarie e incontrollate, spesso motivate più dal profitto che dal reale interesse per il benessere dei minori».
Gianmaria Laurent Jacazio
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