Un giudice a Roma. Gli immigrati, il governo e la protezione dello stato di diritto

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Un giudice a Roma. Gli immigrati, il governo e la protezione dello stato di diritto

di Cataldo Intrieri

Nello scorso fine settimana l’agenzia ANSA ha battuto con il laconico titolo “La Cassazione: la valutazione dei Paesi sicuri spetta ai ministri” una opinabile sintesi del contenuto di una “ordinanza interlocutoria” della Prima sezione civile della Cassazione nella scottante materia dell’immigrazione.

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Con essa in ordine ad un ricorso del governo contro uno dei tanti decreti del tribunale di Roma che disapplicava la recente legge meloniana sui trattenimenti albanesi la Suprema corte di legittimità decideva di interpellare la Corte di giustizia europea sulla compatibilità delle “grida” (per eventuali rari lettori disfunzionali, vedasi I promessi sposi di Alessandro Manzoni) governative in materia di immigrazione con le direttive europee.

Con questa decisione la Cassazione nella sostanza ratificava le ordinanze più recenti dei vituperati giudici italiani che di fronte al varo di decreti-legge del governo indicanti i paesi “sicuri” si sono rifiutati di convalidare i trattenimenti in Albania con conseguente umiliante (per il governo) rientro dei migranti in Italia interpellando a loro volta la Corte di giustizia.

Sulla base di una sintesi incompleta e di un titolo fuorviante (si vuole sperare per semplice ignoranza dello stagista addetto) si è data la stura ad una clamorosa manipolazione della realtà in funzione di propaganda filo-governativa (presumibilmente involontaria) da parte dei soliti corifei dell’attuale maggioranza, che hanno inneggiato ad una inesistente vittoria delle loro tesi.

La vicenda dice molto sia dell’attuale stato dell’informazione italiana che della cultura e delle attitudini democratiche dell’attuale compagine di governo (sedicenti moderati compresi), ed ancor di più dell’inquietante futuro che attende la difesa dello Stato di diritto nel nostro paese.

Il titolo ed il sunto dell’Ansa sono quantomeno “grossolanamente esagerati” per parafrasare la reazione di Mark Twain di fronte alla notizia falsa della sua dipartita.

Innanzitutto trattandosi nel caso di specie di un ricorso del governo italiano avverso un provvedimento di un tribunale che aveva respinto la convalida di un trattenimento in Albania avrebbe dovuto essere chiaro che ove la Cassazione avesse inteso dare ragione all’esecutivo meloniano avrebbe accolto il reclamo ed annullato la decisione dei giudici.

Ciò non è avvenuto, il rigetto della detenzione in Albania è rimasto e rende allo stato, va detto con chiarezza (soprattutto per gli stagisti dell’informazione giudiziaria) totalmente inapplicabile tutta la legge dei trasferimenti in Albania.

Occorrerà aspettare, dunque, la decisione della Corte di giustizia europea prevista per fine febbraio ma che verrà resa nota non prima di marzo?

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Sicuramente, ma con una avvertenza: che ben difficilmente essa porrà fine al contrasto tra la politica e la magistratura.

Il presidente della Prima sezione civile della Cassazione, Alberto Giusti, giurista tra i più raffinati, quale relatore dell’ordinanza ha ritenuto con una inconsueta iniziativa di soffermarsi diffusamente sulla situazione attinente l’attuale disciplina dell’immigrazione, in particolare del fiore all’occhiello partorito da Meloni con la trovata dei campi di concentramento appaltati alle nazioni vassalle europee, sorta di discariche umane esternalizzate.

Ove si avesse avuto la pazienza di leggere la quarantina di complesse pagine dell’ordinanza forse (forse) si sarebbe capito che la Cassazione ha fatto propri, con qualche ulteriore sviluppo, gli stessi argomenti esposti nella nota sentenza del 4 ottobre della Corte di giustizia sulla base della quale i giudici italiani hanno rifiutato di applicare passivamente la trovata “albanese” della Meloni e la sua illusione di aver trovato la soluzione di una “procedura accelerata” di rimpatrio.

Come noto l’escamotage consiste nella formulazione di una lista di paesi sicuri in base alla quale procedere in automatico ai rimpatri, peraltro impedendo ai migranti, compresi i rifugiati politici, di toccare “i confini della patria” affittando il lavoro sporco ad un qualche paese di seconda fila disposto allo smaltimento dei rifiuti umani per qualche spicciolo.

Questa la sostanza della “nuova politica europea” proposta dal governo italiano ad una divisa Commissione europea senza più autorevolezza.

Ben difficilmente la Corte di giustizia potrà dire cose diverse da ciò che hanno detto i tribunali italiani ed oggi la Cassazione e che anche qui si è sottolineato sin dal primo momento, e che cioè nessun elenco, a qualsiasi livello formulato, nazionale e sovranazionale può impedire ad un giudice di ascoltare le ragioni di chi ritenga di essere perseguitato e discriminato per ragioni attinenti la sua condizione.

E sul punto non si facciano (interessate) confusioni: se la nota sentenza della Corte di giustizia di ottobre faceva riferimento alla sola ipotesi di “parti” territoriali non sicure come requisito per negare la condizione di sicurezza di un paese, la Casazione va ben oltre.

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Scrivono i supremi giudici che «la procedura accelerata di frontiera non può applicarsi là dove, anche in sede di convalida del trattenimento, il giudice ravvisi sussistenti i gravi motivi per ritenere che il paese non è sicuro per la situazione particolare in cui il richiedente si trova. In ogni caso, le eccezioni personali, pur compatibili con la nozione di paese di origine sicuro, non possono essere ammesse senza limiti. Tali eccezioni, infatti, non sono ammesse a fronte di persecuzioni estese, endemiche e costanti, tali da contraddire, nella sostanza, il requisito dell’assenza di persecuzioni che avvengano generalmente e costantemente, perché, altrimenti, sarebbe gravemente pregiudicato il valore fondamentale della dignità e, con esso, la connotazione dello Stato di origine come Stato di diritto». Chiaro?

 

Di fronte ad un migrante che invochi la protezione perché perseguitato il giudice ha il dovere di approfondire ed in tal caso la procedura “accelerata” per i tempi necessari all’approfondimento non si può applicare. Il migrante resterà nel paese di soccorso per partecipare alla procedura.

 

Piuttosto c’è da chiedersi come mai la Cassazione abbia ritenuto di esternare tali convinzioni in attesa della decisione finale della Corte di giustizia: non mancherà di sicuro qualche zelante interprete della volontà governativa che criticherà quella che può sembrare una precisa suggestione della giurisdizione italiana a quella europea.

È probabile che abbia pesato la sgangherata campagna di condizionamento e propaganda che la premier ha aperto con il suo goffo ed inammissibile invito ai giudici europei di appoggiare le politiche dei governi europei contro il fenomeno dell’immigrazione.

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Una iniziativa gravissima che solo una stampa cloroformizzata e minacciata poteva passare sotto silenzio (poi magari diremo di una informazione che tace ai suoi lettori per 10 giorni la notizia del sequestro di una collega perché ammonita a farlo dal governo “per non disturbare il manovratore).

Di fronte ad una situazione di tale gravità è comprensibile che la magistratura italiana, anche quella non schierata politicamente, chieda la copertura delle corti europee.

Ed infatti ormai anche l’indipendenza dei giudici europei, delle corti sovranazionali sono nel mirino dei sovranisti come lascia intendere lo stesso neo-leader dei conservatori Mateusz Morawiecki che si è scagliato contro l’ingerenza della “burocrazia giudiziaria” dell’UE.

Se non si è capito questo è in ballo oggi, la stessa esistenza dei trattati e delle carte europee che contengono i principi fondamentali di uno Stato di diritto, tutelati da giudici sovranazionali che li applicano senza i limiti dei “sacri confini”.

Sarebbe opportuno che lo capisse, a tale proposito, la stessa magistratura italiana, invece di preoccuparsi della tutela dei suoi privilegi.

La difesa del diritto e della giurisdizione europea è la grande battaglia per la democrazia che deve unire la cultura giuridica italiana e dell’Unione europea, prima che sia troppo tardi.

Sul tema si vedano anche Corte di giustizia: l’Egitto non è un paese sicuroPaesi sicuri e categorie di persone “insicure”: un binomio possibile? Il Tribunale di Firenze propone rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE di Cecilia Siccardi, Il Tribunale di Bologna chiede alla Corte di Giustizia di pronunciarsi sul DL paesi sicuri, La sentenza della Corte di Giustizia del 4 ottobre 2024, causa C-406/22, secondo una prospettiva “interna” e di diritto dell’Unione Europea di Marcella Cometti https://www.giustiziainsieme.it/it/diritti-umani/3299-sentenza-della-corte-di-giustizia-del-4-ottobre-2024-causa-c-406-22-paesi-sicuri-marcella-cometti.

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