Scuola, il successo degli istituti tecnici in Veneto: il liceo classico sta sparendo

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di
Alice D’Este

L’8 gennaio ripartono le iscrizioni per il prossimo anno scolastico. Bussetti (direttore dell’Usr Veneto): «Serve un nuovo umanesimo tecnologico»

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Si potrebbe chiamare «la grande corsa agli istituti tecnici», quella cominciata diversi anni fa e mai interrotta. E ora che dall’8 al 31 gennaio si riapriranno le iscrizioni al nuovo anno scolastico la tendenza sembra oltremodo consolidata. Secondo i dati diffusi dall’Ufficio scolastico regionale nell’anno scolastico 2024/2025 (quello in corso) gli studenti veneti hanno optato per un sapere più pratico e legato alle competenze specifiche, con 221 iscrizioni in più ai tecnici e 878 iscrizioni in meno ai licei rispetto all’anno prima. Quasi un migliaio di ragazzi, dunque, ha preferito altro, con picchi di – 240 iscrizioni al liceo artistico, -189 al liceo classico e -89 alle scienze applicate mentre è in risalita lo scientifico con +118 iscritti.

Fanalino di coda è proprio il liceo classico ormai scelto solo dal 3,1% degli iscritti, preceduto nel podio dei numeri piccoli soltanto dallo sportivo con l’1,4% e dal musicale con lo 0,6% (entrambi però sono a numero chiuso) e dal fallimentare progetto del liceo Made in Italy che si ferma allo 0,1%. I ragazzi, insomma, al liceo classico non ci vanno più. E se anche gli istituti professionali sono in diminuzione con 102 iscritti in meno dello scorso anno il boom è sicuramente degli istituti tecnici con ormai il 40,3% degli studenti che li sceglie(+221 iscrizioni rispetto allo scorso anno) in particolare nelle declinazioni «Amministrazione finanza e marketing» e «Turismo», che vedono rispettivamente 270 e 246 studenti in più rispetto allo scorso.




















































I motivi della diminuzione

«Per noi il 2024/2025 dopo lunghi periodi di relativa stabilità è stato il primo anno in cui abbiamo registrato una diminuzione di iscritti — dice Roberto Fattore, preside dello storico liceo classico Maffei di Verona — abbiamo fatto una classe in meno rispetto al solito. Il calo del classico diventa sempre una notizia, non so bene però quanto questo sia percepito dalle famiglie come un problema. E’ un processo indubbiamente in corso e bisogna prenderne atto, fa parte di un contesto culturale di cambiamento più ampio in cui gli studi classici e un certo tipo di studi in generale vengono percepiti come inutili, poco produttivi e forse poco spendibili nel futuro. Siamo in un contesto in cui anche i genitori in questa programmazione ferrea della vita del tempo dei loro figli in questa sorta di efficientismo spinto chiedono che la scuola dia competenze chiare puntuali mentre è chiaro che il percorso formativo di un liceo prevede tempi di formazione più lunghi che abbiano poi uno sbocco all’università e poi c’è il tema degli studi delle lingue classiche che crea sempre più disagio agli studenti».

Lo sviluppo del pensiero critico

Si fa presto a dire «forma il pensiero», «aiuta a riflettere», «permette di sviluppare un pensiero critico». Ormai tra i ragazzi queste sembrano suonare come frasi vuote di senso. «In questi anni non abbiamo avvertito il contraccolpo del calo delle iscrizioni — dice Mariarosa Cesari, preside del liceo classico Marco Polo di Venezia — all’open day il salone del piano nobile della scuola era pieno di genitori e studenti di scuola secondaria di primo grado. Abbiamo percepito interesse e attenzione e spero che si veda anche nelle iscrizioni. La società in cui viviamo però è una dominata dalla cultura scientifica e tecnologica con innovazioni che corrono velocissime. Il Liceo Classico rischia di apparire anacronistico, mentre invece presidia e sviluppa il ragionamento logico, critico e riflessivo indispensabile in questa società della semplificazione, della banalizzazione e di quell’analfabetismo che sta prendendo sempre di più proprio per i ragazzi l’aspetto di una incapacità di comprendere i testi che si leggono».

Il trend degli Its

Una visione, quest’ultima, che ormai sembra però lontana sia dalle famiglie che dagli studenti che in generale sono sempre meno (in tutti i gradi di scuola). Le iscrizioni hanno visto infatti -8600 studenti veneti nei vari livelli di scuola, fatto che ha come conseguenza una media regionale di alunni per classe molto bassa, intorno ai 20 studenti (18 alle elementari in cui rimangono aperte le piccole scuole). Di tutt’altra direzione, invece, il trend degli ITS, che hanno raddoppiato i loro corsi rispetto a dieci anni fa passando da duemila a più di 4mila. Dalla meccatronica, alla moda, dall’agricoltura green, all’aereonavale, alla sicurezza informatica, al turismo. Gli Istituti Tecnologici Superiori sono ormai entrati nella fase dello sviluppo e del radicamento. Un percorso, quello degli ITS che «chiude» le scuole superiori un anno prima, con la formula del 4+2. «L’Olanda ogni anno mi porta via 5 o 6 dei miei diplomati» ha raccontato Giorgio Spanevello, il direttore dell’Its Meccatronico del Veneto, uno degli indirizzi più gettonati e con chiare prospettive di assunzione.

Il nuovo umanesimo

Sugli ITS, un po’ per adeguarsi al trend europeo, la politica punta da tempo. E lo stesso direttore dell’Usr Veneto, Marco Bussetti rilancia: «Bisogna mettere al centro la persona, anche in questi indirizzi che solo apparentemente sono tecnici — dice — in realtà, gli studenti investono molto in ciò che a loro interessa e che piace. Non sono tanto la leva economica o le possibilità occupazionali ad agire, ma il piacere di lavorare in un contesto equilibrato, liberi di pensare, fare, sentire. Lo dissi già alcuni anni fa: questi ragazzi hanno bisogno di un nuovo umanesimo, di un ambiente in cui c’è spazio per la mente, dove le aziende crescono contando sulla loro persona, sulla capacità di usare le nuove tecnologie, ma anche di immaginare e pensare loro stessi nel futuro, con al centro l’uomo». Non si tratta di ripetere l’esperienza degli anni ‘60, in cui i si formavano i periti per sostenere il boom industriale, ovviamente. «E’ altro — dice Bussetti — parliamo di mettere al centro lo sviluppo della persona. Nell’ambito di questo nuovo umanesimo risulta anacronistica la svalutazione di alcuni percorsi scolastici».


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