Sono passate circa due settimane dal giorno in cui il Direttore Ruffini ha rassegnato le sue dimissioni dall’Agenzia delle Entrate. Le dimissioni sono state accompagnate da più di qualche polemica tutte riconducibili alle dichiarazioni di “addio” rilasciate e dalle indiscrezioni secondo cui sarà impegnato in politica nel prossimo futuro.
Senza dubbio la sua stagione è stata accompagnata da un preciso indirizzo e cioè quello di recuperare l’evasione. Altrettanto, però, deve sottolinearsi come l’azione della Agenzia, sotto la sua direzione, abbia visto mettere all’indice il popolo delle partite Iva tacciato dall’essere caratterizzato per lo più da evasori. Questo paradigma è cavalcato abbondantemente da tutti coloro che considerano le partite Iva come coloro che vivono alle spalle di chi che le tasse le paga perché assoggettato al prelievo “demandato” ai sostituti di imposta.
Il tema dell’evasione vede da sempre contrapposti i lavoratori dipendenti e autonomi con posizione inconciliabili. Il nodo è sicuramente l’interpretazione che viene data al principio costituzionale per cui la tassazione deve avvenire in base alla capacità contributiva applicando la progressività anch’essa declinata dalla Costituzione. A questo riguardo non tutti sono concordi nel ritenere che il sistema fiscale dovrebbe perseguire l’uguaglianza da intendersi come capacità di assoggettare in contribuenti che manifestano un’uguale capacità contributiva a eguale prelievo fiscale. Queste considerazioni portano a porre un limite alla tassazione della capacità contributiva che non può raggiungere prelievi confiscatori che violerebbero gli articoli 41 e 42 della Costituzione, che invece valorizzano la proprietà privata e l’iniziativa economica. Il tutto porterebbe a concludere che la tassazione dovrebbe tendere all’equità, concetto tuttavia altrettanto difficile da inquadrare in maniera oggettiva. Il contrasto tra le due visioni, dunque, ben difficilmente potrà risolversi con un accordo.
Oggi il sistema fiscale italiano, a seguito della moltitudine di interventi sconnessi attuati da tutti i Governi, è molto complicato e non è più quello della riforma degli anni ’70. È facile osservare, infatti, come accanto alla progressività convivono molte cedolari, tassazioni proporzionali, ecc. che nei fatti rendono difficile definire in maniera univoca quale sia oggi il tratto caratterizzante dello stesso.
È opinione comune quella che descrive il nostro sistema fiscale come complesso al pari di quanto lo è il mondo in cui viviamo. Al riguardo si manifesta come interessante una sintesi elaborata dal fisico Fritijof Capra e commentata dal Professore Mauro Ceruti in un recente articolo titolato “Solo la cooperazione ci potrà salvare”. Si tratta di una costruzione innovativa secondo cui i modi di pensare semplificanti sono uno dei problemi più gravi che ci si trova ad affrontare poiché seguendoli si tende a frazionare ciò che nella realtà è intimamente connesso. Secondo questa visione, le soluzioni semplificanti che si tende a cercare sono spesso la causa del problema.
Il fisco italiano è senza dubbio un esempio lampante di questa costruzione essendo complicato dalle innumerevoli interpretazioni dottrinali e giurisprudenziali che, a seconda dei casi, seguono o disattendono le interpretazioni che l’Agenzia delle Entrate propone. Sotto la direzione Ruffini è proprio questo aspetto che è assurto agli onori. Gli innumerevoli adempimenti e interpretazioni operati dall’Agenzia delle Entrate, infatti, hanno finito per complicare la vita dei contribuenti. Nel 2022 l’ex Direttore affermò come la giungla rappresentata dalle norme fiscali avesse bisogno di un riordino posto che lo stesso fisco dovette dare, quell’anno, ben 18 mila risposte ad altrettanti richieste di interpello ricevute. La sua azione non ha agevolato questo riordino, basti pensare ad esempio alla crescita continua delle “istruzioni” che fanno da corredo ai modelli di dichiarazione dei redditi.
Prendendo per buono il “consiglio” del Prof. Ceruti, l’Agenzia, dunque, a differenza di quanto ha fatto negli ultimi anni, dovrebbe dare più ascolto agli attori che affollano il sistema fiscale italiano. Solo sintetizzando le diverse esigenze si potrà guardare con “occhiali diversi” al nostro sistema oggi caratterizzato da una contrapposizione spesso pregiudiziale.
Questo potrebbe essere un suggerimento da dare al nuovo Direttore Vincenzo Carbone, che tuttavia rappresenta una soluzione a tempo, avendo il suo mandato la medesima scadenza, gennaio 2026, di quello previsto per il dimissionario Ruffini. Un tempo forse breve perché la sua azione possa essere incisiva.
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