Gli effetti delle guerra in Ucraina e in Medioriente sulla sicurezza alimentare in Africa

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La guerra in Ucraina ha avuto un impatto devastante sulla sicurezza alimentare di molti Paesi africani che dipendono dalle importazioni di grano. Il conflitto in corso tra Israele e Hamas, Hezbollah, Houthi e Iran, con il coinvolgimento delle grandi potenze – Stati Uniti in sostegno di Israele, Cina e Russia che supportano l’Iran ed i suoi proxy – non hanno aggravato le tensioni soltanto in Medio Oriente, ma hanno anche destabilizzato la già fragile architettura di pace e sicurezza dell’Africa. Un continente che si trova ora ad affrontare una congiuntura critica, con la possibilità di una ulteriore radicalizzazione islamista ed una escalation dei conflitti interni.

Guerre alle porte dell’Europa che per svariati interessi geostrategici convergono sull’Africa e si aggiungono alle minacce intrinseche del continente: cambiamento climatico, resilienza del sistema alimentare, terrorismo di matrice islamica, instabilità politica ed una miriade di conflitti – transnazionali, interni e tribali – sono fattori di stress geopolitico che avvolgono come una soffocante ragnatela l’intero continente.

Secondo il report pubblicato lo scorso mese di maggio da Save the Children, entro il 2030 oltre il 40% della popolazione giovanile mondiale sarà africana, ed entro il 2050 l’Africa rappresenterà più del 25% della popolazione globale, con un incremento fino a 2,1 miliardi e un’età media inferiore ai 25 anni.

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VULNERABILITÀ CLIMATICA E GUERRE D’ACQUA

Il cambiamento climatico ha il potenziale di provocare molteplici condizioni croniche, che si verificano a livello globale nello stesso arco di tempo. Le condizioni economiche e ambientali in aree già fragili si indeboliscono ulteriormente con la diminuzione della produzione alimentare, l’aumento delle malattie, la crescente scarsità di acqua potabile e l’emigrazione di grandi fasce delle popolazioni, soprattutto giovani, alla ricerca di risorse e opportunità.

Crisi complesse che costituiscono una minaccia alla sicurezza, con rischi ambientali e stress correlati che contribuiscono direttamente all’instabilità politica ed economica e alimentano conflitti in diversi Stati e regioni africane.

L’Africa è il continente con il numero più elevato di conflitti al mondo. Secondo il database Water Conflict Chronology del Pacific Institute californiano, attualmente vi sono in corso 147 guerre connesse al controllo delle risorse idriche, dei sistemi idrici e alla sicurezza legata all’accesso all’acqua potabile.

Come conseguenza, sempre secondo il report di Save the Children, l’Africa ha da anni il maggior numero di minori che vive in zone di conflitto armato, 183 milioni di bambini e bambine solo nel 2022. Le conseguenze della crisi climatica hanno inoltre contribuito a portare almeno 33 milioni di persone nell’Africa orientale e meridionale a livelli emergenziali di insicurezza alimentare. Dei 774 milioni di minori che subiscono le conseguenze del duplice impatto di povertà e rischio climatico, il 40% vive negli Stati dell’Africa subsahariana.

Le crisi del mercato globale del grano e dell’energia derivanti dai conflitti in Ucraina ed in Medio Oriente hanno aggravato l’estrema vulnerabilità socio-economica dell’Africa, già in crisi per l’impatto dei cambiamenti climatici, innescando un drammatico aumento dei prezzi dei prodotti alimentari. Conseguenze che hanno sollevato interrogativi sulla resilienza di molti Stati del Nord Africa, soprattutto di Algeria, Egitto, Libia, Marocco e Tunisia, a future perturbazioni commerciali e sulla loro capacità di adattamento al cambiamento climatico. L’instabilità politica e la corruzione hanno inficiato l’impiego e l’efficacia dei finanziamenti della comunità internazionale, concessi per stabilizzare i sistemi alimentari e infrastrutturali dopo la Primavera araba. La capacità delle varie regioni africane di affrontare queste molteplici crisi avrà importanti ripercussioni, non soltanto sulle dinamiche di sicurezza dei singoli Paesi ma anche sugli equilibri geoeconomici globali in materia di sicurezza energetica, stabilità politica di diversi Stati africani e conseguenti ripercussioni sui flussi migratori verso l’Europa.

LE DEBOLEZZE DEL NORD AFRICA

L’Africa settentrionale è da tempo una delle regioni con la maggiore insicurezza alimentare a livello globale, e la sua vulnerabilità agli impatti del cambiamento climatico rappresenta una sfida sostanziale per le risorse idriche e la produttività agricola. L’aumento delle temperature, gli eventi di caldo estremo e i modelli di precipitazioni sempre più irregolari hanno avuto un impatto significativo sulla produzione alimentare, causando un’impennata dei prezzi e una diminuzione della disponibilità di grano. La grave insicurezza alimentare è vertiginosamente aumentata negli ultimi quattro anni in tutti i Paesi dell’Africa settentrionale. In particolare, in Libia, dove anche a causa della guerra la percentuale della popolazione totale che si trova ad affrontare l’insicurezza alimentare è aumentata costantemente, e negli ultimi anni ha raggiunto un preoccupante picco.

Nel medesimo periodo, Algeria e Marocco hanno registrato un simile deterioramento nell’accessibilità e nella sicurezza alimentare, con produzione di grano per l’anno 2022/23 ben al di sotto delle medie storiche a causa delle condizioni di estrema siccità, che sono coerenti con i cambiamenti climatici che impattano sull’intera regione.

Allo stesso tempo, questi Paesi hanno compiuto solo progressi limitati nel migliorare la loro capacità di adattamento al clima, come evidenziato nell’ultimo Indice dei Paesi dell’Iniziativa Globale di Adattamento di Notre Dame (ND–GAIN). In questo report, l’Egitto, con la sua popolazione numerosa e in rapida crescita, è indicato come Paese a rischio significativo. La sua domanda di grano sta rapidamente superando la produzione interna, esponendolo alle fluttuazioni dei prezzi in quanto uno dei maggiori importatori netti del mondo. Inoltre, è probabile che la produzione agricola egiziana sia già stata massimizzata, mentre molte aree produttive, in particolare lungo il Nilo e nel Delta del Nilo, sono altamente esposte agli impatti climatici, tra cui l’innalzamento del livello del mare, che con la sua intrusione salina vanifica gli sforzi per mantenere fertili i territori coltivabili.

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Le tensioni internazionali hanno provocato rallentamenti ed interruzioni alla catena logistica di approvvigionamento, aggravando le vulnerabilità sistemiche del Nord Africa, data la sua dipendenza dal grano ucraino. Negli ultimi tre anni Egitto, Libia, Marocco e Tunisia hanno registrato aumenti dei prezzi del grano fino al 50%. Nemmeno l’Algeria, un esportatore netto di grano, è riuscita a mitigare le ripercussioni della guerra in Ucraina, a causa della sua significativa dipendenza dalle importazioni di fertilizzanti dalla Russia, che utilizza come forma di pressione politica.

L’iniziativa delle Nazioni Unite per i cereali del Mar Nero, lanciata nel luglio 2022, è riuscita a stabilizzare i flussi commerciali e i prezzi dei prodotti alimentari in Nord Africa, contribuendo a riattivare temporaneamente le esportazioni dell’Ucraina verso questi Paesi. Tuttavia, l’interruzione dell’accordo da parte della Russia nel luglio 2023 ed i successivi attacchi alle infrastrutture di esportazione ucraine rappresentano una grave minaccia per la sicurezza alimentare dell’Africa.

L’Egitto, sesto beneficiario a livello globale nell’ambito dell’Iniziativa sul grano del Mar Nero, è particolarmente esposto a questo rischio sebbene, nonostante sia stato colpito dai picchi di prezzo legati alla guerra in Ucraina, la crisi non sia stata così catastrofica come negli anni precedenti alla Primavera araba.

Ciò è dovuto in parte al fatto che questa volta il governo ha adottato politiche economiche per ridurre l’impatto sui consumatori. Tra queste, l’acquisto di una maggiore quantità di grano a livello nazionale, l’istituzione di un tetto massimo di prezzo per il pane e l’attuazione di diversi provvedimenti per aiutare le famiglie a far fronte all’inflazione dei generi alimentari e dei carburanti, come la riduzione delle tasse e l’aumento dei salari. Al-Sisi, arrivato al potere dal 2013 sfruttando le tumultuose manifestazioni d’insofferenza degli egiziani contro l’allora governo dei Fratelli Musulmani, ha fatto tesoro dall’esperienza passata. Dopo il suo incruento colpo di Stato militare, con il quale ha deposto il presidente Mohamed Morsi, ritenuto responsabile della gravissima crisi politica e finanziaria che si trascinava da tempo nel Paese, subito dopo la sua elezione a presidente della Repubblica araba d’Egitto nel 2014, il suo governo ha lanciato un grande programma di rafforzamento dell’economia. Nel 2014 ha finanziato il raddoppio del canale di Suez, opera strategica per la produzione agricola inaugurata solo dopo un anno di lavori, nell’agosto 2015. Ma il futuro dell’Egitto, così come quello di molti Paesi africani, dipenderà anche dalla loro futura resilienza climatica.

INSICUREZZA ALIMENTARE E INSTABILITÀ POLITICA

Gli shock dei prezzi alimentari non solo minacciano i mezzi di sussistenza e il benessere di milioni di cittadini africani, ma hanno anche effetti negativi sulla stabilità politica. Lo stretto legame tra insicurezza alimentare, disordini sociali e sconvolgimenti politici è stato evidente anche in Nord Africa, quando gli alti costi alimentari e l’incapacità dei governi di dare risposte adeguate hanno scatenato le proteste che hanno dato il via alla Primavera araba all’inizio del 2010.

L’instabilità politica dell’Africa dovrebbe essere al centro del dibattito mondiale ed uno dei temi primari da affrontare nell’ambito della sicurezza Ue. Per l’Italia, in modo particolare, le crisi politiche degli Stati settentrionali che si affacciano sul Mediterraneo rappresentano una ulteriore minaccia, nell’attuale contesto di sganciamento dalle forniture energetiche russe e di importazione di combustibili fossili e di energia. La competizione tra grandi potenze in Nord Africa si aggiunge alle tendenze all’instabilità regionale. Le relazioni conflittuali tra Algeria e Marocco, ad esempio, sono complicate dai legami storici del primo con la Russia, uno dei suoi principali fornitori di armi. Allo stesso modo, la fragilità interna della Libia è aggravata dal coinvolgimento di Russia e Cina nel Paese, attraverso accordi di armi e l’impiego di contractor militari e proxy privati.

Tutto ciò sottolinea l’urgente necessità di attuare strategie per aiutare l’Africa ad affrontare le sfide immediate derivanti dall’instabilità politica e dalla scarsa disponibilità di risorse alimentari, nonché di dare priorità agli investimenti per costruire la resilienza climatica e la stabilità socio-economica. In risposta alla crescente crisi alimentare che ha colpito il Nord Africa negli ultimi anni, i governi e la comunità internazionale hanno attuato una serie di misure per mitigare la situazione nel breve periodo. Sul piano interno, alcuni governi nazionali hanno adottato misure quali la sovvenzione dei prezzi dei prodotti alimentari, la fornitura di aiuti alimentari e l’aumento delle importazioni di prodotti agricoli. La Tunisia, ad esempio, ha inizialmente fatto ricorso al razionamento dei generi alimentari, una misura che ha scatenato proteste e richieste di dimissioni del primo ministro alla fine del 2022. A seguito di tali proteste, l’Ufficio Cereali della Tunisia, una società pubblica controllata dal ministero dell’Agricoltura, delle Risorse Idriche e della Pesca, si è rivolta direttamente alle istituzioni finanziarie internazionali e ha ottenuto un prestito di 161 milioni di dollari per l’acquisto di grano e per la costruzione e il rinnovamento di silos nei campi e nei porti e di infrastrutture per il trasporto del grano.

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A livello internazionale, l’Iniziativa sui cereali del Mar Nero promossa dalle Nazioni Unite ha avuto un impatto positivo sui flussi commerciali e sui prezzi, prima di essere sospesa.

I Paesi del Nord Africa dovrebbero essere supportati a diventare più resilienti e ad affrontare l’attuale crisi alimentare, conseguente alla guerra della Russia in Ucraina ed al conflitto in Medio Oriente, soprattutto in considerazione delle vulnerabilità climatiche, della demografia futura, della crescente domanda di cibo e delle tendenze geopolitiche. Inoltre, l’attivismo di Russia e Cina fa presagire crisi più complesse e forme di guerra ibrida che a livello umanitario avrebbero pesanti ripercussioni sull’Europa, e per quanto riguarda l’energia e le materie prime critiche strategiche sui mercati globali.



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