Le adv di Israele sul 7 ottobre dilagano nelle capitali mondiali

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Se, alcuni giorni dopo il 7 ottobre 2023 hai giocato ad Angry Birds, un gioco molto famoso e scaricato in tutto il mondo in cui uccelli arrabbiati devono difendere le uova da diversi predatori, molto probabilmente hai visto il banner pubblicitario qui in basso: “40 infante were murdered in Israel”. Nonostante il filone dei 40 bambini decapitati da Hamas oggi sia stato definitivamente debuttato, il banner pubblicitario di Israele fa parte di una strategia precisa che attraverso migliaia di advertising in tutto il mondo mira ad oscurare i crimini di guerra in Gaza e convogliare l’attenzione di miliardi di persone solo sugli eventi del 7 ottobre 2023.

“Maria Julia Assis era seduta a mangiare nella sua casa a schiera nel nord di Londra quando suo figlio di 6 anni corre verso di lei nella sala da pranzo con il viso pallido. Il puzzle game sul suo telefono Android era stato interrotto da un video che mostrava militanti di Hamas, famiglie israeliane terrorizzate e filmati grafici sfocati. Su uno schermo nero, un messaggio del Ministero degli Affari Esteri israeliano raccontava al bambino: “ci assicureremo che coloro che ci hanno danneggiato paghino un prezzo pesante” – racconta Reuters in un articolo dal titolo “Gli annunci grafici pro-Israel si fanno strada nei videogiochi per bambini”.

Dal 7 ottobre 2023, Israele ha iniziato una massiva campagna in diversi Paesi del mondo per cercare di focalizzare l’attenzione sui fatti del 7 ottobre piuttosto che sul genocidio e l’evacuazione forzata del popolo palestinese in Gaza e in Cisgiordania. Nel 2024 anche la redazione di InsideOver ha pubblicato in esclusiva 2 pubblicità riscontrate in 2 diverse città turistiche e internazionali: Tirana e New York. Queste operazioni, realizzate attraverso social media, motori di ricerca e persino videogiochi, hanno suscitato dibattiti sull’uso della propaganda in tempi di conflitto e sulla manipolazione dell’informazione.

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Milioni di dollari spesi per una narrativa dominante: il massacro del 7 ottobre

Le adv individuate da InsideOver però sono solo una piccola parte del sistema milionario di propaganda in advertising all’estero di Israele. Nell’ultimo anno Israele ha investito milioni di dollari in annunci pubblicitari mirati con l’obiettivo di plasmare la percezione del conflitto e ottenere il sostegno dei paesi occidentali. Come riportato da TRT World, le campagne hanno enfatizzato le sofferenze della popolazione israeliana, spesso oscurando le conseguenze delle operazioni militari su Gaza. Attraverso piattaforme come Instagram, YouTube, X e Google Israele ha promosso contenuti studiati per convogliare l’attenzione del pubblico esclusivamente sulla sofferenza del popolo israeliano. 

Un articolo di Business Insider rivela che gli annunci israeliani sono comparsi anche su piattaforme frequentate da bambini, inclusi siti di video e videogiochi. Questa scelta ha sollevato questioni etiche riguardo al target scelto e all’adeguatezza dei contenuti, spesso grafici, che miravano a sensibilizzare sugli attacchi di Hamas.

Secondo Reuters, l’inserimento di annunci pro-Israele in videogiochi e app per bambini rappresenta un elemento innovativo ma controverso nelle strategie pubblicitarie legate ai conflitti armati. Questi spazi, tradizionalmente dedicati all’intrattenimento, sono stati trasformati in veicoli per messaggi politici. 

La campagna contro l’UNRWA

Non solo engagement sul 7 ottobre. Una nuova indagine ha dimostrato come Israele abbia pianificato una vera operazione di social media intelligence utilizzando i motori di ricerca per screditare l’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi. Secondo Middle East Eye, annunci sponsorizzati mirati a delegittimare l’agenzia apparivano quando gli utenti cercavano termini legati a Gaza o ai rifugiati palestinesi. La narrativa promossa descriveva l’UNRWA come complice di Hamas, contribuendo a plasmare una percezione negativa dell’agenzia. Mara Kronenfeld, di Unrwa USA, ha evidenziato che l’agenzia ha speso migliaia di dollari e per contrastare e combattere la pubblicità israeliana avversa su Google.

I dipendenti di Google che hanno parlato con Wired hanno detto che le campagne anti-UNRWA erano solo alcune delle numerose campagne pubblicitarie che Israele aveva implementato sulla piattaforma Google negli ultimi mesi. 

Le adv di Israele però non hanno attecchito in tutti i Paesi. Ad esempio, secondo i24News, compagnie pubblicitarie nei Paesi Bassi si sono rifiutate di trasmettere campagne che avevano l’obiettivo di sensibilizzare sull’esistenza di ostaggi israeliani nelle mani di Hamas.

Propaganda e manipolazione dei social media

Israele ha anche fatto largo uso dei propri social media per diffondere la propaganda, come evidenziato da Politico.

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“In poco più di una settimana il Ministero degli Affari Esteri israeliano ha pubblicato 30 annunci che sono stati visti oltre 4 milioni di volte su X, secondo i dati della piattaforma. I video e le foto a pagamento che hanno iniziato ad apparire il 12 ottobre erano rivolti ad adulti di età superiore ai 25 anni a Bruxelles, Parigi, Monaco e L’Aia, secondo gli stessi dati” – scrive sempre Politico.

Gli annunci hanno ritratto Hamas come un “gruppo terroristico feroce”, simile allo Stato Islamico, e hanno mostrato la portata e i tipi di abusi, tra cui immagini raccapriccianti come quella di una donna senza vita e nuda in un camioncino. Un altro video a pagamento pubblicato su X, con testo che si alterna tra “ISIS” e “Hamas”, ha immagini inquietanti che gradualmente accelerano fino a quando i nomi delle due organizzazioni terroristiche si fondono in una. La strategia ha incluso non solo annunci ufficiali, ma anche l’uso di influencer e bot per amplificare messaggi pro-Israele”.

Attraverso un uso sofisticato di piattaforme digitali e annunci mirati, Israele ha cercato di costruire una narrativa che mettesse in luce le proprie sofferenze. Tuttavia, secondo diverse fonti, questa strategia ha anche contribuito a oscurare le conseguenze delle sue azioni a Gaza. Questo solleva interrogativi sull’etica della comunicazione in tempi di guerra e sul ruolo delle piattaforme tecnologiche nel mediare le narrazioni di conflitto.

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