Pubblichiamo la lettera del Cai Valle di Scalve in merito al progetto del comprensorio sciistico Colere – Lizzola. ” Siamo contrari a un progetto che vede il turismo solo come consumo, attraverso interventi che deturpano per sempre il territorio. Le nostre proposte alternative: tante forme di turismo leggero che valorizzano e rispettano la montagna e i suoi abitanti – si legge nella lettera”.
La sottosezione Valle di Scalve del CAI ha partecipato venerdì 3 gennaio all’incontro “Comprensorio sciistico: patrimonio di tutti o parco divertimento per pochi?” a Vilminore di Scalve (in foto), con la partecipazione di Loris Bendotti. Alla serata hanno partecipato anche Agostino Agostinelli, membro del Tavolo Italiano della Convenzione delle Alpi, dirigente nazionale di Federparchi e Vicepresidente di CIPRA Italia – Commissione Internazionale per la protezione delle Alpi, Lucio Toninelli e Angelo Borroni dell’Associazione Orobie Vive, Luca Mangili di FAB – Flora Alpina Bergamasca e il giornalista e blogger di montagna Luca Rota.
Il comunicato del CAI Valle di Scalve
Il Consiglio Direttivo della Sottosezione CAI Valle di Scalve si è riunito per definire la propria posizione in merito al progetto di collegamento sciistico Colere – Lizzola, proposto dalla società RS Impianti. Una formulazione del nostro orientamento è stata sollecitata anche dal Consiglio Direttivo del CAI di Bergamo, a sua volta impegnato in un’azione di discernimento che intende avvalersi anche del parere delle sottosezioni che insistono direttamente sui territori coinvolti. In premessa sottolineiamo che siamo abitanti del territorio, da tempo fortemente impegnati in molteplici iniziative di carattere formativo, di promozione della conoscenza della valle e della fruizione consapevole del suo patrimonio. Infine, siamo il gruppo che ha dato vita nell’Aprile del 2023 al cammino de La Via Decia, al termine di un lavoro durato un anno e mezzo. E che ora prosegue a servizio dei suoi frequentatori.
Lo scriviamo per dimostrare la nostra apertura al turismo come risorsa per l’economia del territorio (a condizione di chiarirne i postulati), e per prevenire l’obiezione stantia che siamo rappresentanti di una nicchia di persone “brave a parlare” ma poco consapevoli dello sforzo quotidianamente richiesto per la sopravvivenza delle comunità del territorio.
Risposta unanime del direttivo
Detto questo, all’unanimità esprimiamo la nostra contrarietà al progetto “Comprensorio sciistico” per una questione di carattere culturale. Al netto delle importanti considerazioni che riguardano l’impatto ambientale di questo progetto, della preziosità dell’area naturalistica coinvolta, del contesto determinato dai cambiamenti climatici, dai costi in termini di risorse economiche – in larga parte pubbliche – e naturali necessarie a sostenerlo, delle reali necessità delle comunità che abitano la montagna (si veda il dibattito sulla carenza dei servizi), del riflesso che una crescita importante del flusso dei turisti potrebbe avere sulle fragili infrastrutture viarie, noi crediamo che la questione riguardi anzitutto la visione di futuro che insieme vogliamo elaborare per i nostri territori. Siamo convinti che l’unica possibilità che abbiamo di valorizzare il nostro patrimonio sia quello di deturparlo in maniera irreversibile per adeguarlo a un modello di turismo che ancora declina il rapporto fra uomo e natura pressoché solo in termini di consumo? O riteniamo che proprio la ricchezza di questo patrimonio rappresenti la risorsa più preziosa di cui disponiamo e che attorno alla sua custodia si possa costruire (anche) una proposta turistica che trovi in questo elemento il suo punto di forza e di coerenza?
Perché rinunciare a fare del paradigma della cura il tratto distintivo di un territorio così prezioso come quello della Val di Scalve? Perché non investire per valorizzarne le storie millenarie di cui è custode? Perché non potenziare la rete dei musei? Perché non elaborare proposte di frequentazione lenta e leggera, fatte di scoperte e anche di incontro con gli abitanti del luogo, per un arricchimento reciproco e non solo per un bisogno di anonimo divertimento? Perché non investire nella valorizzazione delle produzioni locali?
Pensiamo, ad esempio, a esperienze quali bagni in foresta, yoga, incontri con autori, esperienze musicali, di scrittura, di ricerca personale, percorsi formativi outdoor di carattere esperienziale rivolti a scuole e aziende, valorizzazione della pratica dell’alpinismo e dello scialpinismo, cammini, trekking tematici anche guidati, percorsi per mountain bike e bici elettriche, valorizzazione delle produzioni agroalimentari locali con maggiore connessione fra produttori, abitanti, gestori di ristoranti e strutture alberghiere locali, recupero di strutture abbandonate o semi-abbandonate per la realizzazione di esperienze residenziali leggere a stretto contatto con la natura. Su tutto questo esiste ormai un’ampia letteratura di riferimento.
In altri termini, perché non fare nostro lo spirito del tempo che stiamo attraversando, in cui – dalle scuole alle associazioni e mille altre espressioni della società civile – siamo stimolati a intraprendere comportamenti di attenzione al pianeta, attraverso le forme della produzione, la gestione dei rifiuti, la preferenza accordata ai prodotti a km zero, l’economia circolare, il riuso, le pratiche della condivisione e della partecipazione ecc.? Perché nel 2025 ancora riteniamo che l’unica nostra salvezza sia adeguarci a quel modello del “consumare finché si può”, estendendo anche in alta quota quelle stesse forme del vivere che – dentro i grandi centri urbani – già mostrano la corda e alimentano in molte persone il desiderio di un ritorno a forme del vivere più umane?
“Quella del comprensorio è un’idea progettuale vecchia di trenta o quarant’anni – conclude Domenico Belingheri, Presidente di CAI Valle di Scalve -, quando molte delle consapevolezze che oggi stiamo maturando, ancora troppo lentamente, non erano ancora di pubblica evidenza. Oggi abbiamo gli strumenti per qualche cosa di più ambizioso e lungimirante. Da costruire insieme”.
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