Fuoco di Sant’Antonio, tipi di falò e dove vederli in Sardegna

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Luoghi e date dei fuochi di sant’Antonio, una delle feste più antiche e suggestive dell’isola

La notte a cavallo tra il 16 e il 17 gennaio 2025 è dedicata all’accensione dei falò in onore di Sant’Antoni ‘e su fogu, che illuminano tantissimi paesini dell’isola accompagnati da danze, canti e l’apparizione delle prime maschere del Carnevale sardo.

Un’isola a metà tra sacro e profano, la Sardegna, una terra, che dove antiche tradizioni le cui origini si perdono nella notte dei tempi si intrecciano a credenze e riti di carattere più strettamente religioso, creando un mosaico culturale unico e affascinante, difficile da trovare altrove. Un patrimonio caratterizzato da dicotomie che, anziché entrare in conflitto, sembrano vivere in perfetta armonia, fondendosi in celebrazioni e rituali che parlano di identità, fede e appartenenza.

È proprio in questo equilibrio tra opposti che risiede il fascino della Sardegna: una terra in cui il profano si veste di sacro, e il sacro attinge ai simboli della natura e delle antiche credenze, dando vita a tradizioni che continuano a essere il cuore pulsante della comunità. Tra le celebrazioni che meglio incarnano il dualismo insito nel ricco patrimonio folkloristico sardo vi è senza dubbio la festa di Sant’Antonio del fuoco, conosciuta in dialetto come Sant’Antoni ‘e su fogu.

Questo rituale, che illumina la gelida notte a cavallo tra il 16 e il 17 gennaio con il calore dei falò accesi in onore del Santo, affonda le radici in un passato remoto, dove il confine tra riti pagani e devozione cristiana sfuma in un intreccio indissolubile. Dedicata a Sant’Antonio Abate, il leggendario “Prometeo cristiano”, questa peculiare festa celebra infatti il santo che, secondo la tradizione, discese negli Inferi accompagnato dal suo inseparabile maialino per rubare con la ferula il fuoco e donarlo agli uomini. Un atto eroico che cambiò per sempre il destino dell’umanità, permettendo agli uomini di riscaldarsi, cuocere il cibo e vivere vite più confortevoli e durature. Un’impresa che lo rese il protettore del fuoco e, per estensione, degli animali domestici e dei contadini.

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Al tempo stesso, il fuoco non è soltanto un simbolo religioso, legato alla purificazione, alla luce divina e alla protezione dai mali, ma anche un elemento che nella sua essenza è intimamente profano e universale. È l’energia primordiale che unisce le comunità, il fulcro attorno a cui ci si ritrova per condividere storie, canti e antichi saperi. Il fuoco rappresenta la vita quotidiana, il calore che protegge dal freddo dell’inverno e la forza che trasforma gli elementi, rendendo possibile il nutrimento e la sopravvivenza.

Nei falò di Sant’Antonio, questa duplice natura del fuoco emerge in tutta la sua potenza: da un lato, un richiamo alla trascendenza, al contatto con il divino; dall’altro, un’occasione di festa, dove il calore delle fiamme diventa il centro di un momento collettivo di convivialità e tradizione.

Fuochi di Sant’Antonio, l’antico e affascinante rituale dell’accensione del falò

Sebbene l’accensione del falò possa sembrare all’apparenza un gesto relativamente semplice, questa nasconde un rituale alquanto complesso, che prevede il coinvolgimento di tutta la comunità, e spesso si svolge nell’arco di più giornate.

Il rituale prende infatti avvio con la preparazione del falò un’operazione collettiva che inizia il 16 gennaio, noto come Su pesperu (la vigilia). In questo giorno, gli abitanti dei paesi coinvolti si radunano per raccogliere la legna necessaria a costruire le pire, spesso guidati da gruppi di volontari o associazioni locali, e selezionano accuratamente tronchi, rami e altri materiali vegetali, per poi dedicarsi alla preparazione delle fascine e allo sradicamento di una pianta, cava al suo interno (la cosiddetta tuva).

La legna viene poi trasportata nella piazza principale del paese, oggi su un trattore e anticamente su un carro trainato da buoi, accompagnata da un partecipato corteo di carri e di uomini a cavallo e dal suono delle Launeddas (un antico strumento a fiato sardo che viene suonato con la tecnica della respirazione circolare, composto da tre cilindri ricavati da delle canne, in grado di produrre polifonia), dove viene disposta con maestria per creare una struttura stabile e imponente, che ricorda la ferula del santo.

Nei fori dei rami tagliati si inseriscono spesso delle frasche di alloro che non solo hanno una funzione simbolica, ma che serviranno anche per accendere più agevolmente il fuoco. Si tratta di un momento carico di pathos e significato: rappresenta lo sforzo collettivo e l’unione, ma anche la preparazione spirituale per accogliere la benedizione che le fiamme porteranno.

La sera del 17 gennaio, giorno dedicato al santo, il rito entra nel vivo con la benedizione del falò. Solitamente, il sacerdote della comunità guida una processione che attraversa le strade del paese, accompagnato da canti liturgici e dalla partecipazione di fedeli che portano fiaccole accese. Arrivato al falò principale, il sacerdote recita preghiere e asperge la legna con l’acqua benedetta, invocando la protezione divina per la comunità.

Subito dopo, il fuoco viene acceso, spesso utilizzando una torcia preparata appositamente per l’occasione, e il falò diventa il fulcro della festa, attorno al quale si svolgono diversi gesti simbolici: le persone, spesso in processione, compiono tre giri in senso orario attorno al falò, recitando preghiere o facendo silenziose richieste di protezione per l’anno a venire. In alcune comunità, soprattutto tra i giovani, si pratica il salto delle fiamme (quando sono basse) o della brace, come segno di coraggio e buon auspicio, mentre alcuni gettano nel fuoco ramoscelli o altri oggetti votivi, come gesto di devozione o per simboleggiare l’abbandono di qualcosa di negativo.

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Il rituale del fuoco si trasforma così in una grande festa comunitaria che dura fino a tarda notte, e le piazze si riempiono di persone che cantano, ballano e condividono gli immancabili piatti tipici locali, come il pane carasau e la salsiccia arrosto, accompagnati dal suono degli strumenti tradizionali, da balli sardi, ma anche dalla degustazione dei dolci tipici, dal vino novello e in alcuni paesi dalle danze delle maschere locali.

In alcune località, come nel paese di Mamoiada, nella Barbagia di Ollolai, il fuoco di Sant’Antonio segna infatti anche l’inizio del Carnevale, con l’apparizione delle prime maschere del Carnevale sardo, tra cui gli spaventosi Mamuthones, con le loro maschere di legno nero, il mantello di pelliccia di pecora, ed i cinturoni con i campanacci. Al loro fianco ci sono gli Issohadores, maschere più benevole e colorate, con tuniche bianche e giubbetti rossi, che lanciano corde agli spettatori in un gesto simbolico di buon auspicio.

Il fuoco viene poi lasciato ardere fino alla mattina del 18 gennaio, quando le ultime braci del falò si spengono lentamente, e con esse si conclude il rito. Anche questo momento è vissuto come un passaggio simbolico: le ceneri rappresentano ciò che è stato purificato e trasformato, mentre il calore residuo richiama l’energia vitale che il fuoco lascia in dono alla comunità. .

Fuochi di Sant’Antonio: le diverse tipologie di falò

Nonostante le celebrazioni di Sant’Antonio presentino notevoli tratti in comune, esistono diversi tipi di falò diffusi in diverse zone dell’isola, ognuno con una sua storia e simbologia, che si differenziano in primo luogo in base alla tipologia di legname utilizzato.

Uno dei più emblematici è sicuramente quello costruito con sa tuva, un tronco cavo di quercia secolare privato dei rami e delle radici, la cui peculiare simbologia è profondamente radicata nelle comunità di montagna del gallurese, dove si credeva che l’albero ospitasse spiriti che giudicavano le azioni degli uomini, in particolare delitti e controversie. Le fiamme che escono dalle cavità dell’albero sono considerate un segno di purificazione, e l’intero processo di abbattimento dell’albero con l’ascia ha un forte valore rituale, un chiaro rimando al culto della cosiddetta “ascia sacra” o “bipenne”.

In altri paesi, dove è ancora in vita la tradizione di sos fogos, il legno utilizzato per la costruzione della pira deriva direttamente dalle case dei fedeli. Gli organizzatori della festa passano di casa in casa per raccogliere il legname e la sera della vigilia, dopo la processione che attraversa le strade del paese con la statua del santo, i partecipanti compiono dei giri attorno al fuoco: tre in senso orario e tre in senso antiorario, un atto simbolico di purificazione e di protezione, volto a scacciare il male e a portare la benedizione.

Un’altra tipologia di falò è poi quella realizzata con sas frascas, ovvero i rami tipici della macchia mediterranea, come il corbezzolo, il lentischio e il cisto. Analogamente alla tuva, anche questi vengono raccolti dagli abitanti nei giorni che precedono la festa, e portati in paese al grido di ajò a sa frasca, ajò a sa selema. Le frasche vengono poi ammassate attorno a un palo che, dopo l’accensione, viene scalato dai giovani del paese per recuperare la croce di agrumi posta sulla sua sommità. Una prova di coraggio, ma anche un simbolico atto di devozione verso il Santo.

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Infine, c’è il falò di su romasinu, molto comune in alcuni paesi del nuorese, come Dorgali e Siniscola, caratterizzato dall’uso di rami di rosmarino, un’altra pianta, tipica della macchia mediterranea da sempre amata per le sue proprietà purificatrici e protettive, che tra le altre cose conferisce al falò un aroma particolarmente piacevole.

Ogni tipo di falò racconta una storia diversa, ma tutti sono legati da un filo conduttore: il fuoco come elemento di purificazione, di protezione e di comunione, ma anche il ruolo aggregativo di queste tradizioni, che non solo sopravvivono, ma continuano ad arricchire la vita delle comunità, mantenendo viva una cultura che affonda le sue radici nella notte dei tempi.

Fuoco di Sant’Antonio, dove ammirare i falò in Sardegna

Numerose le località dove è possibile immergersi nell’atmosfera magica e carica di pathos dei fuochi di Sant’Antonio. Tra questi, vi sono (in ordine alfabetico) i paesi di Abbasanta, Aidomaggiore, Arborea, Ardauli, Austis, Baunei, Bolotona, Bonarcado, Bortigali, Bosa, Bottidda, Budoni, Bultei, Busachi, Carloforte, Desulo, Dorgali, Escalaplano, Fluminimaggiore, Fonni, Gairo, Gavoi, Ghilarza, Gonnosfanadiga, Illorai, Jerzu, La Caletta di Siniscola, Laconi, Lanusei, Lodè, Lodine, Macomer, Mamoiada, Monastir, Montresta, Norbello, Nuoro, Oliena, Ollolai, Olzai, Orgosolo, Orosei, Orotelli, Ortueri, Ottana, Ovodda, Pabillonis, Paulilatino, Posada, Sadali, Samassi, Samugheo, San Nicolò Arcidano, San Teodoro, San Vito, Sarule, Sassari, Sedilo, Seui, Silanus, Sinnai, Soleminis, Sorgono, Teti, Torpè, Torralba, Tortolì, Triei, Tuili, Urzulei, Villagrandestrisaili.

In alcuni di questi sono ancora oggi in vita antiche usanze, tra le più suggestive quelle di:

Arborea

Nella borgata di Tanca Marchesa viene acceso il falò per Sant’Antonio, seguito dalla benedizione delle stalle.

Ardauli

Qui i più piccoli vanno di casa in casa chiedendo la Sa panizedda, il dolce tipico a forma di ciambella.

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Baunei e Santa Maria Navarrese

Ogni anno, il primo e il secondo sabato dopo il 17 gennaio, si accendono i falò (su fogone) e si distribuisce sa paniscedda, un pane dolce arricchito con la sapa (il mosto cotto) e con mandorle e uvetta, spesso servito con del vino rosso. A Santa Maria Navarrese si colloca una croce di arance sul falò, in memoria di San Sebastiano.

Bosa

A Bosa si accendono diversi falò, il più grande nella piazza della chiesa di Sant’Antonio. Usanza curiosa: i più anziani fanno tre giri intorno al fuoco per proteggersi dal mal di stomaco.

Cagliari

Nel capoluogo isolano i festeggiamenti di Sant’Antonio si concentrano esclusivamente sui riti religiosi. In via Manno, nel quartiere di Marina, vengono accese centinaia di candele e distribuito del pane benedetto, anticamente un aiuto per allontanare la carestia.

Decimomannu

In questo piccolo centro situato nella regione storica del Campidano di Cagliari, il rito religioso e quello del fuoco sono separati: il primo nella chiesa di Sant’Antonio, il secondo nella piazza Santa Greca, dove viene acceso il falò.

Dorgali

Sul falò di Dorgali vengono sistemate delle arance, che i ragazzi devono cercare di raccogliere prima che le fiamme siano troppo alte.

Ghilarza

A Ghilarza, nell’oristanese la tuva viene sistemata vicino alla chiesa di San Palmerio e alla Torre Aragonese.

Laconi

In passato, i fedeli portavano bastoni ricurvi avvolti in carta stagnola per bussare alle porte. Oggi si accendono pochi falò, il più importante davanti alla chiesa di Sant’Antonio.

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Mamoiada

La festa di Sant’Antonio a Mamoiada è una delle più celebri dell’isola, con un rito che dura tre giorni. Il 16 gennaio si preparano le pire di legna che verranno accese la sera del 17, con le fiamme che illuminano la notte fino al mattino del 18 gennaio, giorno di “Sant’Antoneddu”. Durante la festa, si svolge una processione con la statua del santo e i partecipanti si aggirano attorno ai falò, tra danze tradizionali e la presenza delle maschere del Carnevale sardo, come i Mamuthones e gli Issohadores.

Monastir

La festa dura una settimana. La statua del santo viene trasportata su un colle dove, secondo la tradizione, il paese si salvò da un’inondazione nel 1888 e qui viene acceso il grande falò.

Lollove

A Lollove, nel cuore della Barbagia, oltre ai falò, la celebrazione è caratterizzata dalla partecipazione della comunità locale e dalle tradizionali danze attorno al fuoco.

Oniferi

A Oniferi si accendono tre falò: uno principale, uno secondario nella piazza de Su Cantaru e, a volte, un altro vicino alla chiesa distrutta. Il fuoco segna l’inizio del Carnevale e i partecipanti si dipingono il viso con fuliggine per rappresentare le maschere tradizionali.

Orotelli

A causa della rivalità fra rioni, oggi vengono accesi due falò: uno in piazza Sant’Antonio e l’altro in piazza Spirito Santo.

Ottana

Un grande falò, Su Ogulone de Sant’Antoni, viene acceso nella piazza sotto la cattedrale di San Nicola. La festa segna anche la prima uscita dei Boes e Merdules, le maschere più famose del paese.

Pabillonis

A Pabillonis si accende un grande falò (su fogadoni) di 13 metri di altezza, utilizzato per arrostire maialetti e agnelli, che vengono serviti ai presenti al termine della processione religiosa.

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Sarule

A Sarule, le donne che indossano un panno nero offrono dolci tipici a coloro che si chiamano Antonio, con la frase Sant’Antoni bos cunzedat sa grassia chi li dimandade, ovvero “Sant’Antonio vi conceda la grazia che gli chiedete”.

Sedilo

I bambini di Sedilo vanno di casa in casa chiedendo dolci tipici pronunciando ritornelli in dialetto, per le femmine Sa fitta mia mi narzo Maria e per i maschi su tureddu meu mi narzo Antoneddu.Nel pomeriggio si accende il falò e, successivamente, i dolci e gli altri prodotti tipici donati dai fedeli vengono messi all’asta. Lo stesso rituale si ripete anche otto giorni dopo la celebrazione “ufficiale” per festeggiare il giorno dell’ottava di Sant’Antonio.

Serrenti

A Serrenti, nel sud della Sardegna, la festa è molto sentita e i falò sono preparati con il legname raccolto dai paesani. La processione con la statua del santo si snoda per le vie del paese, e la sera si accendono grandi fuochi, intorno ai quali si raccolgono tutti i partecipanti per festeggiare insieme.

Siniscola

La tradizione del fuoco di Sant’Antonio è molto viva anche a Siniscola, dove i fuochi vengono preparati con legna di rosmarino. Oltre alla processione e ai giri attorno al fuoco, ad arricchire la celebrazione sono i canti e le danze tradizionali.

In ogni angolo della Sardegna, i fuochi di Sant’Antonio sono un momento di forte aggregazione sociale, di devozione e di festa. Un buon modo per immergersi a trecentosessanta nella coinvolgente atmosfera dei riti che caratterizzano la magica nottata tra il 16 e il 17 gennaio, è sicuramente quello di organizzare un soggiorno presso l’esclusivo Palazzo Doglio, hotel a 5 stelle dal lusso accessibile ospitato nel cuore di Cagliari, a pochi passi non solo dai principali luoghi simbolo della città, come il Bastione di Saint Remy e la Spiaggia del Poetto, ma anche dai principali centri che ospitano le celebrazioni in onore del Santo.

Per maggiori informazioni sulla struttura e sulle disponibilità è possibile chiamare il numero 070 64640, oppure inviare una mail a reservation@palazzodoglio.com.

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