il report sulla Puglia del 2024

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Secondo l’Osservatorio economico Aforisma, l’economia pugliese continuerebbe a rallentare. Dopo il biennio 2022-2023, nel corso del quale si è registrata una forte crescita post-pandemica, il 2024 si sarebbe contraddistinto per la progressiva flessione dei principali indicatori economici. Nell’ultimo report, è stato fatto un primo bilancio dell’anno appena trascorso e le linee di tendenza per il 2025.

La pubblicazione è stata illustrata da Andrea Salvati, direttore dell’Osservatorio e da Davide Stasi, responsabile degli studi. “La Puglia si conferma una regione dinamica, ma la crescita è disomogenea e settoriale: alcuni comparti seguono l’andamento già ampiamente previsto nel precedente report diffuso circa un anno fa; altri, invece, arrancano. Più in generale, il Mezzogiorno non sembra ancora pronto a compiere quel salto di qualità che possa avvicinarlo al livello di competitività e produttività che dovrebbe (e potrebbe) raggiungere. Le imprese restano ancora di piccole dimensioni, l’aumento dei risparmi e il calo dei prestiti, assieme a redditi troppo bassi, confermano che la regione procede lentamente”. Così il Meridione non riesce a stare al passo delle altre aree del Paese.

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Nel 2024, la Puglia e il Mezzogiorno hanno mostrato segnali di resilienza, ma il divario con il resto del Paese resta evidente. Nonostante una crescita diffusa, la competitività e l’innovazione rimangono le sfide principali, soprattutto in un contesto di pressione su redditi e commercio. La bilancia commerciale riflette una dinamica complessa, con il Sud ancora lontano dal salto strutturale necessario per consolidare il suo ruolo economico.

Rimarcata anche l’annosa questione del ritardo delle infrastrutture e del divario tra le varie zone del Belpaese. Secondo Aforisma il nuovo anno dovrebbe vedere il settore edile in calo benché ancora sostenuto dagli investimenti pubblici come il Pnrr, mentre continuerà la crisi della manifattura e del piccolo commercio, sempre più schiacciato dalle grandi piattaforme digitali. L’inflazione non dovrebbe subire grandi oscillazioni.

La Puglia, in particolare, è passata da 331 mila a 32 mila aziende, con un calo dell’1,6%, il secondo peggiordato d’Italia, rispetto a una media del Mezzogiorno

dello 0,8%. Peggio della Puglia si registrano solo i cali di Abruzzo, Marche e Umbria. In Puglia, gli occupati sono oltre un milione, pari al 5,4% del totale

nazionale, con un aumento di circa 1,9%, inferiore alla media del Mezzogiorno, che sfiora il 3%. Tuttavia, diminuiscono i contratti di lavoro a tempo indeterminato, a vantaggio di quelli stagionali, in somministrazione e a tempo determinato. Sul fronte dei redditi delle persone fisiche sia il Mezzogiorno che la Puglia hanno seguito il trend nazionale con un aumento proporzionale dei redditi e della relativa imposta netta di circa il 6% rispetto all’anno precedente. Il reddito medio dei pugliesi nel 2023 é stato pari a 18.600 circa su di una media nazionale di 23.600 circa.

Sempre secondo l’Osservatorio, in merito alla bilancia commerciale con l’estero, le importazioni potrebbero ancora diminuire a causa del calo della domanda interna, mentre le esportazioni dovrebbe ridimensionarsi in seguito al ritorno del protezionismo statunitense, ma non solo.

Le esportazioni e le importazioni risentono della fase di rallentamento. La bilancia commerciale è negativa in Puglia per 450 milioni di euro (7,4 miliardi di euro di export contro 7,85 miliardi di import). Il trend è negativo anche nelle province di Barletta-Andria-Trani, Foggia e Taranto. In termini assoluti, l’export pugliese pesa per l’1,75% su quello nazionale e per l’8% su quello del Mezzogiorno, un dato sentinella per l’economia del Sud.

Nei primi tre trimestri di quest’anno, da gennaio a settembre, si registra un’attesa flessione, poiché, come previsto, l’export era cresciuto solo in termini di valore e non di quantità. Con il calo dell’inflazione, è diminuito anche il fatturato dei prodotti pugliesi venduti all’estero. Tuttavia, il trend si mostra positivo per le province di Bari, Brindisi e Lecce.

Le esportazioni rappresentano un utile indicatore dello stato di salute della produzione interna e del commercio mondiale. Negli anni di crescita precedente, l’incremento dei prezzi e dei listini era stato molto significativo. Tale aumento era dovuto più all’inflazione che a un reale incremento dei volumi, cresciuti molto meno.

L’andamento dell’export consente di monitorare la competitività del sistema economico pugliese e la sua capacità di raggiungere mercati esteri strategici per lo sviluppo del territorio. Le vendite oltreconfine per la Puglia continuano ad essere superate dagli acquisti di carbone e altre materie prime, soprattutto per esigenze energetiche, un trend che penalizza gravemente la bilancia commerciale regionale. Va sottolineato che l’export non è solo un’opportunità, ma quasi un obbligo per accrescere le quote di mercato. È fondamentale presidiare i mercati, proteggendo al contempo i marchi locali. L’attenzione ai mercati esteri deve diventare una priorità per le aziende che vogliono crescere, diversificando la propria offerta.

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Il calo dei prestiti e la crescita dei risparmi e dei depositi bancari dovrebbero procedere seguendo l’attuale tendenza, ormai consolidatasi. Inoltre, i trend economici risentirebbero sempre di più dei trend demografici. “La dinamica pugliese è negativa ed è come se vedesse scomparire, ancora una volta, una piccola cittadina come Polignano a Mare, Tricase, Sava o Carovigno. Ma quel che più preoccupa è l’inarrestabile invecchiamento della popolazione che impatta fortemente sulle prospettive dell’economia”. Gli oltre 5 mila stranieri che hanno preso residenza non sono sarebbero stati sufficienti a bloccare questa emorragia.

Scendono soprattutto – ancora una volta – i minori, meno 12 mila a fronte dell’aumento di anziani, oltre 12.500. Un invecchiamento ed una desertificazione delle zone periferiche della regione che sembrano quasi irrefrenabili. Questo fenomeno impatta fortemente sull’economia e sulle sue prospettive, perché sembra mancare una voglia di futuro, mentre ci si prepara a costruire un territorio e delle comunità orientate a prendersi cura di una popolazione prevalentemente anziana.



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