La rinascita del pollo romagnolo (che conquista i ristoranti)

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Sono pochi ma liberi. Sono i polli romagnoli che Tenuta Saiano fa crescere negli spazi all’aperto dell’azienda agricola. Siamo a Torriana, nel Riminese e qui vent’anni fa l’imprenditore romagnolo Manlio Maggioli ha messo su cento ettari di “aria pura” – come recita il cartello all’ingresso – dove l’agricoltura convive con il bosco e con gli animali che vengono allevati per la produzione destinata all’altra sua creatura, l’osteria La Sangiovesa di Santarcangelo di Romagna.

I primi seicento pulcini di pollo romagnolo sono arrivati nella primavera scorsa dall’unico allevatore professionale di questa razza, Stefano Tozzi di Mercato Saraceno e da un anno l’animale può fregiarsi del presidio Slow Food, il diciannovesimo dell’Emilia-Romagna. Lo chef de La Sangiovesa, Massimiliano Mussoni, sa bene che l’attuale produzione non basterebbe a soddisfare tutte le richieste – e infatti il pollo romagnolo non è ancora entrato in carta – ma la tenuta che fa capo all’osteria punta a produrre in proprio l’animale: “Serviamo dagli 80mila ai 90mila pasti l’anno – spiega lo chef – e di polli ne servirebbero almeno 1500”.

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Cosa rende unico il pollo romagnolo

Ironicamente si potrebbe dire che il pollo romagnolo è la quintessenza dell’inefficienza: è ruspatore, vola sugli alberi – perché leggero – ama stare all’aperto, ha bisogno di almeno sei mesi per diventare edibile. Fiero nel suo piumaggio bianco, grigio o nero con il tocco sgargiante della cresta rossa – ma può avere anche un mantello un rosso-marrone – pare abbia un carattere “burbero” e quindi è difficile da allevare. Non è cosa inconsueta vederlo dormire sui rami degli alberi. Ha carne magra e tenace alla cottura che ricorda un po’ quella della cacciagione. Si ciba di lombrichi, bacche, semi e razzolando molto non arriva a pesare più di tre chili nel caso del maschio e di due nel caso della femmina. Insomma, tutto il contrario del classico pollo da batteria (da qui l’abbandono della tipologia che ha rischiato l’estinzione).

Massimiliano Mussoni

Massimiliano Mussoni 

Nelle aie della zona non era difficile trovarlo, anche se in numero esiguo, ma è sempre stato un allevamento amatoriale: “Valorizzarlo – continua Mussoni – non significa solo salvare una razza autoctona, ma anche incentivare allevamenti che evitino sfruttamenti massivi”. Anche la filosofia de La Sangiovesa infatti va verso un consumo minore di carni rosse e da due anni ha tolto dal menu il filetto. Parlando di numeri di polli romagnoli ce ne saranno all’incirca tremila capi suddivisi tra cinque allevatori. Poca roba per una ristorazione che si mostra sempre più interessata. A oggi l’osteria di Santarcangelo di Romagna è l’unica realtà ristorativa che offre la possibilità di mangiare questa carne tenace ma saporita.

Come mangiare il Pollo Romagnolo

Il Pollo Romagnolo non è un piatto fisso a La Sangiovesa. Dipende dal periodo – e quello invernale è il suo – e di conseguenza dalla disponibilità. Per ora si parla di ricette “fuori carta”. Il lavoro che Massimiliano Mussoni ha fatto è andare a rintracciare ricette della personale tradizione di famiglia: “Una carne così tenace – continua lo chef – richiede un’attenzione in più ai tempi e ai modi di cottura. In Romagna il pollo veniva fatto principalmente in tegame, ma è il brodo la sua destinazione più ovvia, per cappelletti e passatelli. Se devo trovare una ricetta perfetta per quello romagnolo dico la galantina, perché preparavi un antipasto che si cuoceva nel brodo e che a sua volta veniva aromatizzato e nel quale finivano le ossa del disosso della galantina. Avevi tre piatti, preparandone uno”.

La galantina

La galantina 

Nel fuori menu de La Sangiovesa la galantina di pollo romagnolo c’è, insieme ai garganelli di di ragù bianco di rigaglie, creste comprese, il pollo alla cacciatora e quello alla griglia: “Quest’ultimo è impossibile da fare mettendo la carne direttamente sul fuoco – racconta lo chef – prima viene marinato, poi cotto a lungo a 130 gradi in forno”. Quello alla cacciatora, invece, prevede l’aggiunta anche della salsiccia, come si è sempre fatto il pollo in umido da queste parti.

Fegatini di pollo

Fegatini di pollo 

Buona la carne, ma anche le uova sono speciali

Mussoni sta pensando a nuove ricette, per uscire un po’ dalla comfort zone della tradizione: “Mi piacerebbe lavorare sui fondi e sulle frattaglie e utilizzare la carne per fare la farcia dei ravioli. Intanto in cucina utilizziamo tantissimo le uova della gallina romagnola”. Uova bianche, dal tuorlo non troppo giallo, tipiche delle razze rustiche e campagnole. Lo chef de La Sangiovesa le usa, in particolare, per tutte le paste fresche perché “la sfoglia di tagliatelle, cappelletti, tagliolini e ravioli rimane molto più elastica”.

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