Il giorno della liturgia neofascista è arrivato. Come ogni 7 gennaio un migliaio di camerati e una schiera di esponenti della destra sociale post fascista, ricorderanno Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni, i tre militanti del Fronte della Gioventù. I primi due uccisi in un agguato ancora oggi impunito da parte dei terroristi rossi, il terzo morto successivamente agli scontri con la polizia. Il Fronte era il movimento giovanile del Movimento sociale italiano, cioè il partito cui si ispira Fratelli d’Italia, il partito di governo.
In via Acca Larenzia già da qualche giorno i residenti hanno ritrovato sui muri i soliti manifesti che annunciano il rito del “presente”: durante la giornata del 7 sfilano le diverse anime dell’estrema destra, schierati in formazione militare nel cortile di fronte la sede che fu del Msi, sopra una croce celtica enorme, aspetteranno la frase “per tutti i camerati caduti”, per rispondere, appunto, “presente!”.
Le polemiche degli anni scorsi, dunque, non fermeranno la manifestazione, che è istituzionale al mattino e combattente al calar della luce. L’ultima volta è finita con 31 camerati denunciati che ora rischiano il processo per apologia di fascismo a causa dell’immancabile saluto romano. Ma quest’anno per Fratelli d’Italia e la maggioranza al governo l’evento ha un sapore diverso.
Perché questo giornale, a luglio scorso, ha svelato l’operazione immobiliare che ha permesso ai neofascisti di diventare proprietari dello storico immobile, dopo che lo hanno occupato per anni abusivamente. Operazione resa possibile dal regalo di 30mila euro della fondazione Alleanza nazionale, una vera e propria cassaforte immobiliare del partito di Fratelli d’Italia e nel cui consiglio di amministrazione siedono i vertici del partito, inclusa Arianna Meloni. Dunque è ora difficile sostenere che la destra al governo non ha più niente a che fare con quel rito e quei saluti romani, con quell’apologia del fascismo le cui immagini faranno di nuovo, come l’anno scorso, il giro dell’Europa.
Il regalo
La narrazione secondo cui esistono molti gradi di separazione tra i militanti neri extraparlamentari e Fratelli d’Italia, perciò, non regge più per via di quel legame finanziario scoperto l’estate scorsa. La fondazione An ha versato 30 mila euro all’associazione Acca Larenzia, composta da figure legatissime ai neofascisti di Casapound, che da anni organizzano il cerimoniale del 7 gennaio. La sede è stata rilevata dall’Inail, che l’ha messa all’asta.
Domani ha raccontato particolari e retroscena di questo accordo segreto, mai reso pubblico, che ha unito l’associazione neofascista Acca Larenzia e la fondazione An. Meloni & Co. dovranno farei i conti con la scelta di aver regalato soldi e sede agli estremisti neri.
Per questo abbiamo chiesto a Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma, membro della fondazione An, non affiliato a Fratelli d’Italia, i motivi di questa scelta e del perché i meloniani abbiamo trasformato l’accordo in un segreto. Tre giorni dopo averci rilasciato l’intervista, è stato arrestato per aver violato le disposizioni sulle pene alternative che stava scontando dopo la condanna per traffico di influenze.
72 ore prima dell’arresto
L’ex primo cittadino ci ha accolto nella sede giovanile del suo movimento. Al suo fianco c’era il futuro candidato sindaco Nicola Colosimo, nipote di Chiara Colosimo, presidente FdI della commissione antimafia, e figlio di Paolo, condannato per una vecchia storia: «Si è trattato di un errore giudiziario», dicono.
Parole di difesa anche perché l’ex sindaco ha frequentato in questi mesi proprio Paolo Colosimo, incontri che sono diventati di rilievo anche per il tribunale che gli ha sospeso l’affidamento ai servizi sociali e disposto il suo arresto. Sembra un’altra storia, ma in realtà racconta di come la destra abbia una comune origine, a volte anche familiare, che poi si sfilaccia in mille rivoli con una matrice comune: la fiamma che arde e incarna quelle radici del neofascismo.
«Io sono uno dei 21 componenti del consiglio di amministrazione», esordisce Alemanno che fa parte del cda della Fondazione, che ha regalato la sede ai militanti di Casapound. «La fondazione è autonoma dal partito anche se la stragrande maggioranza dei consiglieri sono di Fratelli d’Italia, il rapporto è codificato a partire dalla sede e anche dalla gestione degli immobili», dice Alemanno, che spiega: «La destra istituzionale si è ritirata da Acca Larentia e ha lasciato la gestione a una comunità militante che finisce per allearsi con Casapound. Quella sede non fa politica, ha un carattere comunitario e culturale», chiarisce Alemanno. In quella sede, tuttavia, si trovano ancora i simboli inneggianti al ventennio.
Ma chi ha deciso in fondazione staccare l’assegno da 30 mila euro per i neofascisti? «Io ero presente quando è stata assunta questa decisione e di certo c’erano gli esponenti di Fratelli d’Italia, il partito era a conoscenza della scelta, tutti lo sapevano. La proposta è arrivata direttamente dalla presidenza (Giuseppe Valentino, ex sottosegretario alla Giustizia nel governo Berlusconi), per me era una cosa giusta, meglio una memoria problematica che la cancellazione della memoria», spiega Alemanno.
Ma perché la destra istituzionale al governo si mette a fare affari con la destra estremista, nostalgica, neofascista? La risposta di Alemanno è definitiva: «La fondazione ha deciso di non comprare la sede perché non era in grado di gestire la situazione, non era in grado di espellere le persone che ci sono dentro da una vita, non aveva neanche voglia di farlo. Avrebbe generato un cortocircuito tra i due mondi (la destra istituzionale e quella estremista, ndr).
L’associazione ha garantito un percorso per un’estetica più equilibrata», risponde Alemanno, che critica la decisione di non aver rivendicato questa scelta: tenerla nascosta, finché Domani non l’ha scoperto, ha provocato più danni.
Il pontiere tra i due mondi è Domenico Gramazio. «Quando si è trattato di risolvere il problema del futuro della sede è diventato l’interlocutore abituale», conferma Alemanno. Gramazio, nel 2021, da animatore del Premio Caravella, ha premiato Meloni. «Mi sento a casa, bando alle formalità», diceva la presidente del Consiglio ricordando l’importanza della memoria.
Figli della stessa fiamma. All’ombra dei saluti romani nella notte di Acca Larentia.
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