Presentato a dicembre da Caritas Italiana “Il ritorno delle armi”. Guerra, informazione, speranza
Le guerre sono avvenimenti evitabili, non necessariamente legati alla natura umana. Ne sono convinti quattro italiani su cinque, e questo in un mondo nel quale invece la guerra sembra tornare a essere il mezzo ordinario di risoluzione delle controversie internazionali. Papa Francesco parla di “terza guerra mondiale a pezzi”, ma ci invita, alla vigilia del Giubileo, a essere “pellegrini di speranza”.
La violenza si diffonde oggi tanto quanto l’indifferenza. “Mentre ci muoviamo in un’era di connessioni istantanee”, afferma don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana, “l’indifferenza rimane una scelta che ci separa dalla responsabilità e dall’impegno”. Questo nuovo Rapporto sui conflitti dimenticati “vuole essere, allora, una voce che rompe il silenzio, un richiamo alla consapevolezza e all’azione. Ogni pagina è un invito a non dimenticare, a riportare alla luce storie di sofferenza e di resilienza che non trovano spazio nei nostri schermi”.
Il volume “Il ritorno delle armi” (a cura di Paolo Beccegato e Walter Nanni per le Edizioni San Paolo) costituisce l’ottava tappa di un percorso di studio sui conflitti dimenticati, avviato da Caritas Italiana nel 2002, e che ha dato luogo ad altrettante pubblicazioni editoriali. Frutto di un lungo lavoro di studio portato avanti a cura di un gruppo ristretto di studiosi ed enti accreditati, il Rapporto si concentra sul peso mediatico delle guerre nell’agenda informativa, con particolare interesse agli aspetti umanitari e al legame tra guerra, ambiente e transizione ecologica. Uno spazio di approfondimento è dedicato al ruolo dell’acqua, risorsa limitata per eccellenza, che può divenire causa, strumento e obiettivo di un conflitto.
Dopo una prima parte di taglio descrittivo-analitico che intende offrire uno spaccato dei fenomeni e delle tendenze in atto, con particolare riferimento allo scenario geopolitico dello scacchiere internazionale, la seconda parte riporta una serie di ricerche sul campo condotte ad hoc per il Rapporto. Una di queste è il tradizionale sondaggio demoscopico, realizzato per la seconda volta dall’Istituto Demopolis, relativo alla conoscenza e alla percezione dei conflitti nell’opinione pubblica. Realizzato su un campione rappresentativo di italiani, il sondaggio si sofferma su vari aspetti legati alla guerra.
Un primo aspetto è la conoscenza delle guerre: rispetto all’edizione del sondaggio di tre anni fa, appare molto forte l’incremento di conoscenza del conflitto negli italiani: il 71% degli intervistati è in grado di citare almeno una guerra degli ultimi cinque anni, conclusa o ancora in corso (nel 2021 si trattava del 53% della popolazione). Il conflitto più spontaneamente citato è quello russo-ucraino (47%); tre su dieci ricordano il fronte israelo-palestinese; il 16% cita la Siria. Addirittura, il 26% giunge all’individuazione di tre conflitti.
Anche se il livello di conoscenza è aumentato, l’attenzione degli italiani è ancora sostanzialmente legata alla dimensione locale: il 65% si interessa di cronaca locale, non di grandi eventi internazionali. Tuttavia, rispetto al 2021 tale attenzione sta aumentando: tre anni fa, erano l’82% degli italiani che si interessavano di cronaca internazionale.
Un aspetto importante si riferisce all’atteggiamento valoriale e culturale sulla natura della guerra: l’80% degli italiani considera le guerre come avvenimenti evitabili e non legati in modo indissolubile alla natura profonda dell’uomo (erano il 75% nel 2021). Così come si rileva ancora una buona fiducia nel ruolo della comunità internazionale per prevenire la guerra o attivarsi per la mediazione tra le parti: il 72% vorrebbe potenziare il ruolo dell’Onu (74% nel 2021) e il 74% non vuole interventi armati ma il ricorso alla mediazione politica (62% nel 2021). Nonostante una forte componente mediatica che enfatizza gli aspetti spettacolari delle guerre, una salda maggioranza degli italiani rifiuta gli interventi militari e si schiera a favore di interventi umanitari e di riconciliazione tra gli attori in gioco.
Il rapporto vuole essere una di quelle “pietre d’inciampo” (nate dall’idea dell’artista Gunter Demnig) di cui sono disseminate le nostre città. Al tempo stesso un monito e un segno di speranza.
Infatti, “mentre i conflitti continuano a incendiare il mondo, non possiamo permetterci di perdere la speranza”, aggiunge don Marco Pagniello. “È necessario investire nella costruzione della pace, non come un’idea astratta, ma come una realtà concreta che si manifesta nelle scelte quotidiane. Abbiamo il compito di promuovere una cultura di pace, che parte dal rispetto reciproco e dalla volontà di trovare soluzioni”.
“Il grido ‘Mai più la guerra!’ deve risuonare forte nei cuori e nelle menti di tutti noi, trasformandosi in azioni concrete che portino alla costruzione di una pace duratura. Siamo chiamati a essere testimoni di un nuovo modo di convivere, fondato sulla giustizia, sulla verità, sull’amore. È questo un invito deciso a partecipare, a essere attori protagonisti del cambiamento. Un cambiamento che parte da noi, dalla nostra volontà di non voltare le spalle e di lottare affinché ogni vita sia rispettata”.
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