Filati e tecnopolimeri circolari: la ricerca «green» di RadiciGroup sfida la crisi della chimica Ue

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Massimiliano Del Barba

La multinazionale bergamasca da oltre 20 anni investe su materiali innovativi esull’impatto ambientale. Fatturato oltre il miliardo

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Meno volumi e più valore aggiunto. Da ricercare nell’ottimizzazione dei processi industriali e, soprattutto, in una nuova gamma di prodotti chimici, di filati e di tecnopolimeri in grado di tagliare l’impronta carbonica dei clienti finali in un’ottica di circolarità integrata fra filiere e di spostare il cursore della competitività dal prezzo alla qualità.

L’appuntamento con la presentazione del Bilancio di Sostenibilità 2023 (la ventesima edizione) che si è tenuto all’inizio di novembre 2024 al monastero di Astino, un piccolo gioiello risalente al 1107 incastonato tra il bosco dell’Allegrezza e il colle della Benaglia appena fuori Bergamo, è stato per Radici  l’occasione per gettare il cuore oltre l’ostacolo delle difficoltà che il
comparto chimico europeo sta attraversando dopo il Covid-19 e l’incontrollato aumento dei costi energetici e per ridisegnare il futuro di un gruppo che oggi conta tremila dipendenti
, una trentina di marchi di prodotto su un egual numero di sedi industriali e filiali commerciali tra Europa, Asia e America, e un fatturato che lo scorso anno fra le tre aree di business (prodotti chimici, filati, tecnopolimeri) ha superato il miliardo.




















































«Vent’anni fa avevamo accolto la sfida di redarre un primo bilancio di sostenibilità perché il mercato lo richiedeva — spiega il presidente di Radici Group Angelo Radici, 73 anni e terza generazione imprenditoriale —. La chimica necessitava di maggiore trasparenza e i clienti iniziavano a essere  sensibili ai temi della sostenibilità. Il merito dell’azienda è stato di
superare la contingenza e intraprendere un percorso di identità che prosegue tutt’oggi nonostante le difficoltà dovute al cambio di scenario geopolitico, all’aumento dei costi energetici e alla concorrenza asiatica sul prezzo delle materie prime».

Un percorso, quello intrapreso due decenni fa dall’azienda fondata nel 1941 da Pietro Radici a Gandino, cinquemila abitanti a mezz’ora di strada da Bergamo, che è la naturale conseguenza dell’attitudine al cambiamento che ha portato un piccolo produttore di coperte e copriletti della Val Seriana a entrare negli anni Cinquanta nel business dei tessuti, delle moquette e dei tappetini per automobili per poi, fra i ‘70 e gli ‘80, compiere il gran salto nella chimica dei polimeri e delle fibre sintetiche.

Un percorso che ha portato risultati tangibili: rispetto al 2011, il gruppo ha
ridotto dell’83% le emissioni di CO2, mentre nel 2023 la quota di energia
elettrica da fonti rinnovabili si è attestata al 59%. Innovativa anche la
gestione di riciclo dell’acqua, che permette ad alcuni impianti di utilizzare la stessa acqua fino a 60 volte.
Per centrare questi risultati, solo nel 2023 il gruppo ha impegnato 4,2 milioni di euro in materia ambientale, a cui vanno aggiunti i 45 milioni di euro di investimenti in ambito industriale e organizzativo per migliorare le performance. «Avremo speso centinaia di milioni di euro in materia di sostenibilità ambientale — ragiona Angelo Radici —. Ma gli imprenditori non possono fare tutto, perché per alzare ulteriormente l’asticella servirebbero investimenti ancor più gravosi. L’Ue deve aiutarci, accantonando la retorica e abbracciando la pratica: in caso contrario molti convinti europeisti, come il sottoscritto, rischierebbero di perdere la loro fiducia».

Ecco il punto della questione. «Fra gas ed elettricità — prosegue Radici — i costi energetici che abbiamo sopportato negli ultimi due anni si sono ripercossi sui margini, estremamente assottigliatisi. Siamo un’azienda patrimonializzata e solida dal punto di vista finanziario e quest’anno chiuderemo in linea con i risultati del 2023, tuttavia lo scenario che abbiamo di fronte per il prossimo biennio impone una riflessione seria sul nostro modello di business e, in prospettiva, una messa a punto della nostra organizzazione a partire dalle nuove tecnologie da portare sui mercati per intercettare le esigenze di decarbonizzazione dei nostri clienti». 

Clienti, quelli di Radici Group, estremamente eterogenei, sia per settore che per dimensione, ma anche per posizionamento geografico: «Spaziamo nei tre continenti con le nostre tre linee di prodotti su tre business differenti, dall’edilizia all’abbigliamento fino all’automotive — sintetizza il presidente —. Ma è il mondo dell’auto, che pesa quasi la metà del fatturato, a
preoccuparci
: l’aggressività commerciale asiatica, cinese in particolare,
sull’elettrico rende meno competitivi non solo i brand tedeschi ma anche, a
monte, la complessa filiera della componentistica made in Italy di cui facciamo parte integrante». 

E che la risposta alla congiuntura negativa non possa che nascere dalla ricerca e dall’innovazione tecnologica — «inutile combattere sul prezzo, ma la qualità e l’impegno nella riduzione dell’impatto vanno riconosciuti e remunerati dato che la sostenibilità ambientale passa anche dal calcolo delle emissioni generate dalla supply chain, il cosiddetto Scope 3», affonda Angelo Radici — lo dimostra la collaborazione con la bergamasca Dkb nel lancio, due anni fa, della tuta da sci a km zero per lo Sci Club Radici Group (una passione di famiglia la neve data anche la gestione degli impianti del Monte Pora) realizzata in Renycle, un filato tecnico riciclato e riciclabile fino a fine vita: «Ci è voluto un anno di ricerche. Abbiamo dimostrato che se si utilizza un unico materiale, si riesce a fare un capo che può essere riciclato per una seconda, terza, quarta volta. Siamo partiti da un filato dal recupero di scarti industriali e, a fine ciclo, la tuta finita nella trituratrice è diventata nuova materia prima per produrre granuli di poliammide, pronti a diventare scarponi da sci o materiale per l’automotive».

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7 gennaio 2025 ( modifica il 7 gennaio 2025 | 22:13)

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