“Al di là dei cambi di paradigma e delle narrazioni costruite sull’ottimismo, c’è da mettere al centro della discussione politica e sindacale una nuova questione del Mezzogiorno”. È quanto ha affermato il segretario generale della Cgil Napoli e Campania, Nicola Ricci, intervenendo al convegno “Viste da Sud: storia e prospettive delle politiche di sviluppo del Mezzogiorno” promosso con la Fondazione Di Vittorio. “La battaglia contro l’autonomia differenziata – ha aggiunto Ricci – va portata avanti. A partire dal governo, c’è una inconcepibile distrazione sulle crisi che stanno colpendo il Mezzogiorno. Il Nord è in ginocchio, l’Unione Europea è nella stessa condizione e noi siamo chiamati a sfruttare le grandi potenzialità che ci sono. Il cambiamento è possibile, con politiche di sviluppo, aggredendo alcuni settori strategici. Le vertenze che attualmente ci preoccupano – ha concluso Ricci – riguardano l’aerospazio e l’automotive e tutte le piccole e medie imprese che sono in affanno e che non possono contare su una programmazione industriale adeguata per competere sui mercati internazionali. La Campania non può che essere protagonista in questa discussione e noi, come sindacato, siamo pronti a fare la nostra parte”.
“Questa – ha spiegato Clara Lodomini, della segreteria Cgil Napoli e Campania – è un’iniziativa che rientra nel piano di formazione biennale della Cgil Campania 25/26, finalizzata ad accendere i riflettori sul Mezzogiorno. Abbiamo la necessità non soltanto di fare un’analisi della condizione presente ma vogliamo ripercorrere a ritroso la storia delle scelte politiche che hanno riguardato il Mezzogiorno, per capire quali sono state le ragioni del mancato e ritardato sviluppo. L’obiettivo è quello di riconnettere presente e passato per costruire il futuro della nostra azione sindacale”.
“Dopo un anno assolutamente positivo – ha affermato il direttore generale di Svimez, Luca Bianchi – per il 2025 anche noi, come Svimez, registriamo un’inversione di tendenza. Ci sono alcuni segnali di peggioramento che riguardano sia il mercato del lavoro, ma soprattutto anche il quadro di finanza pubblica e le politiche di risanamento che bisognerà mettere in atto con il piano di stabilità nuovo europeo. Già la legge di bilancio 2025 – ha ricordato Bianchi – ha fatto segnare una riduzione delle risorse per il Mezzogiorno che noi abbiamo stimato intorno ai 5 miliardi nel prossimo triennio. Su questo impatta la riduzione della contribuzione Sud che era uno strumento fondamentale, che è stato in parte recuperato, ma fortemente depotenziato. Quindi il problema adesso è che rischiamo di essere un momento di svolta negativo”.
“I grandi processi di trasformazione che sono in corso – ha detto il presidente della Fondazione Di Vittorio, Francesco Sinopoli – ci assegnano un’enorme responsabilità. Quella di avere la forza, il coraggio di mettere in discussione un modello di sviluppo che è insostenibile, che non andava imitato e che può vedere nel Mezzogiorno d’Italia e del mondo un’alternativa. L’unica alternativa per consegnare il mondo alle generazioni future. Serve un’altra idea di società, un’altra idea di democrazia partecipata, condivisa, ripensare letteralmente le basi dello sviluppo, mettere in discussione la parola stessa sviluppo per come è stata nei fatti connotata negli ultimi 70 anni”.
“Vogliamo evidenziare innanzitutto – ha detto Christian Ferrari, segretario nazionale della Cgil – un punto di fondo: dalle condizioni, dalle prospettive del Mezzogiorno, dipendono le condizioni e le prospettive di tutta l’Italia, settentrione compreso. Questo è un punto politico che ormai è andato perso anche nell’agenda politica e noi vogliamo dire che oltre ai tanti problemi ci sono anche delle straordinarie potenzialità. Con l’autonomia differenziata rischiamo non solo di non andare nella direzione di riduzione dei divari e di rilancio del sistema produttivo meridionale, ma di comprometterne le prospettive. E in questo modo facciamo un danno a tutta l’Italia”. Sull’autonomia differenziata, ha aggiunto Ferrari, “noi consideriamo la sentenza della Consulta anche come una nostra vittoria politica, ma per quanto menomata, la legge Calderoli può fare ancora molti danni alle persone che rappresentiamo, dalla sanità alla legislazione sulla salute e sicurezza. La questione dei lep a risorse invariate ormai è una farsa. Non solo non ci sono i soldi per garantirli in tutta Italia, ma con la legge di bilancio, il piano strutturale che è stato varato dal governo ce ne saranno ancora meno. Noi pensiamo che questa sia una battaglia che vale la pena di fare. Vogliamo completare il lavoro – ha concluso Ferrari – e dire una parola definitiva a questo progetto che frantuma l’Italia. Pensiamo che, oltre agli aspetti di incostituzionalità, c’è un merito e un indirizzo politico che non va bene e che vogliamo battere”.
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