Ufficiale della Dia sentito a lungo nel processo Glicine-Acheronte. In aula fa irruzione lo scoop del Quotidiano sul partito della pagnotta
CROTONE – Lo scoop del Quotidiano sul “partito della pagnotta” rispunta in aula, nel corso di un’udienza fiume del maxi processo Glicine-Acheronte che si sta celebrando davanti al Tribunale penale di Crotone. Ne ha parlato a lungo, rispondendo alle domande del pm Alessandro Rho, il tenente Giovambattista Floresta, uno degli ufficiali della Dia di Catanzaro, diretta dal capo centro Beniamino Fazio, che si è occupato del filone politico dell’inchiesta su una presunta cricca politico-affaristica il cui dominus, secondo l’accusa, sarebbe stato l’ex consigliere regionale Enzo Sculco. A giudizio, in qualità di “promotori”, ci sono tra gli altri, come si ricorderà, anche l’ex governatore della Calabria Mario Oliverio, l’ex assessore regionale ed ex parlamentare del Pd Nicola Adamo, l’ex segretario particolare di Oliverio ed ex assessore ai Lavori pubblici del Comune di Crotone Giancarlo Devona, l’ex consigliere regionale ed ex segretario provinciale Dem di Reggio Calabria Sebi Romeo.
GLICINE-ACHERONTE, PACTUM SCELERIS
Il pactum sceleris, secondo l’accusa, prevedeva che Sculco, leader del movimento “i DemoKratici” poi trasformatosi in “Calabria in rete”, avrebbe appoggiato la formazione politica riconducibile a Oliverio in cambio dell’appoggio a sua figlia Flora. Un patto su cui si innestavano tutta una serie di reati contro la pubblica amministrazione ideati dal presunto comitato d’affari. L’ex consigliera regionale, anche lei rinviata a giudizio, nel 2019 non ce la fece ad essere confermata dopo il successone elettorale del 2014, quando ottenne 9199 voti.
Uno degli aspetti su cui si è soffermato l’investigatore è proprio un gruppo di intercettazioni, di cui il nostro giornale pubblicò stralci il primo marzo 2017, che gettavano ombre sull’elezione del 2014 per il presunto sostegno del clan Marrazzo di Belvedere Spinello a Flora Sculco. «L’articolo sul partito della pagnotta era commentato su due fronti», ha ricordato il tenente Floresta.
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GLICINE- ACHERONTE, CLAN E GREMBIULI
Da un lato, l’ex segretario particolare di Oliverio «confermava», ha detto il tenente, di avere ricevuto appoggio alle elezioni regionali 2014 da Sabatino Marrazzo, detto il “massone” per la sua appartenenza alle logge e ritenuto esponente di vertice dell’omonimo clan di Belvedere Spinello (condannato a 8 anni nel processo d’appello bis scaturito dall’operazione Six Towns). Devona ottenne 2899 voti nella provincia di Crotone. Non ce la fece ad essere eletto ma venne inserito nell’elenco dei collaboratori del presidente e successivamente ne divenne il segretario. L’ammissione, stando alla ricostruzione della Dia, viene dallo stesso Devona, che, ignaro di essere intercettato, ne parla con un altro politico, in passato anche lui assessore comunale (assolutamente estraneo all’inchiesta).
Oggetto del colloquio, nel marzo 2017, era appunto lo scoop del Quotidiano sul “partito della pagnotta”. «Votiamo la pagnotta, votiamo chi ci promette cose concrete», diceva uno dei presunti affiliati, Giovanni Battista Lombardo (la cui condanna è stata annullata con rinvio), immortalato dalla Dda mentre entrava, insieme a Santo Castagnino, di Mesoraca, considerato vicino alla cosca Grande Aracri di Cutro, nella sede del movimento politico di Sculco.
L’articolo, basato su elementi dell’indagine che sul finire del 2016 aveva portato all’operazione “Six Towns”, era stato commentato anche da padre e figlia. Qualche giorno dopo la pubblicazione della notizia, Sculco diceva alla figlia di aver saputo che il “massone” «ha partecipato alla riunione nella sede del Pd in occasione della campagna elettorale di Devona».
Forse è appena il caso di ricordare che quando la lussuosa casa a San Giovanni in Fiore di Lombardo, originario di Castelsilano, venne perquisita, furono rinvenuti simboli che attestano l’appartenenza alla massoneria.
ZII IN ODOR DI MAFIA
Incalzato anche dagli avvocati difensori Mario Nigro e Francesco Verri, l’ufficiale, limitandosi a ricostruire il percorso degli inquirenti e senza entrare nel merito del contenuto delle intercettazioni, che saranno oggetto di perizia, è riuscito a dire qualcosa anche sugli zii di Devona. Questi ne parlava spesso con Oliverio sostenendo che a Papanice, epicentro della cosca Megna, nessuno avrebbe osato “toccarlo” proprio per via delle sue parentele. Il riferimento è agli zii Carlo e Tonino ma soprattutto a Mario Devona, padre del pluripregiudicato Rocco, condannato in via definitiva con l’accusa di essere uno degli esponenti di vertice del clan.
PAX MAFIOSA E VOTI
«Disse che Luca Megna (il figlio del boss Domenico Megna, ucciso nella faida di Pasqua del 2008, ndr) col padre votò Leo Pedace dei Ds alle elezioni del 2004. Fecero porta a porta e Pedace ottenne 1400 voti», ha detto ancora il tenente ripercorrendo le lunghe conversazioni tra Devona e l’ex governatore della Calabria. A Pedace, Devona riconosceva un “merito”. Quello di aver «riappacificato le cosche Megna e Russelli grazie al progetto per la costruzione di un nuovo ospedale» su cui i clan, a quanto pare, intendevano lucrare.
I SOLDI DELLA BONIFICA
Il tenente Flotta ha fatto riferimento anche alla mega discarica del gruppo Vrenna che il presunto comitato d’affari intendeva agevolare perché ottenesse il raddoppio dei volumi proprio per accogliere “i rifiuti della bonifica”. Nei corposi fascicoli del maxi processo a carico di 100 imputati sono trascritte anche conversazioni intercettate da cui emerge che gli imputati chiave avevano fiutato l’affare e optavano per una soluzione che alla fine è stata quella indicata con un decreto del ministero dell’Ambiente, che impone di superare il divieto di smaltimento in Calabria delle scorie contenuto nel Piano regionale dei rifiuti.
Il tenente ha accennato alla conversazione in cui l’ex segretario particolare di Oliverio diceva che “stanno arrivando i soldi della bonifica”. Ma anche agli incontri con l’ex assessora regionale all’Ambiente Antonella Rizzo, anche lei imputata, che si spendeva per il raddoppio della discarica. Era sempre Devona, già responsabile della sicurezza per le partite dell’Fc Crotone calcio, ad accogliere i fratelli Gianni Vrenna, patron rossoblù, e Raffaele, ex presidente della società calcistica, negli uffici della Cittadella regionale di Catanzaro.
GLICINE-ACHERONTE, MANI SUGLI ENTI
Non sfuggivano alle mire del presunto comitato d’affari il Comune di Crotone, dove Sculco, secondo l’accusa, si comportava da manovratore occulto dell’ex sindaco Ugo Pugliese, né la Provincia, né l’Asp, né l’Aterp. Da qui tutta una serie di ingerenze nelle attività della pubblica amministrazione, compreso il programma Antica Kroton, mediante l’anticipazione alle ditte amiche del contenuto dei progetti da presentare. Ma l’investigatore ha parlato anche dell’influenza su Congesi, il consorzio per la gestione del servizio idrico integrato, sui cui vertici Sculco pressava per “segnalazioni di assunzioni”.
PRIMA TU, POI IL RESTO
L’ipotesi di voto di scambio politico-mafioso trae spunto anche dal fatto che Sculco si sarebbe impegnato a sostenere l’ex sindaco di Cirò Marina, ed ex presidente della Provincia di Crotone, Nicodemo Parrilla, assolto però in Appello nel processo Stige, pur essendo il primo consapevole della «caratura criminosa» del secondo e del «contesto fortemente inquinato» dei suoi sostenitori. Il tenente ha ripercorso gli incontri di Parrilla con i plenipotenziari del “locale” di ‘ndrangheta di Cirò.
Ma anche le conversazioni intercettate durante le elezioni provinciali del 2017 in seguito alle quali Parrilla contattava Sculco per chiedere, per esempio, «come comportarsi per la ripartizione delle deleghe», o per informarlo dopo le riunioni in Prefettura sulla vertenza del Marrelli Hospital. «Prima vieni tu, poi tutto il resto», diceva Parrilla rivolgendosi a Sculco.
CAFFÈ, NON PAGNOTTE
Il giorno dopo lo scoop, il cronista del Quotidiano chiese a Sculco se volesse commentare la notizia e lui si difese sostenendo che nella sua sede politica non si distribuivano pagnotte ma al massimo si offriva qualche caffè. Sarà. Ma spulciando le carte del maxi processo, che delinea la figura di Sculco al vertice di una presunta associazione a delinquere finalizzata alla commissione di una serie impressionante di reati contro la pubblica amministrazione, sembra che la filosofia della “pagnotta” si sia riproposta negli anni. Almeno fino al 2020, quando termina il periodo monitorato dalla mega indagine.
Sculco ha iniziato a rendere dichiarazioni spontanee al termine dell’udienza protrattasi fino a sera ma è stato stoppato dal collegio presieduto da Edoardo D’Ambrosio con la rassicurazione che avrà ampio spazio per difendersi durante il suo esame.
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