La guerra commerciale come opportunità – Alexandra Stevenson

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Quando Donald Trump, durante il suo primo mandato da presidente degli Stati Uniti, cominciò una guerra dei dazi contro la Cina, la Malaysia decise di scommettere su entrambe le parti: corteggiò sia le aziende statunitensi sia quelle cinesi, offrendo agevolazioni fiscali e altri vantaggi. Questa strategia permise al paese del sudest asiatico di attirare investimenti miliardari di aziende come le statunitensi Texas Instruments e Lam Research e le cinesi Alibaba e Geely.

Con il ritorno di Trump alla Casa Bianca e la minaccia di disarticolare di nuovo il commercio globale, la Malaysia ci riprova. Vuole trasformare la zona meridionale del paese in uno snodo per le multinazionali in cerca di un rifugio sicuro. Il piano prevede un accordo economico con Singapore per la creazione di una zona economica speciale, in cui le aziende riceveranno incentivi finanziari per aprire fabbriche. In questo modo le multinazionali con sede a Singapore avranno lo spazio e i lavoratori necessari per espandersi. È il momento giusto: già nei giorni successivi alla rielezione di Trump le aziende statunitensi hanno cominciato a prepararsi per tagliare i legami con la Cina, mentre le aziende cinesi hanno contattato i funzionari malesi.

Alcuni investitori hanno ancora timore di fare affari in Malaysia, dove uno scandalo di corruzione ha fatto cadere il governo ed è costato a una banca di Wall street, la Goldman Sachs, 3,9 miliardi di dollari in risarcimenti. Preoccupa anche la stabilità politica: il paese ha avuto cinque primi ministri negli ultimi sei anni. Tuttavia un flusso costante di investimenti l’ha reso uno degli snodi in più rapida crescita per i centri di elaborazione dati, le imponenti strutture che alimentano i sistemi d’intelligenza artificiale. È inoltre uno dei maggiori esportatori di semiconduttori. Così, mentre Trump minaccia dazi del 60 per cento sulle merci cinesi, la nuova zona economica speciale potrebbe offrire un’alternativa alle aziende globali che cominciano a tagliare la produzione in Cina e a cercare lidi più sicuri. “Se si andrà verso il protezionismo, ci sarà più spazio per paesi neutrali come la Malaysia e Singapore”, ha dichiarato Lee Ting Han, funzionario malese dello stato di Johor, dove si trova la zona economica speciale. Se c’è una lezione da trarre dal primo mandato di Trump, ha aggiunto Lee, è che manterrà la promessa di aumentare i dazi sulla Cina.

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Centomila posti di lavoro

Finora la Malaysia ha ottenuto miliardi di dollari da aziende statunitensi come la Nvidia, la Microsoft e Google, che hanno costruito centri nella zona economica speciale. Ha anche corteggiato aziende cinesi come la ByteDance, proprietaria di TikTok. Il governo ha promesso ai cittadini malesi che l’accordo con Singapore porterà più di centomila posti di lavoro. A ottobre Alvin Tan, il ministro di Singapore per il commercio e l’industria, ha dichiarato in parlamento che la zona economica speciale “permette a entrambe le parti di sfruttare i rispettivi punti di forza complementari per competere insieme per gli investimenti globali”.

Dopo la pandemia, un numero crescente di multinazionali ha spostato la sede asiatica a Singapore, facendo lievitare i prezzi, dai generi alimentari agli affitti. Molte di queste aziende vogliono espandersi e sono attirate dalla vicinanza con la Malaysia, che offre terreni e risorse a basso costo e anche una valuta più debole.

Per ora la maggior parte degli investimenti nella zona economica speciale è andata ai centri di elaborazione dati, che di solito non danno lavoro a molte persone e richiedono enormi quantità di elettricità e acqua. A settembre sono stata nel cantiere del Bridge Data Centers. Gli operai dell’Asia meridionale con indosso giubbotti e caschi di protezione venivano trasportati dai loro dormitori di lamiera ondulata al posto di lavoro a bordo di pick-up. Il datore di lavoro è la China State Construction Engineering, un’azienda di stato cinese. La ByteDance sarà l’inquilino principale della struttura. Lì vicino c’era un altro cantiere polveroso: la sede di un grande centro di elaborazione dati della Nvidia, frutto di una partnership da 4,3 miliardi di dollari con la Ytl Power International, filiale nel settore dell’energia di uno dei maggiori conglomerati malesi. Ma nella zona economica speciale si lavora anche per migliorare il flusso di persone al confine tra Singapore e Johor, in modo che le aziende e i lavoratori di Singapore abbiano la possibilità di scegliere un posto in cui costi meno vivere e lavorare. Ogni giorno centinaia di migliaia di lavoratori in moto si accalcano per ore per attraversare il confine dalla Malaysia a Singapore. È uno dei valichi di frontiera più trafficati al mondo. La zona economica speciale renderà tutto più semplice, con codici qr che sostituiranno i passaporti. Nel 2027 dovrebbe entrare in funzione un collegamento ferroviario ad alta velocità da due miliardi di dollari. La Malaysia vuole espandere l’area commerciale per attirare investimenti in altri settori, come quello manifatturiero e della logistica. Il denaro arrivato, comunque, sta già contribuendo a risollevare l’economia nel breve periodo, ha dichiarato Euben Paracuelles, economista della banca giapponese Nomura. Secondo i suoi calcoli, gli impegni presi dalle aziende tecnologiche statunitensi nell’ultimo anno rappresentano il 5,5 per cento del pil malese.

I dazi globali annunciati dalla nuova amministrazione Trump potrebbero rendere le cose più difficili. Ma alcuni paesi confinanti con la Malaysia sono più vulnerabili a misure simili a causa del tipo di investimenti stranieri che hanno ricevuto. “Paesi come il Vietnam rischiano di essere colpiti da dazi simili a quelli cinesi, perché è evidente che di fatto stanno incanalando le esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti”, ha detto Paracuelles. La Malaysia, invece, ha attirato grandi investimenti per progetti a lungo termine sia dagli Stati Uniti sia dalla Cina. “In questo caso Trump potrebbe mostrare più prudenza”, ha aggiunto Paracuelles.

I funzionari malesi stanno cominciando a elaborare la rielezione di Trump. Alcuni avanzano l’idea che la Malaysia possa andare oltre la Cina e gli Stati Uniti. “Il mondo potrebbe entrare in una situazione in cui ci sarà una catena di approvvigionamento statunitense e una cinese”, ha dichiarato Chin Tong Liew, viceministro malese degli investimenti, del commercio e dell’industria. “Ci sarà una via di mezzo e più la nostra catena di approvvigionamento sarà efficiente, meglio sarà”. ◆ gim

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