Papa Francesco: “Porre fine alla guerra e dialogare con tutti”

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Il Santo Padre, a causa del persistere del raffreddore, ha affidato la lettura del tradizionale discorso di inizio d’anno a mons. Ciampanelli. Al centro, la “diplomazia della speranza”, in un anno giubilare segnato dalla minaccia di una guerra mondiale. No all’antisemitismo e alla “cancel culture”. “Inaccettabile parlare di un diritto all’aborto”. “Troppe persone schiave del loro lavoro”. Appello per l’eliminazione della pena di morte e il condono del debito dei Paesi poveri

(Foto Vatican Media/SIR)

“Iniziamo questo anno mentre il mondo si trova lacerato da numerosi conflitti, piccoli e grandi, più o meno noti e anche dalla ripresa di esecrabili atti di terrore, come quelli recentemente avvenuti a Magdeburgo in Germania e a New Orleans negli Stati Uniti”. È l’analisi di Papa Francesco, nel tradizionale discorso di inizio d’Anno al Corpo diplomatico, letto per la quasi totalità da mons. Filippo Ciampanelli, sottosegretario del Dicastero per le Chiese orientali, a causa del persistere del raffreddore, come ha spiegato lo stesso Pontefice dopo averne letto la parte iniziale.

“Di fronte alla sempre più concreta minaccia di una guerra mondiale, la vocazione della diplomazia è quella di favorire il dialogo con tutti,

compresi gli interlocutori considerati più scomodi o che non si riterrebbero legittimati a negoziare”, la ricetta di Francesco. Nell’anno del Giubileo, l’augurio è che “possa rappresentare per tutti, cristiani e non, un’occasione per superare la logica dello scontro e abbracciare invece la logica dell’incontro”. “Il mio auspicio per questo 2025 è che tutta la Comunità internazionale si adoperi anzitutto per porre fine alla guerra che da quasi tre anni insanguina la martoriata Ucraina e che ha causato un enorme numero di vittime, inclusi tanti civili”, la parte centrale del discorso, in cui il Papa rinnova l’appello a un cessate-il-fuoco e alla liberazione degli ostaggi israeliani a Gaza e caldeggia la soluzione dei due Stati per Israele e Palestina, con Gerusalemme come “città dell’incontro” dove convivono in armonia e rispetto i cristiani, gli ebrei e i musulmani. All’inizio del testo, la “gratitudine” di Bergoglio alle autorità italiane e ai romani per l’impegno profuso per preparare Roma al Giubileo.

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“La guerra è alimentata dal continuo proliferare di armi sempre più sofisticate e distruttive”, ripete Francesco, reiterando l’appello affinché “con il denaro che si impiega nelle armi e in altre spese militari costituiamo un Fondo mondiale per eliminare finalmente la fame e per lo sviluppo dei Paesi più poveri”. “La guerra è sempre un fallimento!”, esclama ancora una volta: “Il coinvolgimento dei civili, soprattutto bambini, e la distruzione delle infrastrutture non sono solo una disfatta, ma equivalgono a lasciare che tra i due contendenti l’unico a vincere sia il male”.

“Non possiamo minimamente accettare che si bombardi la popolazione civile o si attacchino infrastrutture necessarie alla sua sopravvivenza”, tuona il Papa: “Non possiamo accettare di vedere bambini morire di freddo perché sono stati distrutti ospedali o è stata colpita la rete energetica di un Paese”.

“Non c’è vera pace se non viene garantita anche la libertà religiosa”, prosegue Francesco, definendo molto preoccupanti

“le crescenti espressioni di antisemitismo, che condanno fortemente

e che interessano un sempre maggior numero di comunità ebraiche nel mondo” e deplorando “le numerose persecuzioni contro varie comunità cristiane spesso perpetrate da gruppi terroristici”. Un appello speciale è per la Siria, con l’invito alla comunità internazionale affinché la aiuti ad “essere terra di convivenza pacifica dove tutti i siriani, inclusa la componente cristiana, possano sentirsi pienamente cittadini e partecipare al bene comune”, e per il Libano, affinché ritrovi stabilità.

“Una diplomazia della speranza è anzitutto una diplomazia della verità”,

la parte del discorso in cui il Papa mette in guardia dalle possibili insidie dell’intelligenza artificiale, che richiedere “un’educazione come alfabetizzazione mediatica”, e stigmatizza la “cancel culture”, che “non tollera differenze e si concentra sui diritti degli individui, trascurando i doveri nei riguardi degli altri, in particolare dei più deboli e fragili”.

“È inaccettabile parlare di un cosiddetto diritto all’aborto che contraddice i diritti umani, in particolare il diritto alla vita”, ribadisce Francesco: “tutta la vita va protetta, in ogni suo momento, dal concepimento alla morte naturale, perché nessun bambino è un errore o è colpevole di esistere, così come nessun anziano o malato può essere privato di speranza e scartato”.

“È quanto mai urgente recuperare lo ‘spirito di Helsinki’, con il quale gli Stati contrapposti e considerati ‘nemici’ sono riusciti a creare uno spazio d’incontro, e non abbandonare il dialogo come strumento per risolvere i conflitti”, il messaggio all’Europa, insieme all’auspicio di riformare le istituzioni multilaterali, che “non sembrano più in grado di garantire la pace e la stabilità”.

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“Troppe persone vivono schiave del proprio lavoro”,

denuncia il Papa, mettendo l’accento anche sull’”orribile schiavitù delle tossicodipendenze, che colpisce specialmente i giovani”. Tra le altre schiavitù del nostro tempo, “una delle più tremende è quella praticata dai trafficanti di uomini: persone senza scrupoli, che sfruttano il bisogno di migliaia di persone in fuga da guerre, carestie, persecuzioni o dagli effetti dei cambiamenti climatici e in cerca di un luogo sicuro per vivere”. Sono i migranti, “costretti a percorrere a piedi migliaia di chilometri in America centrale come nel deserto del Sahara, o ad attraversare il mare Mediterraneo o il canale della Manica in imbarcazioni di fortuna sovraffollate, per poi finire respinti o trovarsi clandestini in una terra straniera”. “Dimentichiamo facilmente che ci troviamo davanti a persone che occorre accogliere, proteggere, promuovere e integrare”, il monito di Francesco: “Con grande sconforto rilevo, invece, che

le migrazioni sono ancora coperte da una nube scura di diffidenza,

invece di essere considerate una fonte di accrescimento. Si considerano le persone in movimento solo come un problema da gestire”. Eliminare la penda di morte in tutte le nazioni e condonare il debito dei Paesi poveri, le altre richieste in chiave giubilare, insieme a quello alla cura per la casa comune.





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