Cremona Sera – Quando la voce di Demetrio Stratos incantò piazza Lodi. Quest’anno avrebbe compiuto 80 anni. A Palazzo Malagola a Ravenna l’omaggio all’artista nella mostra dedicata alla sua ricerca vocale

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Cremona, piazza Lodi, 21 settembre 1978: una data indimenticabile e una serata memorabile, nel centro cittadino, con l’evento Recitarcantando, che vide la voce sospesa di Demetrio Stratos con gli Area e Lucio Fabbri al violino suscitare nei tanti presenti vibrazioni indimenticabili. Due anni dopo, sempre a Cremona, nel foyer del teatro Ponchielli venne presentato il libro “RecitarCantando. L’invenzione della politica culturale/Il primo esempio in Italia”, scritto da Angelo Dossena e Gregorio Sangiovanni che, con Angela Cauzzi, Enrica Principe e Cinzia Manfredini, per dieci anni, dal 1976 al 1986, portarono la musica, il teatro e la danza dal teatro alle piazze, con un progetto destinato ad entrare negli annali della cultura nazionale.

Ma perché parlare oggi di Demetrio Stratos? Perché quest’anno avrebbe compiuto ottant’anni, ma se ne è andato, decisamente troppo presto, quando di anni ne aveva appena 34 a causa di una grave malattia. Fino al 31 gennaio 2025, Palazzo Malagola a Ravenna è teatro di una celebrazione senza precedenti della figura e dell’opera di Demetrio Stratos (Efstratios Dimitriou; Alessandria d’Egitto, 1945 – New York, 1979), pioniere della ricerca vocale e artista visionario. “Fino ai limiti dell’impossibile. La ricerca vocale di Demetrio Stratos 1970-1979. Secondo movimento” è il titolo della mostra curata da Ermanna Montanari ed Enrico Pitozzi, ideatori e direttori artistici del Centro Internazionale di Ricerca Vocale e Sonora Malagola, con il supporto di Marco Sciotto e Dario Taraborrelli.

Una esposizione che rappresenta una tappa fondamentale nel percorso di conservazione e valorizzazione dell’Archivio Demetrio Stratos, acquisito nel 2022 dal Comune di Ravenna con il cofinanziamento della Regione Emilia Romagna e accolto presso Palazzo Malagola, che ne garantisce cura e fruizione pubblica. A ingresso gratuito, la mostra si inserisce in un percorso iniziato un anno fa con “Amorevolmente progredire, amorevolmente regredendo”, una prima esposizione dedicata ai materiali dell’archivio, e si concentra su nuove tematiche e prospettive: l’esplorazione delle dimensioni extraeuropee della ricerca di Stratos, il suo rapporto con le musiche del mondo e le tecniche vocali come la diplofonia e il canto armonico. La mostra si articola in sette ambienti distinti, ciascuno dedicato a un aspetto della vita e del lavoro di Stratos.

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Un viaggio che combina ascolto, visione e immersione, in grado di offrire al pubblico un’esperienza multisensoriale. Un’intera sala è dedicata ai manifesti che raccontano la carriera dell’artista, dagli esordi con “I Ribelli” alla formazione del gruppo Area, sino alla sua attività da solista. Una sala cinema propone materiali audiovisivi di lunga durata, documentando performance, concerti e lezioni, mentre un’altra espone fotografie, appunti e frammenti video visibili attraverso un monitor “d’epoca”. La dimensione sonora, cuore pulsante dell’opera di Stratos, è esplorata attraverso tre ambienti dedicati all’ascolto. Tra questi, una sala per l’ascolto immersivo e un’altra che combina ascolti in cuffia con materiali esposti. Particolarmente suggestiva è la possibilità di scegliere brani e registrazioni da un menù touch, che comprende canti e musiche di popoli del mondo, così come le musiche composte da Stratos per il Satyricon di Gabriele Salvatores.

In chiusura, una nicchia ospita una selezione di oggetti, cimeli e materiali appartenuti all’artista, offrendo uno sguardo intimo sulla sua vita personale e professionale. La mostra ha il sottotitolo “Secondo movimento” perché espande il percorso intrapreso da Ravenna per raccontare l’archivio, documentando soprattutto l’apertura della ricerca vocale di Stratos alla dimensione extraeuropea, alle musiche del mondo, alla loro relazione con la diplofonia e con il canto armonico. “Intorno ai limiti del linguaggio”, spiegano i due curatori, “prende dunque corpo il secondo movimento dell’esposizione dei materiali. Ed è qui che assumono il loro pieno valore due modi che non solo Stratos pratica, ma che esprime pedagogicamente nella loro piena consapevolezza tecnico-anatomica: il controllo del respiro e la ripetizione, che risuonano sia in Antonin Artaud che nella ricerca da autodidatta sul canto difonico. Il controllo del respiro è tecnica ascetica, piena consapevolezza che la voce non inizia ma affiora, s’inscrive in un movimento che già da sempre è presente e si dispiega silente, in attesa che un soffio la esprima, la prema fuori, la lasci affiorare in tutto il suo incanto. Lo sa bene Artaud, nella sua radicale urgenza di rifondare il teatro a partire dalla riscoperta di una parola prima della parola, tensione poetica consegnataci nell’opera Pour en finir avec le jugement de Dieu (1947) che Stratos registrò nel 1978. Così come lo sanno bene i cantori mongoli, e più in generale le tradizioni sonore dell’area del mediterraneo, che Stratos frequenta assiduamente”.

Oltre al focus sulle musiche extra-europee, un altro nucleo tematico attorno al quale è organizzata la mostra è quello sul “gesto”: il gesto vocale, i gesti che mettono in campo il corpo e la voce. “Questi tratti della ricerca vocale di Stratos”, spiegano ancora i curatori, “possono essere pensati come gesti vocali che – nell’incedere del dittico espositivo – si depositano in tracce di volta in volta specifiche, trovando forma in materiali visivi, negli appunti, negli schizzi, nelle partiture a-sistematiche e nei materiali sonori registrati, restituendoci il profilo di una figura artistica prismatica e insofferente alle definizioni, lontano tanto dalla ‘scena ufficiale’ del rock o del pop quanto da quella ‘d’autore’ di quegli anni” aggiungono i due curatori della mostra e direttori artistici di Malagola”.

La mostra esplora inoltre l’influenza di Antonin Artaud sulla poetica di Stratos e le performance relative a Le milleuna, lavoro in collaborazione con Nanni Balestrini e la coreografa Valeria Magli. E poi ancora materiali riguardanti la sua partecipazione al progetto/happening del 1978 Il treno di John Cage, il suo contributo come autore delle musiche Satyricon diretto da Gabriele Salvatores nella stagione ’78-79 del Teatro dell’Elfo, col culmine in una sala dedicata all’ascolto immersivo delle sue sperimentazioni vocali. Stratos, nato ad Alessandria d’Egitto nel 1945 da genitori greci, ha vissuto tra diverse culture, influenzando profondamente il suo approccio artistico. Dopo il trasferimento in Italia nel 1962, iniziò una carriera musicale che lo portò a rivoluzionare il concetto stesso di vocalità, liberandola dal legame tradizionale con il linguaggio.

Fondatore degli Area nel 1972,  si dedicò a una ricerca che combinava tecniche vocali orientali, psicanalisi e musicologia comparata. I suoi dischi solisti, come Metrodora (1976) e Cantare la voce (1978), rappresentano tappe fondamentali di questa esplorazione, culminata nella collaborazione con figure come John Cage e nel contributo a eventi rivoluzionari come Il treno di Cage. La sua scomparsa prematura, nel 1979, ha lasciato un vuoto nel panorama artistico internazionale, ma anche un’eredità che continua a ispirare generazioni di musicisti e performer. In occasione della mostra, verrà pubblicata una versione aggiornata del catalogo Noi non crediamo nello stile. La ricerca vocale di Demetrio Stratos 1970-1979, edito da Sigaretten Edizioni Grafiche, che unisce i materiali del primo e del secondo movimento. Per Cremona, che forse farebbe bene a dedicargli un evento,  e per i cremonesi resta indimenticabile la serata straordinaria del 21 settembre 1978. 

Un momento davvero memorabile, doveroso da ricordare, nell’ottantesimo anniversario della nascita del grande artista cantante, polistrumentista e musicologo che, doveroso ricordarlo,  durante gli anni dell’università conobbe la salsese Daniela Ronconi che sposò con rito bizantino nel 1968.  Morì al Memorial Hospital di New York il 13 giugno 1979, a causa di una grave malattia. Da ormai quarantacinque anni riposa a poche decine di chilometri da Cremona, tra i verdi colli della Val Stirone, nel piccolo cimitero di Scipione Castello, nel comune di Salsomaggiore Terme. Del piccolo borgo è originaria la moglie ed è lì che  stavano sistemando l’abitazione in cui si sarebbero ritirati con la figlia Anastassia. La malattia che lo aveva colpito era  l’aplasia midollare, una patologia che inibisce la produzione di globuli rossi, che  non gli lasciò nemmeno il tempo di tentare un trapianto di midollo.

Il donatore, la sorella Annoula, era in arrivo da Cipro, ma la mattina del 13 giugno, l’artista moriva a causa di un arresto cardiocircolatorio. Proprio il giorno successivo, il 14 giugno, era in programma un concerto all’Arena di Milano per raccogliere fondi necessari a finanziare l’intervento. Coinvolti, fra gli altri, Eugenio Finardi, Francesco Guccini, Angelo Branduardi, Roberto Vecchioni, Antonello Venditti, Claudio Rocchi, Alberto Fortis, Banco del mutuo soccorso, Premiata forneria Marconi. Quel concerto si trasformò  in un tributo all’artista geniale che era e che sarà per sempre Demetrio Stratos. I suoi funerali si tennero il 23 giugno 1979 a Scipione Castello, in forma privata e civile. Presenti, in quell’occasione, pochi amici, i musicisti del gruppo degli Area, i compagni dell’università, la moglie Daniela Ronconi. Sulla sua tomba, che qualche anno fa il Comune di Salsomaggiore ha reso monumentale, sono scritti i primi versi dell’Odissea: “Cantami o Musa dell’uomo dal multiforme ingegno..”. Nella stessa Scipione Castello si è sempre tenuto il “Memorial Demetrio Stratos”, con serate di concerti e convegni ed è stato anche inaugurato un piccolo museo a lui dedicato. Nell’anno in cui avrebbe compiuto 80 anni chissà che non possa essere Cremona a dedicargli, magari tra la primavera e l’estate, uno o più eventi.

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