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6 gennaio 2025. Il Beverly Hilton Hotel di Los Angeles ospita il primo red carpet ufficiale dell’anno, il primo gran galà dei premi, la prima parata di moda collettiva. Un punto di partenza e di riferimento per la cosiddetta Award Season 2025 – la stagione compresa fra gennaio e marzo che mette sotto i riflettori couture, jet set e relativi styilist in elencazioni di meglio e peggio vestiti –, il tappeto scarlatto degli ultimi Golden Globes si è mosso a suon di ondulazioni e pieghe monocratiche alla Madame Grès. Negli anni Cinquanta il drappeggio applicato su tessuti a tinta unita, senza disegni e decori a interferire nel ritmo preciso delle linee, era simbolo di un’eleganza New Age, rispettosa del corpo e del suo movimento. Di contro alle norme stringenti di bustini, vitini, gonne a corolla e sottogonne metalliche, il drappeggio era l’immagine di una moda dalle forme aperte. Un non-finito di curve, anse e serpentelli desunti dal vasto repertorio classicista. Tessuti densi come un liquido viscoso, fluidi che fasciano il corpo. Così concepito, il drappeggio si assimilava all’andamento naturale dell’anatomia corporea, quasi un’estensione della stessa.
A distanza di settant’anni, la ripresa dei moduli stilistici incoraggiati da Madame Grès, ora inseriti nel virgolettato “Hollywood retrò”, appare tutt’altro che new. Se i panneggi di Madame Grès erano potenti moti circolari, esibizioni di caos e informe, tentacoli verticali in tensione, quelli del red carpet di lunedì erano solo un moto di nostalgia. La pensa così la penna autorevole di Vanessa Friedman, che ha sintetizzato la tendenza moda dei Golden Globes 2025 in un “un classicismo retrò che ha fatto sembrare l’evento una convention di cosplay dedicata alla vecchia Hollywood”. A titolo d’esempio possiamo citare Pamela Anderson e il suo abito nero Oscar de la Renta completo di lunghi guanti da opera. Il taglio basso e il lussurioso décolletage ricordavano un vestito che a fine Ottocento aveva fatto gridare allo scandalo: quello indossato da Madame X nel ritratto di John Singer Sargent. La spallina del dipinto leggermente scivolata sulla spalla aveva costretto Sargent a lasciare Parigi per rifugiarsi in una più moderna Londra: “un solo movimento e potrebbe rimanere nuda”, aveva commentato allora Le Figaro. Oggi un simile abito parla di una Tinseltown conservatrice.
Nella confortevole moodboard Pinterest dei Golden Globes anni Cinquanta/2025, troviamo anche Zendaya. L’attrice, candidata per la pellicola The Challengers, indossava un abito a colonna di Louis Vuitton, senza spalline e con sovraggonna abbinata color tangerine. Il bob pettinato, le décolleté e i gioielli Bulgari compendiavano l’omaggio alla cantante e attivista americana Joyce Bryant, che indossò un abito simile sulla copertina del suo album del 1954, Runnin’ Wild. Le aderenze e scollature dei vestiti di Joyce Bryant, spesso tacciati fra gli anni Quaranta e Cinquanta come “troppo succinti”, si declinano oggi in “un’eleganza alla Vecchia Hollywood” – tale è la definizione più inflazionata circa la rassegna di moda del 6 gennaio. E così anche Ariana Grande si è immersa negli archivi della Parigi anni Sessanta, riemergendone fasciata in un abito giallo burro disegnato da Hubert de Givenchy per la primavera del 1966. Poi, ancora, abiti da ballo anni Cinquanta per Elle Fanning e Monica Barbaro – rispettivamente in Balmain e Dior – un robe de style azzurro ghiaccio Prada per Selena Gomez e un generale ritorno all’età d’oro del cinema, quando la classicità era un reggiseno a punta per lei e uno smoking gessato per lui.
Nessun meme, nessun grande scalpore, ma solo un’ottima ponderazione. Ad eccezione di pochi impavidi sperimentatori – il completo verde giada di Loro Piana con cappello e occhiali abbinati indossato da Jeremy Strong era sorprendentemente fra questi – si è trattato di una dimostrazione di riverenza verso le star del passato, più che di un sguardo al futuro. Una tendenza sartoriale che possiamo interpretare come uno strascico del conservatorismo politico della presidenza Trump, come un riflesso dell’umore del momento. Dei tanti aspetti interessanti presenti sulle passerelle della Primavera Estate 2025 – volumi anomali, massimalismi e asimmetrie – il primo red carpet di stagione ha sorvolato sull’anticonvenzionale per immergersi negli archivi della sua età d’oro. Il che ci ha ricordato, da una parte, come un panneggio in stile Tempio di Atena del 410 a.C. possa essere un’ affermazione tanto scintillante quanto l’estremismo sartoriale – come dimostrato anche da alcuni abiti delle collezioni 2025 di Bottega Veneta, Gucci e Giorgio Armani; all’altro come il tailoring sia ancora la strategia più semplice per sentirsi al sicuro. Sarà forse demandato agli Oscar il tempo di osare?
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