La produzione industriale in Italia e le trimestrali delle banche americane

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Martedì 14 gennaio – L’Italia che produce

L’Istat oggi aggiornerà lo stato della produzione industriale italiana con i dati di novembre. A ottobre di quest’anno il valore dell’indice di produzione era arrivato a 94,1 oltre 10 punti in meno rispetto a dieci mesi prima. Dalla produzione industriale dipende ogni anno circa un quinto di tutto il Prodotto Interno Lordo italiano: il dato è indicativo perché ci dice che i due alfieri dell’economia italiana – automotive/manifattura e abbigliamento/lusso – sono in contrazione. Anzi, come fa notare qualcuno, il timore è che il Paese stia vivendo l’alba della deindustrializzazione.

Martedì 14 gennaio – Si presentano Davos e il rapporto Oxfam sulle disuguaglianze

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Manca meno di una settimana alla nuova edizione (20-24 gennaio) del World Economic Forum di Davos, che viene presentato oggi al pubblico. Primo grande evento dell’anno, è un palcoscenico ideale per i leader politici che vogliano lanciare annunci o proclami, tanto poi le discussioni vere ci saranno nei mesi successivi. Ma è anche il luogo ideale per gli incontri (riservati) dei top manager con obiettivo di fare business. Sicuramente, dopo la pandemia di Covid che ha mandato in frantumi il vecchio modello della globalizzazione, anche a Davos gli orizzonti si sono un po’ ristretti. A tenere lo sguardo allargato sui problemi del mondo ci pensa l’Oxfam con il suo rapporto sulle disuguaglianze, che viene aggiornato oggi. L’ultima edizione ha presentato numeri impressionanti: in cinque anni le fortune dei cinque uomini più ricchi del Pianeta sono cresciute ogni ora di 14 milioni di dollari, ma ci vogliono 230 anni per mettere fine alla povertà in cui vivono milioni di persone. Questi sono gli ordini di grandezza: c’è da capire se la disuguaglianza si stoa allargando ancora. E di quanto. 

Mercoledì 15 gennaio – Trimestrali delle banche: comincia la earning season

Si comincia oggi con i conti di JpMorgan, Citigroup e Wells Fargo, mentre domani sarà la volta di Bank of America, Goldman Sachs e Morgan Stanley. Come dire, l’Empireo delle banche di Wall Street alla prova dei numeri che riguardano l’ultimo trimestre del 2024. Ci sono pochi dubbi sui risultati: i tassi attuali sostengono i margini d’interesse, e le attività di trading come quelle di investing sono continuate senza sosta. Piuttosto, la earning season potrà diventare l’occasione per capire che cosa ci aspetta in questo nuovo anno, caratterizzato da novità non di poco conto. A cominciare dall’arrivo (o ritorno) al potere di Donald Trump intenzionato ad abbassare le tasse per le imprese. C’è poi da capire quali saranno le scelte dei banchieri centrali della Fed: a dicembre il Fomc, braccio operativo della Federal Reserve ha previsto solo due tagli ai tassi quest’anno, contro i quattro stimati a settembre. Il lavoro per domare l’inflazione non è ancora finito, pensano i banchieri, ma sono convinti che occorra andare con cautela nell’allentamento della stretta monetaria per non danneggiare la ripresa del mercato del lavoro.

Venerdì 17 gennaio – Nel cuore della lotta

Oggi il partito socialdemocratico tedesco Spd dà inizio alla sua campagna elettorale con il cancelliere Scholz e i leader del partito. Lo farà a Wolfsburg, Bassa Sassonia, città dove ha la sede centrale Volkswagen, il colosso dell’auto tedesca alle prese con una profonda crisi. Il cancelliere e la sua coalizione hanno appoggiato convintamente l’agenda verde dell’Unione europea, che ha fissato target stringenti di CO2 per l’industria automobilistica e stabilito la scadenza del 2035 per la fine della produzione di vetture a combustione interna. Ma la sfiducia dell’elettorato nei confronti di Scholz e dei Verdi è la prima opposizione a una politica Ue che rischia di essere suicida per l’auto, la manifattura e la politica del Vecchio continente.

Domenica 19 gennaio – Scadenza social

Ultimo giorno per la società madre cinese ByteDance per decidere se vendere TikTok o affrontare il divieto negli Stati Uniti. Una corte d’appello federale statunitense ha infatti stabilito che il social network dei video brevi può essere vietato negli Stati Uniti per motivi di sicurezza nazionale: il governo a stelle e strisce è certo che Tik Tok possa essere utilizzato da Pechino per sorvegliare gli americani e diffondere propaganda cinese. La sensazione, tuttavia, è che toccherà aspettare l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca perché la situazione trovi un esito. Il tycoon in campagna elettorale si era opposto al divieto a Tik Tok.



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