Parla di «repulsione», «disgusto», «amarezza». Perché «sono tanti i casi in cui i progetti vengono bocciati dalla Commissione e poi, una volta cambiato il progettista, giunge l’approvazione che sblocca la pratica». Il 7 ottobre scorso l’architetta Esmeralda Mapelli viene sentita dal nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza e mette a verbale la sua verità. Aveva realizzato il progetto per il cantiere “Scalo House” di via Lepontina/Valtellina, due palazzi e uno studentato sequestrati nell’ambito delle inchieste sull’urbanistica. Ma perde l’incarico. Le subentra Paolo Mazzoleni, oggi assessore a Torino, e il progetto si sblocca. Un caso emblematico, per gli investigatori, di un «sistema» che ha come perno la Commissione per il paesaggio: un organo del Comune che dovrebbe esprimere pareri non vincolanti sugli interventi edilizi ma che nella pratica è diventato centrale nel ridisegnare la città. Un organo i cui membri «agiscono in un contesto intriso di conflitti di interesse e situazioni a dir poco opache».
“Quadro allarmante”
Accuse contenute in un’informativa della Gdf, depositata alle parti nell’ambito del ricorso al Riesame da parte dell’avvocata ed ex assessore all’Urbanistica Ada Lucia De Cesaris (non indagata), che si è vista respingere dai giudici l’istanza di dissequestro del cellulare. Il contesto è emerso nei mesi scorsi: i pm Clerici-Filippini-Petruzzella, coordinati dall’aggiunta Tiziana Siciliano, alzano il tiro delle inchieste sul mattone in città. E oltre alle singole (presunte) violazioni urbanistiche ipotizzano una rete di professionisti pubblici e privati che di fatto controllano e approvano i progetti in maniera non trasparente. Una rete con al centro la Commissione per il paesaggio. Questo filone ha portato all’iscrizione di 14 indagati. Fra i reati contestati, il falso e il traffico d’influenze. Per la Gdf siamo davanti a un «quadro allarmante: i progetti urbanistici sul territorio milanese dipendono, in maniera determinante, dal parere della Commissione», luogo «dove hanno origine le condotte illecite, connotata da una opaca rete di relazioni professionali, connivenze e interessi che coinvolge commissari, funzionari del Comune, operatori economici».
Conflitti d’interesse
La Commissione è composta da esperti nominati dal sindaco. Si tratta, com’è ovvio, in particolare di architetti e urbanisti. Il problema è che «l’appartenenza a tale organo parrebbe essere, per alcuni, fonte di procacciamento di nuovi e lucrosi lavori; per altri, elemento di connivenza con il potere economico legato al settore immobiliare», si legge nelle carte. Gli investigatori contestano da un lato «situazioni di disparità», cioè progetti valutati in maniera diversa a seconda dei protagonisti inseriti o meno in «circuiti di privilegio». Come il caso denunciato dall’architetta Mapelli, appunto. Dall’altro, si punta il dito sui conflitti d’interesse dei componenti della Commissione. Qualche esempio: l’architetto Giovanni Oggioni, membro della Commissione dal 2021 al 2024, vota parere favorevole a un progetto immobiliare senza segnalare il rapporto lavorativo della figlia con una delle società sotto esame; Alessandro Scandurra, componente dell’organo dal 2018 al 2024, emette fatture alle stesse società che propongono poi progetti alla Commissione, e lui in alcuni casi non si astiene, in altri sì, comunque è sempre presente; conflitti d’interesse che vengono imputati anche a Giuseppe Marinoni, già presidente della Commissione. In generale, questo «sistema consolidato e reiterato nel tempo» è il filo rosso che unisce molti cantieri oggi al centro di altrettanti fascicoli penali. Nelle carte ne vengono elencati undici: dalla Torre Milano alle Park Towers, dalle residenze Lac al Bosconavigli.
“Eticamente scorretto”
Queste regole, continua l’architetta Mapelli, «permettono ai commissari di potersi avvantaggiare del loro ruolo, in quanto è risaputo che molti di loro, grazie a ciò, vengono a conoscenza di informazioni e di progetti commerciali molto appetibili, e ciò li porta a contattare o gli operatori per formulare “consigli” o gli stessi progettisti, al fine di associarsi in qualche progetto, agendo così in maniera eticamente scorretta (…). Ci sono soggetti che sono stati nominati membri in più mandati, e sono gli stessi che credo agiscano in questo modo, godendo anche dell’appoggio della parte politica e imprenditoriale che ne agevola la nomina». L’architetta non sa riferire «casi specifici», «ma queste sono le voci che sono sempre circolate, viene considerata una cosa risaputa».
Il nuovo regolamento
Proprio lo scorso 7 ottobre il Comune ha approvato un regolamento che, tra l’altro, ha l’obiettivo di «rafforzare ulteriormente il principio di trasparenza» che deve guidare la Commissione per il paesaggio. Non passa inosservato, alla luce di questi elementi, un passaggio. È stato introdotto «il vincolo, per oltre la metà dei commissari, di non svolgere la professione di architetto o urbanista in città nel corso del mandato».
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